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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

FIORELLO – «IO SONO L’ANZIANO PIÙ GIOVANE D’ITALIA, (MA ANZIANO RESTO)»


Dogliani (Cuneo)
«Ho 55 anni, sono vecchio io. Sono il passato, non il futuro». Vecchio ma scatenato, Fiorello cala su paesi e città della provincia italiana e quando scocca L’ora del Rosario, titolo del suo ultimo show, li avvolge in una nube di gas esilarante. Il tour 2015 ha già allineato 40 spettacoli in 19 località da Nord a Sud. Venti se si conta anche Dogliani (Cuneo), dove Fiorello è arrivato per parlare del futuro della tv ma ha buttato all’aria tutto, ha scardinato lo schema tradizionale del dibattito e lo ha trasformato nell’unica cosa che sa fare. Spettacolo. Ovunque vada conquista la piazza parlando di sé, della sua vita, della sua famiglia e del suo lavoro. Sempre fedele a un principio che non si stanca mai di ripetere: «Racconto sciocchezze, fatti miei, cose banali, ma alla fine scatta qualcosa e le persone si riconoscono in quello che dico». In un paio d’ore esce di tutto. Ossessioni, impressioni e confessioni a ciclo continuo. Condite da improvvisazioni geniali. Note di colore, raccolte con l’aiuto di un compagno inseparabile, il telefonino.
Come un gringo con la sua Colt, si rigira uno smartphone nella mano destra: «Con questo ci ho fatto di tutto», commenta, «radio, tv, spettacoli. È stato la mia salvezza». È stato lo strumento per trascinare chiunque nel meccanismo della diretta. Oggi è diventato la macchina fotografica, la videocamera, il registratore per esplorare paesi e città d’Italia che allora del Rosario si vedranno rappresentate come mai nessuno aveva osato fare, come se diventassero capitoli indipendenti di una lunga odissea italiana. Da ricomporre un giorno in un’unica grande narrazione del Paese. O da isolare in un ritratto inedito dell’uomo, con tutto quello che ancora non sapevamo di lui, Rosario I, re della scena. A partire da come si vede davanti allo specchio.
Fiorello e l’età. «Oggi c’è la gara a non invecchiare», esordisce, «ma che gara posso fare io? Mi sono reso conto che sono vecchio». Dal pubblico si alza un «Noooo». Ma lui insiste. «Al massimo sono l’anziano più giovane d’Italia. Ma anziano. Non esagero, è così. Se uno mi chiama non mi giro, perché se lo faccio mi inchiodo, rimango così, col collo bloccato. Le uniche scarpe che posso portare sono i mocassini perché se mi devo allacciare le stringhe rimango giù inchiodato 20 minuti. La testa no, quella non invecchia, è il fisico. E sapete qual è l’unica cosa che ancora funziona?». In sala esplode una risata. «No», si agita, «cosa avete capito? Sono i capelli. Guardate che roba, non faccio in tempo a tagliarli che ricrescono».

Fiorello e la Repubblica (il quotidiano). «Appena apro bocca, qualsiasi cosa io dica, loro titolano Fiorello contro Berlusconi». Si alza, guarda tra il pubblico e riconosce l’inviata di Repubblica: «Silvia mi fai leggere i tuoi appunti?». Lei glieli allunga. Lui cerca di leggere, poi si arrende: «Non si capisce niente», sbotta, «ma adesso è tutto chiaro. Quando li rileggi non ci capisci neanche tu, e allora cosa scrivi? Fiorello contro Berlusconi».
Fiorello e il caldo. Umidità, afa. sudore. Non li sopporta. Ha cinque alogene puntate addosso e gli scappa un «minchia cu cavuru». In dialetto siciliano, «caspita che caldo». Chiede acqua fresca e si tracanna una bottiglietta d’un fiato. S’alza di scatto: «Ma questa sedia suda di suo», grida. Si fa consegnare una maglietta e ne fa una bandana. Prende un fazzoletto di carta e lo lascia a penzoloni, con il sudore che lo tiene appiccicato a una guancia. Al culmine della sofferenza esprime un desiderio: «Portatemi due buste di Quattro salti in padella fresche di freezer». Alla fine sembra assuefatto: «Mi piace star qui, anche a 90 gradi. Un attimo, intendevo 90 gradi come temperatura, non la posizione ad angolo retto. Altrimenti domani Repubblica titola Fiorello a 90 gradi davanti a Berlusconi. E tutti sappiamo che Berlusconi sui 90 gradi non guarda in faccia a nessuno».
Fiorello e i talent. Col karaoke è stato lui il primo a trascinare degli emeriti sconosciuti a esibirsi in pubblico. Ma oggi il format dilaga, lo fanno tutti e forse per questo non gli interessa più. «Io faccio monologhi, assoli, duetti con o senza ospiti», spiega. «Quello che altri fanno nei talent io lo faccio da solo».
Fiorello e il cellulare. Per i telefonini prova amore e gratitudine. Chiama Amadeus e duetta con lui in diretta. Via telefono prova a portare in sala anche il fratello Giuseppe, ma quello non risponde. E scatta la segreteria: «Vodafone, il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile, la invitiamo a richiamare più tardi». Per Fiorello, storico testimonial di Wind, è la prova di un tradimento: «No», esclama, «mio fratello con Vodafone, no!».

