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 2015  maggio 24 Domenica calendario

Troppi aspiranti kamikaze, arriva la «lista d’attesa»– Il Paradiso può attendere, il kamikaze no

Troppi aspiranti kamikaze, arriva la «lista d’attesa»– Il Paradiso può attendere, il kamikaze no. A sentire alcuni militanti nell’Isis c’è una lunga fila d’attesa per chi vuole immolarsi a bordo di un camion bomba in Siria. Sono troppi gli aspiranti al martirio e, per giunta, non tutti rispettano il proprio turno. I mujaheddin sauditi — è la singolare accusa — passano davanti agli altri grazie al favoritismo dei capi. La storia è emersa dopo le recriminazioni di Kamil Abu Sultan Daghestani, un predicatore daghestano che ha raccolto lo sfogo di un comandante ceceno responsabile del battaglione Yarmouk in Siria. Secondo la sua versione — rilanciata dal sito Rfe/Rl — i militanti riescono ad andare in missione prima degli altri grazie ad accordi sottobanco con i leader che gestiscono l’uso dei volontari. Un problema che sarebbe emerso nel teatro siriano ma non in altri settori. Tanto è vero che un jihadista, stanco di aspettare, si è trasferito in Iraq sperando di trovare tempi di impiego più corti. In realtà non sarebbe andata bene neppure lì, anche se il campo di battaglia iracheno richiede un numero maggiore di attentatori suicidi. Nei recenti assalti a Ramadi e alla raffineria di Bajii lo Stato Islamico ha usato decine di kamikaze, confermando una delle sue tattiche preferite per sconvolgere le postazioni del nemico. Parliamo di elementi messi al volante di mezzi modificati: la cabina è blindata per poter resistere ai proiettili, molto potente la carica esplosiva. A volte supera le dieci tonnellate e dunque sviluppa una potenza distruttiva in grado di togliere di mezzo difese, torrette, mezzi corazzati. Modus operandi «antico» per le fazioni jihadiste reso, però, devastante dagli strateghi dell’Isis. Seguendo quanto impostato all’epoca di Al Zarkawi, lo Stato Islamico è molto meticoloso nella preparazione degli uomini destinati all’azione senza ritorno. I combattenti devono prima provare volontà e determinazione al fronte, quindi passano in un’unità che li cura fino al momento opportuno. Nel 2014, un’inchiesta della rete Bbc ha confermato la selezione: un militante inglese, Kabir Ahmed, ha raccontato che è l’emiro del gruppo a fare la scelta finale. E anche in passato, durante la campagna contro l’esercito americano, c’erano lunghi tempi d’attesa, una schiera di pronti alla morte che però si svuotava a a seconda dei momenti. Oggi lo scenario si ripete. In Iraq chi è disposto al sacrificio non dovrebbe avere molte difficoltà a soddisfare la propria aspirazione. Sull’uso dei volontari, in particolare europei, sono comparse anche analisi che li presentano come carne da cannone, pedine spendibili nelle mani del Califfo. In parte è così, ma dall’altra parte indossare una fascia esplosiva o mettersi alla guida di auto riempita di bombe rientra nell’ideologia jihadista. Sono onorati per questo e magari il loro nome diventa un simbolo, se invece ti uccidono con il fucile in mano sei solo uno dei molti. Quanto alla nazionalità la loro composizione è mista. Ad ottobre, un calcolo preparato da un esperto di questione irachene, confermava come ben 31 fossero stati quelli con il passaporto saudita, poi venivano i locali, infine gli altri. Gli ultimi due kamikaze sono stati celebrati venerdì dallo Stato Islamico. Abu Abdul Aziz al Firansi e Abu Maryam al Firansi. Erano francesi e sono morti in un attacco nella cittadina irachena di Haditha. Qualcuno li starà invidiando .