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 2015  maggio 24 Domenica calendario

NAZIONALE - 24 maggio 2015 CERCA 36/37 di 64 R2 Cronaca Next. Come si dice Dieci anni fa era un non infallibile traduttore automatico, da allora Google Translate è davvero cresciuto Cosa sa fare ora ce lo ha mostrato Barak Turovsky a Mountain View Mister Babel L’importante è capirsi non parlare la stessa lingua RICCARDO STAGLIANÒ NMOUNTAIN VIEW (CALIFORNIA) EI BAGNI DI GOO-GLE ci sono comunicati inintellegibili

NAZIONALE - 24 maggio 2015 CERCA 36/37 di 64 R2 Cronaca Next. Come si dice Dieci anni fa era un non infallibile traduttore automatico, da allora Google Translate è davvero cresciuto Cosa sa fare ora ce lo ha mostrato Barak Turovsky a Mountain View Mister Babel L’importante è capirsi non parlare la stessa lingua RICCARDO STAGLIANÒ NMOUNTAIN VIEW (CALIFORNIA) EI BAGNI DI GOO-GLE ci sono comunicati inintellegibili. Uno di questi riguarda, appropriatamente, i test sulle toilette e invita «a non alterare gli ambienti condivisi tra una prova e l’altra». Segue una serie di istruzioni che, dall’inglese corrente, virano verso una sorta di linguaggio macchina, con pezzi interi di codice informatico. Non si capisce niente (se non che devono funzionare benissimo: cessi così impeccabili neppure al Waldorf Astoria). Per tutto il resto c’è Google Translate. Ostetriche irlandesi che lo usano per dare indicazioni a una partoriente congolese che non parla inglese. Docenti britannici che l’adoperano, in una classe ultra-multietnica, per interagire con gli ultimi arrivati. Spasimanti globali, ma non poliglotti, che apprendono la differenza sottile ma significativa, se treschi in tedesco, tra Lebensgefährtin ( compagna di vita) e Abschnitt Lebensgefährtin ( compagna di un pezzo di vita). A dieci anni dal lancio, il traduttore automatico di Mountain View è irriconoscibile. Da materia prima per l’ironia di Umberto Eco è diventato uno strumento dall’utilità inconfutabile. Tanto più evidente, tanto più ermetica è la lingua da espugnare. Prendete una paginata in cinese o in arabo. Con le vostre forze capireste zero. Con l’aiutino GT vi fate un’idea più che sufficiente del senso. Non serve più nemmeno essere davanti a un computer. L’ultima versione della app per telefonino fa anche di meglio. Me la mostra Barak Turovsky, il capoprogetto, in un’anonima stanzetta al 1365 di Shorebird Way, una delle tante vie bordate da sicomori che costituiscono la Google Town. «Word Lens è una funzione abbastanza impressionante » giura questo ingegnere mezzo russo che ha lavorato nell’intelligence israeliana prima di trasferirsi in America a ventotto anni. «Usa l’obiettivo dello smartphone per vedere una scritta straniera e tradurla istantaneamente, sullo schermo. È pensata per decifrare la segnaletica cittadina, i menù in lingue ignote e tante altre situazioni quotidiane di sopravvivenza all’estero». Sui cartelli funziona benissimo, e c’è effettivamente una dimensione magica in queste lettere che si trasformano sotto i vostri occhi in una sequenza comprensibile. Sui giornali è meno agevole, perché il testo è troppo appiccicato e se non vi muovete bene sulla pagina vi viene il mal di mare (mentre sui titoli è ok). Chi usa Android può addirittura scaricare il dizionario sul telefonino e non deve nemmeno spendere in connessione quando è all’estero. Altrimenti il meccanismo è quello di sempre. Translate acquisisce il testo e interroga il suo enorme database. Quando salta fuori una corrispondenza, ci sono anche le traduzioni relative. A quel punto traduce, o meglio rimpiazza l’espressione nella lingua ignota nell’equivalente in quella nota. Un gigantesco trova e sostituisci. All’inizio il database era poca cosa e i risultati rispecchiavano quella povertà. Col tempo gli hanno dato da mangiare miliardi di pagine, praticamente tutto il web e oltre, e siamo a oggi. «Una fonte straordinaria sono stati i testi dell’Unione europea, tradotti nelle ventiquattro lingue ufficiali» ammette grato Turovsky, soprassedendo che oggi Bruxelles è diventata il loro più acerrimo castigatore per vicende di monopolio. Ma dopo le fenomenali scorpacciate di questi anni, c’è ancora margine di miglioramento attraverso nuove letture? «Certo. Forse la crescita qualitativa non sarà rapida come lo è stata sin qui, ma restano vari aspetti da potenziare. I testi delle canzoni, per esempio, sono molto difficili da rendere. Così come le forme idiomatiche. Insomma, meno il testo è standard e più diventa metaforico, più la macchina soffre». Il problema più generale è poi che non tut- te le lingue sono ben rappresentate sul web. «Circa metà delle pagine è in inglese, sebbene gli anglofoni rappresentino solo un quinto della popolazione. Viceversa, tra le grandi, cinese e hindi sono sottorappresentate». Uno studio sulla diffusione dell’inglese nell’Impero di mezzo certifica che un terzo dei cittadini l’ha studiato, ma la stragrande maggioranza non lo padroneggia. È il mercato più promettente? «Di certo è un mercato enorme, ma a noi interessa soprattutto funzionare da ponte tra persone che prima non potevano comunicare e ora possono. Parlo di oltre mezzo miliardo di esseri umani ogni mese, che producono circa un miliardo di traduzioni al giorno». Numeri metafisici. Una quantità di sinapsi sociali che prima, semplicemente, non esis tevano per mancanza di recettori ling uistici. Ovviamente non è vero che non siano anche un’occasione di far soldi. Intanto per i dati che Google accumula. E poi quando Turovsky dice che «è tutto gratis per l’utente» omette che, senza le frasi prodotte proprio dagli utenti, Translate non esisterebbe. Ciò è ancora più evidente nella Community, l’ultimo progetto che gli è cresciuto intorno, ovvero volontari che valutano e affinano le traduzioni o semplicemente rimpinguano le scorte elettroniche di dizionari carenti. Tipo un gruppo di bangladesi che, in un giorno solo, è riuscito ad aggiungere settecentomila lemmi. «Qualcosa di simile è successo anche in Thailandia. Molti utenti kazaki, poi, si lamentavano che il nostro servizio non prevedeva la loro lingua. Abbiamo spiegato loro che non c’erano abbastanza testi tradotti in rete e così, quando un membro del loro governo ha fatto un appello in tv, nei giorni successivi sono arrivate centinaia di migliaia di traduzioni». L’Italia è nella top ten degli utenti di Translate, che non è esattamente un punto d’onore linguistico . Turovsky pesca una possibile spiegaz ione dalla sua autobiografia: in Russia sottotitolano i film, in Israele no, e lì tutti parlano inglese. Abbiamo un altro record, condiviso coi francesi: tradurre frammenti di discorsi amorosi, i cui picchi sono stati registrati intorno a San Valentino. Ci piace farci riconoscere. E ci riusciamo anche algoritmicamente. © RIPRODUZIONE RISERVATA