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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

NON VOGLIO VEDOVE AL MIO FUNERALE


[Francesco Baracca]

Milano, maggio
Quando la sua vita fu stroncata in un’azione bellica aerea, l’Italia restò sbigottita, ammutolita. Francesco Baracca, pilota d’aviazione pluridecorato con medaglie d’argento e d’oro al valor militare, era considerato invincibile, quasi invulnerabile. Aveva solo trent’anni il 19 giugno 1918: il suo caccia monoposto francese Spad S.VII fu abbattuto nei cieli sopra il Montello, mentre attaccava mitragliando a volo radente gli austro-ungarici asserragliati sul fronte, vicino a Nervesa (Treviso). Al suo attivo 34 vittorie. Il funerale pubblico si svolse davanti a una folla dolente, l’orazione funebre fu pronunciata dal poeta-vate Gabriele D’Annunzio con il suo noto, enfatico stile.
Nel centenario dell’entrata italiana nella Prima guerra mondiale, non poteva essere più opportuna l’uscita di un libro dedicato all’eroe dell’aria romagnolo: Francesco Baracca – L’eroe dimenticato della Grande Guerra (Rizzoli), scritto da una coppia di giornalisti-scrittori, Luca e Alessandro Goldoni, padre e figlio.
«Io sono nipote di Giovanni Centenari, grande inventore di un motore a benzina per aerei», spiega Luca Goldoni. «Quando andai a visitare il Museo della tecnica a Washington, restai trasecolato e ammirato vedendo sotto una campana di vetro il motore ideato da mio nonno nel 1911. Non ho ereditato una sola scintilla dell’ingegno del mio antenato, ma gli aerei mi sono sempre piaciuti. Nell’ultima guerra, alzando la testa, sapevo riconoscere ogni velivolo: italiani, tedeschi, inglesi, americani. E in America mi venne la voglia di scrivere un libro su Baracca. Così lo proposi a mio figlio». Alessandro Goldoni aggiunge: «Per scrivere il libro a quattro mani, ci siamo divisi i capitoli. Abbiamo avuto un fitto scambio di e-mail (almeno 300) per rivedere i rispettivi testi, confrontarli e correggerli».
Nasce in una famiglia benestante di proprietari terrieri Baracca, il padre Enrico uomo d’affari, la madre contessa Paolina de Biancoli. Studi classici dagli Scolopi nel collegio di Badia Fiesolana (Firenze), viene ammesso nel 1907 all’Accademia militare di Modena, da cui esce sottotenente di Cavalleria. Poi nel 1909 frequenta un corso di specializzazione alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo. Una vita mondana brillante, un esercito di donne ai suoi piedi. Eppure fa una scelta ardita: diventare aviatore in un’epoca dove i velivoli erano piuttosto insicuri. E ce la fa, diventando uno dei più grandi piloti della storia. «Ce lo siamo chiesti anche noi il motivo di questa scelta», rivela Goldoni senior.
«Ma non se lo sapeva spiegare neppure lui. Aveva particolari sensibilità e intelligenza legate al volo. A quel tempo, mi si permetta l’espressione, gli aerei si guidavano col... culo. Nel senso che quella parte del corpo aveva il contatto più diretto col seggiolino. Il sedere sentiva le vibrazioni, il cambiamento dell’assetto dell’aereo, mentre la mente escogitava subito le manovre da fare. In questo era dotatissimo. Ma diventò schiavo del suo coraggio, la voglia di imparare lo spingeva, a rischio della pelle. E lo fece sperimentando la sua abilità su quei trabiccoli dell’aria, che avevano addirittura le mitragliatrici collocate sull’ala superiore».
Molto riservato sulla sua vita privata, era ambitissimo dal gentil sesso. Tra le molte ragazze a cui si legò, se ne ricordano almeno due. Una è la misteriosa Ethel, di cui non si conosce neppure la nazionalità, nonostante le numerosissime lettere scritte a Francesco. Inglese? Francese? Forse americana. L’altra, Norina Cristofori, detta da lui Nory, era una romantica sedicenne di Udine rimasta nascosta per 80 anni fino al 21 giugno 1995, quando su Oggi Eugenio Barbera e Rita Cenni rivelarono la sua esistenza grazie alle lettere che affidò a un’amica prima di morire. Per lei fu il grande amore, per lui forse no. Dopo la fine tragica dell’eroe, lei non ne fece mai cenno e divenne cantante lirica. «Senza esserne la vedova, gli restò fedele tutta la vita», commenta Goldoni senior, «e tenne per sé il suo dolce segreto fino alla fine dei suoi giorni. Baracca era affascinante, colto, bravo, coraggioso, bello. Le caratteristiche dell’eroe greco antico. Riceveva un grande consenso femminile, ma con le donne non si impegnava: non voglio vedove al mio funerale, diceva. Sappiamo molto di lui perché scrisse ben 70 lettere alla mamma, rivolgendosi a lei con il “tu” quando i giovani di allora si rivolgevano ai genitori col “voi”».
Riguardo alla morte di Baracca, non esistono certezze. «Era un pilota di aerei da caccia», dice Goldoni junior. «Era abituato ai duelli nel cielo con altri velivoli. Ma nella seconda battaglia del Piave i vertici militari italiani chiesero ai piloti da caccia di trasformarsi in piloti di caccia-bombardieri. In pratica, di mitragliare a terra i nemici abbassandosi di quota. Si pensa che Baracca morì colpito da una fucilata. Qualcuno sospetta che si sia suicidato per evitare di perire bruciato, ma l’ipotesi resta tecnicamente improbabile».
Mauro Gaffuri