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 2015  maggio 24 Domenica calendario

Francesco I, duca spendaccione Così ispirò i fasti di Luigi XIV– La mia concezione della cultura ducale a Modena parte dal ricordo del famoso viaggio del Bernini a Parigi nell’estate del 1665, che segnò una svolta cruciale nella storia culturale d’Europa

Francesco I, duca spendaccione Così ispirò i fasti di Luigi XIV– La mia concezione della cultura ducale a Modena parte dal ricordo del famoso viaggio del Bernini a Parigi nell’estate del 1665, che segnò una svolta cruciale nella storia culturale d’Europa. Per comprenderla, occorre fare un passo indietro. Francesco I, succeduto come capo di stato a soli diciannove anni, si era rivelato estremamente ambizioso e passava la vita a far rivivere l’antico splendore della sua stirpe, ormai irrimediabilmente decaduta. Veniva visto, in effetti, come il piccolo capo paffuto e pretenzioso di un paese altrettanto piccolo e impotente, che sprecava somme ingenti in spettacoli effimeri e vaste dimore largamente inutili. Dopo aver accumulato una grande e importante raccolta di opere d’arte, la sua presunzione si era spinta sino a convincere il Bernini a realizzare il suo ritratto in scultura (magari traendolo da ritratti dipinti inviati da Modena, dato che era impensabile che il grande artista si muovesse da Roma per conoscerlo) e a fornirgli consigli sui progetti per il nuovo palazzo ducale a Modena e la nuova villa di campagna a Sassuolo. Tutto questo negli anni 50 del Seicento. Nell’estate del 1665, Bernini arriva a Parigi dopo tante lusinghe (e altrettante pressioni sul papa Alessandro VII Chigi) da parte del giovane Luigi XIV, che era ormai il maggior capo di stato di tutto l’Occidente. La visita del Bernini, che doveva disegnare il nuovo Palazzo del Louvre conformemente alla sovrana dignità del re, durò tre mesi e fu organizzata come una vera e propria missione diplomatica. Il corteo di Bernini fu accolto alla frontiera e condotto a Parigi dall’emissario del re, un importante e coltissimo nobile della corte, François de Chantelou, che parlava perfettamente italiano e che rimase accanto all’artista fino al suo ritorno in patria, annotando tutto, ora per ora, in un diario dettagliato che non ha confronti se non nei veri e propri resoconti di Stato dell’epoca. Dal diario di Chantelou si apprendono molte cose, naturalmente, e non solo in materia d’arte, ma anche sulla situazione politica e sui sofisticati intrighi della corte. L’elemento di spicco è forse il modo in cui Bernini, da grand’uomo qual era, criticava senza scrupoli tutto quanto vedeva a Parigi. In particolare nutriva un odio velenoso per uno dei fenomeni più vistosi della vita di corte del re, e cioè il teatro. Bastonava senza pietà la famosa Salle des Machines e i grandi spettacoli illusionistici che richiedevano prospettive all’infinito e macchine scenografiche complicatissime. Tutto questo gli pareva falsamente pomposo e passibile di incidenti disastrosi e fallimenti ridicoli. L’artista responsabile della Salle des Machines e di tutto l’allestimento teatrale di Luigi XIV si chiamava Gaspare Vigarani e proveniva da Modena, rilasciato dal duca anche sotto la pressione irresistibile del re. E l’atteggiamento sdegnoso che il grande Bernini mostrava verso l’artista modenese contribuiva fortemente a caricare il duca e la corte estense della fama di ciarlatani. Mi sarebbero occorsi tempo e ulteriori ricerche prima di capire che il maestro di spettacoli di Luigi XIV era stato importato in Francia proprio da Modena, per profittare delle sue esperienze alla corte estense dove quel tipo di spettacolo che noi chiamiamo Barocco, nel pieno senso del termine, aveva avuto uno sviluppo notevole. Il fatto anzi era non solo significativo, ma importantissimo, dato che poi, a Parigi, sotto Luigi XIV, lo spettacolo e la cultura tutta sono stati utilizzati per creare la prima macchina moderna di propaganda politica. Questa mia idea iniziale della Modena ducale come nuovo modello politico-culturale è andata poi mano a mano crescendo. Prima della venuta in Francia di Bernini, Luigi aveva indetto una specie di concorso per il nuovo Louvre, facendosi mandare progetti e richiedendo pareri a vari grandi artisti romani dell’epoca (Pietro da Cortona, Girolamo Rainaldi, Bernini) esattamente come aveva fatto Francesco I a Modena (e con gli stessi artisti) 15 anni prima. L’idea stessa di creare un nuovo palazzo reale al Louvre e poi una nuova dimora e città capitale in campagna, a Versailles, aveva avuto il suo precedente a Modena. Il progetto di Bernini al Louvre non fu mai realizzato, mentre il suo ritratto del re finì per diventare la pièce de résistence di tutta la propaganda imperialista francese, collocato (come è tutt’ora) in cima al famoso Escalier des Amassadeurs a Versailles, dove vengono a rendere omaggio tutti i diplomatici del mondo. Per quanto riguarda i busti, di solito si sottolineano, giustamente, i cambiamenti portati da Bernini al ritratto del re rispetto a quello di Francesco I. Ma occorre rendersi conto che il busto di Luigi non è minimamente concepibile senza quello del duca, e non solo in quanto opera d’arte. Indagando sulle fonti di teoria e storia politica dell’epoca, ho compreso che, anche qui, scrittori di cose estensi come Giovanni Battista Pigna e Domenico Gamberti hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo e nella definizione del concetto di buon governo cristiano che Bernini ha incorporato nei suoi ritratti monarchici. Anche la famosa statua equestre del re che Bernini eseguì più tardi e che fu collocata nel giardino di Versailles aveva avuto il suo archetipo in un progetto del Bernini per una simile statua postuma di Francesco I. Relativamente piccola e poco potente sul piano internazionale, Modena dunque, forse proprio a merito delle sue alte ambizioni, è servita da perno o tramite tra i grandi poteri ed è stata terreno fertile dove sono nati molti concetti e pratiche che sarebbero poi risultati fondamentali per la carta ideo-geografica dell’Europa moderna.