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 2015  maggio 26 Martedì calendario

I PORTALETTERE SONO UN RICORDO, ORMAI UN DECIMO DEGLI AFFARI

La posta, intesa come quel sistema che fa viaggiare buste di carta, è ormai una piccola cosa. Nel 2014 ha procurato a Poste italiane 2,8 miliardi di ricavi su un totale di 28,5: un decimo. Solo nel 2012 erano stati 3,4 miliardi, in due anni quindi la flessione è stata superiore al 17 per cento.
La tesi dei vertici di Poste italiane è che i tempi sono cambiati e la gente non si scrive più, quindi il servizio postale è destinato a scomparire come la carta carbone. È vero, ma solo in parte. Nel periodo 1998-2002 le Poste furono ristrutturate da Corrado Passera curando la qualità del servizio e il traffico della carta viaggiante tornò a crescere. L’attuale flessione dei ricavi postali si spiega solo con una qualità del servizio talmente scadente da sembrare studiata per mettere in fuga i clienti.
La realtà è sotto gli occhi di tutti quando entrano in un ufficio postale. Quella che è stata per un secolo l’infrastruttura portante dell’Italia unita, e che per tutti i Paesi civili è stata un biglietto da visita dell’efficienza nazionale, è stata trasformata nel decennio di Massimo Sarmi in un bazar dove si vendono agli sportelli, chissà perché, libri di cucina. Ma soprattutto è diventata una grande banca. Al fatturato di Poste italiane contribuiscono per 5 miliardi di euro i servizi di pagamento, che pure sono parte del core business tradizionale, e per quasi 19 miliardi le attività finanziarie: raccolta del risparmio, conti correnti bancari, vendita di polizze vita e assicurazioni in genere. Gli italiani affidano alle Poste 370 miliardi dei loro risparmi, per i quali ottengono interessi minimi. Le Poste girano quasi tutto questo denaro alla Cassa depositi e prestiti che a sua volta li presta allo Stato facendosi pagare tassi molto più alti: con i cosiddetti “soldi delle vecchiette” si arricchisce la Cdp.
Anche le Poste naturalmente mettono a posto il loro bilancio, e pagano 140 mila stipendi, con questa gigantesca attività bancaria distribuita nella rete di oltre 13 mila sportelli, che valgono da soli la metà di tutto il sistema bancario. Ma la cosa impressionante è che nel servizio postale, su 2,8 miliardi di ricavi, le perdite sono ammontate nel 2014 a 1,4 miliardi, parzialmente attenuate dai 277 milioni che lo Stato ha versato per compensare il cosiddetto “servizio universale”, che per definizione non si regge sul mercato. Solo che le Poste fanno rientrare nel servizio universale tutto il sistema postale, mentre secondo l’Autorità delle comunicazioni va assistita solo la parte marginale del servizio (i cosiddetti paesini di montagna). Il resto andrebbe semplicemente gestito meglio, con più rispetto del proprio ruolo e di quei clienti ai quali adesso vogliono vendere anche le azioni di Poste spa.