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 2015  maggio 27 Mercoledì calendario

UBER, DAL DEBUTTO A SAN FRANCISCO AL SUCCESSO GLOBALE

Il debutto risale al 2009 a San Francisco, in California. Da allora Uber, la compagnia di trasporto privata valutata fra i 35 e i 50 miliardi di dollari, che mette in connessione autisti (anche non professionali) con passeggeri attraverso smartphone e tecnologia, è diventato un fenomeno di massa. Che, dopo aver superato le frontiere di 58 Paesi, nel 2013 è sbarcato in Italia e ha via via conquistato gli utenti di Roma, Milano, Torino e Genova prima con il servizio di UberBlack (prestato da autisti di professione, che resta legale) e poi con la versione low-cost UberX (che da noi è UberPop), quella sospesa dall’ordinanza di ieri.
Il successo di pubblico per un servizio che nasce “dal basso” è a macchia d’olio: a testimoniarlo sono i migliaia di commenti che si sono scatenati ieri sul web e sui social contro il blocco dell’applicazione. Perché, come sostiene l’azienda, l’applicazione non è altro che un sistema per creare “una community” e «dotare di maggiore efficienza forme di condivisione di trasporto privato», nel quale i pagamenti sono «un mero rimborso delle spese di viaggio e dei costi relativi al veicolo».
La pronuncia di ieri, però, segna uno stacco netto rispetto al passato. E mette un punto fermo dopo un anno e mezzo di proteste e manifestazioni da parte dei tassisti (anche con toni decisamente sopra le righe), di minacce contro gli autisti Uber e la manager italiana della startup, Benedetta Arese Lucini e di tentativi da parte delle istituzioni di regolamentare ciò che non pare in alcun modo rientrare nei confini della legislazione italiana.
Prima del Tribunale di Milano, anche a Torino un giudice di pace è intervenuto appena pochi giorni fa (dopo un primo pronunciamento di aprile), per dichiarare illecito il servizio offerto dalla società californiana. Lo stesso giudice, però, al tempo stesso ha anche annullato le multe che erano state elevate dalla polizia municipale contro i driver.
Il tema Uber, del resto, non fa discutere solo l’Italia: il servizio, che non è passato inosservato neppure in contesti internazionali come Londra e New York, è già stato messo al bando in Germania e in Belgio. A Parigi è entrata in vigore a fine 2013 una legge che impone ai servizi come Uber di attendere 15 minuti dopo la chiamata per far salire i passeggeri. Nella Grande Mela è in atto un regolamento che consente a Uber di operare attraverso UberTaxi, ma non consente di ricevere i pagamenti attraverso l’app mentre a Seattle la partita è aperta.
Nel nostro Paese, si attende in queste settimane una presa di posizione da parte dell’Authority dei Trasporti, che sta esaminando la legittimità o meno di servizi come Uber rispetto alla legislazione italiana. Nel frattempo, alcune istituzioni – a partire dal Comune di Milano, ma anche la Regione Piemonte si è mossa a riguardo con una proposta di legge di minoranza – stanno cercando di regolamentare il settore del trasporto privato, contro nuove forme di trasporto che sono ritenute abusive.
Intanto, però, il popolo della rete e dei consumatori sta con Uber. «Perché il giudice di Milano – commenta l’Unione nazionale dei consumatori – dice che Uber non è utile alla collettività. Ma forse dimentica che la seconda auto a Milano costa 2.418 euro».