Fiorello e la mamma. Il pubblico gli chiede di chiamare la mamma. «La mamma col telefonino no, vi prego», ribatte. «Le ho regalato l’iPhone e pochi giorni fa la vedo col suo vecchio telefono. Pensate, un Nec, un coso enorme che non ha più nessuno, nemmeno chi l’ha fatto. Ma perché, chiedo. “Il telefono che mi hai dato chiama da solo, chiama gente che non voglio sentire’’, risponde. Capito? Le partivano le telefonate. Certo, lei con un dito prende quattro tasti. No, mamma non ha la manualità. La forza che usa per maneggiare l’iPhone è la stessa ci mette per accendere il frullatore».
Fiorello e i duetti. «In Italia non mi rimane più nessuno». Guardandosi in giro non gli dispiacerebbe Lady Gaga. «Ma anche Justin Bieber», aggiunge, «perché qualche giorno fa ho capito che il ragazzino è davvero importante. Passo davanti a un albergo di Roma e vedo una ressa di poliziotti. Che fate?, chiedo a un agente. Stiamo da Bieber, risponde. Ma vi rendete conto, otto camionette della Polizia per notificargli un mandato di cattura dall’Argentina. Scusa, volevo chiedere al poliziotto, ma se arriva l’Isis che fate?».
Fiorello e i tatuaggi. «Guardatemi, sono una merce rara, non ho un solo tatuaggio», dice. «Sulla chiappa sinistra, ma ora non ve la posso far vedere, ho solo una voglia di pizza quattro stagioni. Mia moglie, quando l’ho conosciuta, aveva un geco tatuato sulla spalla. Ogni volta che la vedevo patapam, le davo certe botte! Mia figlia grande è piena, se ne è fatti tantissimi. La piccola no, di lei mi sto occupando io. La sto terrorizzando. Se fai il tatuaggio, le dico, l’inchiostro entra in circolo nel sangue e muori».
Fiorello e l’amore paterno (gelosia compresa). Il progetto educativo non si ferma ai tatuaggi. Con la figlia più grande ha alzato bandiera bianca. Ma con la piccola è appena iniziata la fase di indottrinamento. «Mai in discoteca, le insegno, e mai baciare i ragazzi. La terrorizzo. Come adorerei se un giorno mi dicesse “papà voglio diventare suora”. Sìììììì. Di clausura. Sììììì. Adesso va a scuola e un bambino russo di nome Igor le ha già mandato un bigliettino con scritto ti amo. Ma io sono stato chiaro: il genero russo, no».
Fiorello e il dentista. «Fino a un certo punto della tua vita il dentista non sai cosa sia. Poi ci vai una volta e ci torni sempre. Per me i dentisti ti mettono il germe. Mentre sei con l’anestesia ti mettono una cosa per cui tutta la vita dovrai andare da loro. Dovendo scegliere, mai andare da un dentista amico. Perché ti parla. E tu come fai a rispondere? Poi siccome è amico ti fa più anestesia. Sono andato in un bar e non sentivo più niente. Bevevo di qui, mi usciva dall’altra parte della bocca. Mi sbrodolavo e non mi accorgevo assolutamente di niente».
Fiorello e MasterChef «Siamo rimasti in pochi a non cucinare in tv. Saremo tre o quattro. Siamo ancora persone, facciamo spettacoli dal vivo, non facciamo i giudici. Proteggeteci, vogliamo un’oasi tutta per noi». Ma attenzione alle parole. Fiorello ha continuato a ripeterlo, parlando di sé, parla anche di chi lo ascolta. E l’appello a proteggersi più che a se stesso forse è rivolto al pubblico. «La tv condiziona la nostra vita», insiste, «per cui oggi non puoi più andare in un ristorante e dire, scusi mi dà una carbonara? E questo ti risponde: Carbonara? Forse lei vuol dire delle trofie mantecate con uovo di gallina su un letto della min... Oggi è tutto su un letto. Non puoi dire la pizza: impasto di farina di forma roteante, nuvolette di mozzarella su sfondo rosso di pomodoro. Torniamo a chiamare le cose col loro nome». Con tanto di cappello, però, ai maestri della cucina. «Ero in Sardegna e ho visto Carlo Cracco all’opera, impressionante. È arrivato con due valigette. In una coltelli e forchettine. Nell’altra un pesce. Non l’ha sfilettato, lo ha operato. Ha fatto tutto e non ha lasciato una macchia. Volevo chiamare i Ris di Parma: trovatemi una traccia di Cracco. Non c’era niente».
Fiorello e l’Expo. «Non ci sono ancora stato. Certo, mi ha colpito questa cosa che non si possono portare le catapulte. È scritto sul sito. Non si possono portare pistole e va beh. Bombe a mano, va beh, stavolta vorrà dire che ne farò a meno. Ma le catapulte? Com’è possibile? Avevo già programmato tutto: vado con la catapulta, la metto in doppia fila e poi vado a visitarmi l’Expo. E invece niente catapulta».

Fiorello e Mike. «Mike Buongiorno rimane unico e irripetibile», ricorda. «Un giorno si tolse il casco e mi fermai a guardarlo: aveva i capelli perfetti. “Non penserai che io abbia il parrucchino”, mi disse, “quello sarà Baudo”». Fiorello rivela anche un patto segreto con Mike: «Gli chiesi: “Ma tra cent’anni, quando tu non ci sarai più, potrò dire allegria al posto tuo?”. Lui mi cacciò tra mille scongiuri. Quando glielo chiesi la seconda volta rispose: “Va beh, potrai dirlo”». Allegria quindi. Dopo aver sorvolato passato presente e futuro Fiorello si congeda: «Un applauso a Mike. E un applauso a voi».
Giuseppe Fumagalli