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 2015  maggio 26 Martedì calendario

I PORTAOMBRELLI DI FLORENTINO

Nelle ultime sei stagioni, a fronte di investimenti più adeguati a un governo che a una società sportiva (755 milioni il calcolo dei giornali spagnoli), il Real Madrid ha vinto una Champions e una Liga, più qualche altro trofeo che – a parte il caso della Copa del Rey 2011 utilizzata per mantenere in sella il suo pupillo Mourinho – Florentino Perez considera dei portaombrelli: quest’anno Carlo Ancelotti ha portato a casa il Mondiale per club e la Supercoppa europea, ma il presidente gliele ha fatte lasciare nel deposito cianfrusaglie. Anzi, ora che l’ha finalmente esonerato, magari gliele impacchetta per spedirgliele a Felegara. Perez è uno degli uomini più facoltosi e potenti di Spagna, un costruttore edile che del Real – ricordiamolo – è il presidente eletto dai soci e non il proprietario.
Nel corso del suo secondo ciclo, il club ha ampliato a dismisura gli introiti anche grazie alla rinnovata politica dei Galacticos: avendo in rosa molti dei migliori giocatori del mondo, l’appeal del prodotto Real (dai diritti tv alla vendita di magliette) è enorme in tutti i continenti. Peccato però che la finalità di tutto questo marketing non dovrebbe essere l’arricchimento – infatti non lo è – ma il successo sportivo: e se spendi 775 milioni in sei anni per ottenere una Champions e una Liga, il giudizio storico sulla tua gestione oscilla fra il disastro colposo e la catastrofe preterintenzionale.
Perez ha congedato ieri Ancelotti come previsto, ed era stata un’ingenuità pensare che il sostegno senza precedenti ricevuto dalla rosa, oppure il voto di fiducia del Bernabeu, potessero cambiare una decisione già presa in solitudine dal despota del Madrid. Come tale si comporta infatti Perez, che disegna a proprio piacimento le campagne acquisti infischiandosene delle richieste dei tecnici. La scorsa estate, dopo aver vinto la Decima, Ancelotti chiese una cosa sola: la permanenza di Di Maria, perché gli cuciva come nessuno centrocampo e attacco. Perez lo cedette per far posto alla sensazione del Mondiale, James Rodriguez, giocatore meraviglioso, ma che ha costretto Carlo a tirar su un castello di carte (tutte figure, evidentemente) che è venuto giù di botto quando il Real ha incrociato una squadra costruita come Dio comanda come la Juve.
L’arroganza insita nella decisione di Florentino, che pare eccitato dal muoversi in direzione contraria alle altre parti in commedia (ricorderete la storiella del tipo che viaggia contromano in autostrada, e quando sente la sua situazione descritta alla radio grida «uno in senso inverso? saranno centinaia!»), nasconde in realtà la disperazione per l’impossibilità di chiudere l’unico acquisto che potrebbe cambiargli la vita, quello di Messi. «Ancelotti è un signore e ha capito» ha detto Perez. Verissimo: Carlo è un signore e, come tutti noi, ha capito chi aveva davanti.