Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 24 Domenica calendario

IL BERLUSCONISMO SENZA BERLUSCONI

Alzi la mano chi, quando Renzi lanciò il guanto di sfida alla vecchia ditta del Pd, immaginava di vederlo un giorno avvinto come l’edera a Vincenzo De Luca: un vecchio arnese di partito che sta in politica da quasi mezzo secolo e da 10 anni si divide fra le aule di Comune, Parlamento e governo (spesso contemporaneamente) e quelle di tribunale, per giunta ineleggibile. Uno che quattro anni fa fu trombato alle elezioni regionali e, anziché ritirarsi a vita privata come avviene in tutte le democrazie, si ricandida come se niente fosse e, come le cozze, succhia tutta la schiuma della politica campana pur di agguantare un incarico che la legge gli vieta di assumere, in quanto è decaduto due volte (per l’incompatibilità fra i ruoli di viceministro di Letta e di sindaco di Salerno e per la condanna in primo grado per abuso d’ufficio) e decadrà di nuovo non appena poggerà le terga sulla poltrona di presidente della Regione. La domanda “che cosa direbbe Renzi se lo facesse Berlusconi?” vale quasi per ogni mossa del premier: l’Italicum e la controriforma costituzionale approvati a colpi di maggioranza (anzi, di minoranza), la porcata della scuola, il Jobs Act, il condono fiscale, la responsabilità civile dei giudici, gli attacchi forsennati alla Corte costituzionale che si permette di dichiarare incostituzionale una legge incostituzionale, l’occupazione del suolo pubblico televisivo la domenica pomeriggio a tre settimane dal voto senza contraddittorio e senza par condicio per gli altri partiti (con prevedibile sanzione a cose fatte dell’Agcom e ridicole indignazioni pidine perché B. stasera farà altrettanto da Fazio, peraltro dopo mesi di astinenza da video).
Quei pochi che paventavano, dopo il tramonto del Caimano, un “berlusconismo senza Berlusconi”, avevano visto giusto: ma neppure loro potevano prevedere che a incarnarlo sarebbe stato il leader del Pd. Perfino le denunce, precise e circostanziate, non del “solito” Fatto Quotidiano, ma anche di Roberto Saviano su “Gomorra nel Pd” sono state prima ignorate e poi addirittura vilipese con le lezioncine renziane (“la lotta alla camorra non si fa con gli articoli di giornale”) accanto a quel De Luca che ospita nelle sue liste d’appoggio i più bei nomi della malapolitica collusa (opportunamente lasciati a casa l’altroieri, per evitare a Matteo qualche selfie imbarazzante). Siccome poi il berlusconismo è anche conflitto d’interessi, eccone uno fresco fresco e pronto per l’uso: se la decadenza dei sindaci condannati la decreta il prefetto, quella dei governatori regionali condannati spetta al capo del governo.
Cioè: toccherà a Renzi far sloggiare il suo protetto De Luca non appena fosse eletto presidente della Campania. E già si prevede che gli lascerà qualche giorno di tempo per formare la giunta e presentare ricorso al Tar per ottenere la sospensiva della decadenza almeno fino al 21 ottobre, quando la Consulta si pronuncerà sulla legittimità della legge. A quel punto lorsignori sperano che la Corte, ammaestrata dalle bastonate degli ultimi giorni, non si metterà un’altra volta di traverso sulla strada del nuovo padrone del vapore. Un altro ingrediente del berlusconismo, con o senza B., è il grottesco. Infatti Renzi elogia in De Luca il “grande sindaco di Salerno” (con tanti saluti al Tribunale che l’ha condannato proprio in qualità di sindaco per la sua attività di amministratore fuorilegge, cioè per aver inventato un incarico inesistente per sistemare un amico a spese dei contribuenti). E aggiunge che don Vincenzo sarà un “ottimo sindaco della Campania”: come Corrado Guzzanti che, nei panni di Gianfranco Funari, definiva Helmut Kohl “er sindaco d’a Germagna”.
Poi inaugura con lui, per l’ennesima volta, la nuova cittadella giudiziaria di Salerno, peraltro mai finita, come la Salerno-Reggio Calabria e quasi tutte le opere pubbliche del Grande Sindaco (la Lungoirno, il Solarium, il Palasport, la Piazza della Libertà, la Stazione marittima e naturalmente il famigerato “Crescent”, monumento alla bruttezza, all’inutilità e allo sperpero di denaro pubblico, anch’esso oggetto di un processo a carico di De Luca e di quasi tutta la sua giunta). Una scena impagabile di puro umorismo involontario: un sindaco condannato e imputato per altri gravissimi reati contro la Pubblica Amministrazione costruisce un tribunale più grande e confortevole per ospitare al meglio i suoi stessi processi (dal produttore al consumatore: a quando il monumento equestre all’Imputato Modello?). E lo inaugura un’altra volta col presidente del Consiglio che si sciacqua la bocca con la “legalità” un giorno sì e l’altro pure e si appropria financo della memoria di Falcone con un tweet giusto in tempo per il 23 maggio.
Un attimo prima il premier aveva vaticinato che, con De Luca e i gomorroidi al governo della Regione, “il Pil della Campania crescerà dallo 0,5 all’1 per cento”. A parte l’esattezza del dato, al solito affidabile come un oracolo del mago Otelma, il trend è molto probabile: specie ora che nel Pil sono entrati i profitti criminali. Ci voleva giusto Renzi per propiziare questo unicum assoluto della storia repubblicana: il centrosinistra che, nel regno della camorra, candida un condannato contro un berlusconiano incensurato. Il Caimano schiatterà d’invidia.
Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 24/5/2015