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 2015  maggio 26 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL TRIBUNALE DA’ TORTO A UBER


"Concorrenza sleale": Uber Pop non può più operare a Milano e nel resto d’Italia. Dunque, i tassisti avevano ragione. A dirlo è il tribunale di Milano che ha bloccato l’app della società americana che, di fatto, consentiva a chiunque di fare l’autista-tassista con la propria auto. Così ha deciso il giudice Claudio Marangoni, della sezione Imprese, accogliendo il ricorso presentato un mese fa dalle organizzazioni sindacali e di categoria, locali e nazionali, di tassisti e radiotaxi.
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Favorisce l’abusivismo". Il blocco di Uber Pop è stato disposto in via cautelare, così come l’inibitoria del servizio. Il magistrato ha dato a Uber quindici giorni di tempo per adeguarsi, altrimenti scatteranno le penali. Secondo il giudice, Uber Pop non dà vantaggi alla collettività e svolge di fatto l’attività di taxi senza però che gli autisti siano in possesso della licenza. Nell’ordinanza si legge, infatti, che l’attività svolta da Uber attraverso Uber Pop "interferisce con il servizio taxi organizzato dalle società, svolto dai titolari di licenze". E’ "un vero salto di qualità nell’incrementare e sviluppare il fenomeno dell’abusivismo". E soprattutto in questo periodo, durante lo svolgimento di Expo 2015, "occasione di ottimi guadagni che, in assenza di una inibitoria, andrebbero condivisi con soggetti concorrenti che esercitano il servizio di trasporto in maniera abusiva".
"E’ assimilabile al radio-taxi". Non car sharing neanche car pooling, come spesso Uber ha definito il suo servizio pop. Secondo il giudice "la richiesta di trasporto trasmessa dall’utente mediante l’app appare di fatto del tutto assimilabile al servizio di radio taxi". Concorrenza sleale dunque, secondo il giudice, provata anche dai prezzi più bassi praticati dagli autisti di Uber Pop per il fatto di non avere gli stessi costi fissi che un tassista normalmente deve sostenere.
Tariffe minori. "La mancata soggezione degli autisti Uber Pop ai costi inerenti al servizio taxi consente l’applicazione di tariffe sensibilmente minori rispetto a quelle del servizio pubblico e non praticabili da tassista - si legge nell’ordinanza - L’illecito sviamento così determinato di fatto comporta un’alterazione dell’adeguatezza del tariffario imposto ai tassisti in quanto modifica anche il quadro complessivo dei fattori economici che concorrono a determinarlo in concreto (aumento incontrollato dell’offerto) e determina altresì ulteriori profili di scorrettezza concorrenziale consistente nella sottrazione degli autisti Uber Pop dagli altri oneri e limiti cui i tassisti sono vincolati (rispetto di turni prefissati anche in orari in cui la domanda è minore) e che incidono anch’essi sulla redditività dell’attività economica di questi ultimi".
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La battaglia dei taxi. I sindacati assistiti dai legali Marco Giustiniani, Nico Moravia, Giovanni Gigliotti e Alessandro Fabbi, un mese fa avevano presentato un ricorso cautelare e urgente per chiedere l’oscuramento dell’app che permette a tutti , di fatto, di trasformarsi in tassista. Una mossa che, dopo mesi di presidi, proteste e scioperi, era stata l’ultima arma impugnata dalla categoria per combattere un servizio da tutti, governo compreso, ritenuto fuorilegge in Italia, ma che comunque continuava a operare: "Non ci sono strumenti per farlo chiudere - ripetevano tutti - se non la prova che causi danni per concorrenza sleale a qualche categoria".
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Due settimane di tempo. Così i tassisti sono ricorsi al giudice di Milano per chiedere un provvedimento d’urgenza contro la multinazionale americana con l’accusa di "concorrenza sleale e di violazione della disciplina amministrativa che regola il settore taxi", perché Uber Pop "interviene in un settore regolamentato e a tariffa calmierata come quello del trasporto pubblico non di linea senza rispettare le molteplici norme che lo regolano". Il giudice ha ritenuto fondato il ricorso: Uber Pop ha dunque 15 giorni di tempo per dismettere il servizio non solo a Milano, dove si è fatto ricorso, ma anche in tutta Italia perché se il servizio è fuorilegge non può operare in nessuna città italiana.
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Si aspetta il ricorso. "Faremo appello per evitare che centinaia di migliaia di cittadini italiani siano privati di una soluzione sicura, affidabile e economica per muoversi nelle loro città": lo dichiara Zac De Kievit, Legal director di Uber Europa. Già lo scorso marzo la prefettura, applicando la legge, aveva iniziato a firmare i primi provvedimenti di confisca delle auto degli autisti di Uber Pop sorpresi per le strade della città dai vigili di Milano e multati. Provvedimenti che eseguivano le sentenze del Giudice di pace, che avevano dichiarato inammissibili i ricorsi degli autisti, a cui la polizia locale aveva sequestrato le auto a partire dallo scorso autunno.
I controlli della polizia locale. Da mesi di fatti la squadra delle Frecce della polizia locale svolgeva un servizio mirato per sanzionare gli autisti Uber Pop sorpresi per le strade: multe salate per "esercizio abusivo della professione", rischio di confisca dell’auto, ma nessuna possibilità di bloccare il servizio in toto come invece l’ordinanza del giudice è arrivata a disporre.
Soddisfatti i tassisti. Giovanni Maggiolo, sindacalista di Unica-Cgil, ricorda anche che la stessa linea dura è stata tenuta anche in altri Paesi europei: "Anche in Francia e in Germania la app di Uber Pop è stata oscurata, ci sono in corso anche inchieste penali. Con questo servizio Uber usa lavoratori a cui però non paga i contributi previdenziali Inps e Inail. Uber Pop è un servizio sotto attacco proprio perché le norme italiane tutelano non la nostra categoria ma l’utenza".
"Nessuno ci ha ascoltato prima". Anche l’Unione Artigiani esulta: "Siamo dovuti arrivare in aula di giustizia perché qualcuno decidesse, nessuno voleva prendersi questa responsabilità: prima di ricorrere in Tribunale ci siano rivolti a Comune, Regione, al Governo, tutto inutile". Così Pietro Gagliardi, responsabile sindacale per la categoria dei tassisti dell’Unione Artigiani della Provincia di Milano. "E’ una grande vittoria - ha aggiunto - e non l’abbiamo fatto solo per noi e il nostro lavoro, ma anche per la sicurezza degli utenti".
Il Codacons è contrario. L’associazione dei consumatori ritiene il provvedimento una restrizione delle opportunità del cittadino: "E’ un danno enorme per gli utenti, perché limita la concorrenza e riduce le possibilità di scelta per i cittadini - denuncia il presidente Carlo Rienzi - è impensabile che un Paese moderno possa essere privato di sistemi innovativi come Uber, che rispondono ad esigenze di mercato e sfruttano le nuove possibilità introdotte dalla tecnologia. Così facendo si finisce per produrre un duplice danno al consumatore finale: da un lato una minore scelta sul fronte del servizio, dall’altro tariffe più elevate per effetto della minore concorrenza".