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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

PRO RECCO, PALOMBELLA 10 E LODE

La gloria si rispecchia nella sofferenza, anche nella Pro Recco giunta al decimo scudetto consecutivo, divenuta il Barcellona della pallanuoto, forte infatti di Leo Messi tra i suoi tifosi e soci onorari.
Tutto comincia da un ponte non lontano dall’acqua. Il viadotto ferroviario di Recco era, infatti, il solo da Genova alla Spezia: sul finire dell’ultima guerra attirò come mosche i bombardieri angloamericani, ventisette furono i raid aerei. Su cento case, ne sarebbero rimaste in piedi solo cinque. Anche la chiesa e il convento di San Francesco, che stavano lì dal Quattrocento, divennero macerie. Centoventisette le anime finite oltre la linea d’ombra, nel controvalore di una medaglia d’oro del capo dello Stato.
Quando non c’è più nulla, c’è sempre qualcosa. A Recco (10mila abitanti) si giocava a pallanuoto dal 1913, in mare. La ricostruzione cominciò attorno al pallone che volava sull’acqua. La piscina di Punta Sant’Anna, un gruppo di ragazzi del posto, nati e cresciuti in pochi metri: Cevasco, Giraldi, Guidotti, Maraschi e le due future leggende Franco Lavoratori ed Eraldo Pizzo, il “Caimano”, uno dei più grandi personaggi della storia dello sport, il cui fratello Piero era l’allenatore. Era partito per fare il nuotatore Pizzo, non sembrava attratto dalla pallanuoto come Nanni Moretti che pure a quello sport avrebbe dedicato un film (Palombella rossa) dove a bordo vasca c’è - eloquente omaggio - il “Bar Eraldo”, ma fu vero il contrario. I due, un anno dopo aver conquistato il primo scudetto datato 1959, furono insieme in vasca a Roma, per afferrare la medaglia d’oro olimpica.
Cominciava un ciclo di vertigine, con una Coppa Campioni, quattordici scudetti e una Coppa Italia fino al 1974, titoli fondati su una sequenza di 153 partite senza sconfitte tracciata tra il 1965 e il 1973. Quella Pro Recco sembrava imbattibile e lo era; sembrava destinata a non avere eredi e infatti implose, sotto la legge inesorabile dell’orologio. I vecchi campioni lasciavano il posto a pallanuotisti di minore spessore e anche la società andava incontro a un periodo di alti e bassi, certo con qualche successo ma non all’altezza di quanto riuscito al “Caimano” e ai suoi compagni.
Erano comunque gli anni di Alberto Alberani e Sandro Ghibellini, fino a “Gu” Baldineti che finora è stato il solo a vincere la Coppa Campioni prima da giocatore (1984) e poi da allenatore (2003). Era, insomma, la Pro Recco una squadra di altissimo livello, ma incomparabile con quella allestita da dieci anni a questa parte da Gabriele Volpi. Recchelino, classe 1943, trascorsi giovanili proprio in vasca con la Pro, una carriera imprenditoriale che lo avrebbe portato in Nigeria, dove dagli anni Settanta ha fatto fortuna nel ramo della logistica petrolifera, nelle infrastrutture e nella portualità; una fortuna difficile da calcolare, ma che gli ha permesso di rientrare nella pallanuoto portando la sua squadra del cuore a livelli mai raggiunti, con dieci titoli nazionali di fila e otto finali europee di cui quattro vinte nello stesso arco di tempo. Tre anni fa, alle Olimpiadi di Londra, ben sette degli azzurri sconfitti in finale dalla Croazia ( Tempesti, Gitto, Figlioli, Felugo, Pastorino, Fiorentini e Giorgetti) provenivano dalla Pro Recco. Ma negli anni si sono visti giocatori come Massimiliano Ferretti, Alberto Angelini, Tibor Benedek. Vladimir Vujasinovic, Danilo Ikodinovic, Luca Giustolisi e lo sfortunato portiere Jesús Rollán. Volpi non sembra certo volersi fermare qui. Alla festa scudetto, guardava già al traguardo europeo: «A Barcellona vogliamo conquistare la Champions numero otto per diventare il club più titolato del mondo. A quel punto, ci mancheranno ancora due scudetti e due coppe europee, quindi potremmo concederci una pausa di riflessione. Chi vince sempre fa il male del nostro sport? Ogni tanto me lo chiedo, ma poi mi rispondo: meglio noi degli altri».
Il patron della Pro Recco, tra l’altro, vive un periodo di poliedrico attivismo che potrebbe per assurdo portare l’amatissima pallanuoto tra le iniziative marginali. Negli ultimi tempi ha costruito un significativo pacchetto azionario della Carige, l’istituto di credito al centro di un piano di salvataggio guidato dall’imprenditore Malacalza; ha portato lo Spezia Calcio, di sua proprietà così come la società croata del Rijeka (l’italiana Fiume), ai playoff di B con buone possibilità di insidiare la promozione al favorito Bologna. Soprattutto viene accostato in maniera sempre più intensa, fornendo a contrappunto smentite sempre meno convincenti, alla Sampdoria dell’incontenibile patron Ferrero.
Molti da tempo dicono che il “Viperetta” sia solo un facente funzioni, mentre il vero proprietario del club blucerchiato sarebbe già Volpi. «Ferrero sta facendo bene – taglia corto Volpi – ma se un giorno se ne andasse, potremmo pensare a fare qualcosa noi».
E i tifosi del Doria, non tutti sedotti dallo stile ruspante e istrionico dell’attuale proprietario, già sognano una “Palombella Blucerchiata”.