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 2015  maggio 24 Domenica calendario

NAZIONALE - 24

maggio 2015
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R2 Spettacoli
GINO CASTALDO
BOLOGNA
ORANDI HA LO SGUARDO SERENO di chi vive in un piccolo paradiso, un bellissimo parco a poca distanza da Bologna dove uccelli, piante e persone sembrano stare in pace col mondo. Il riposo del guerriero, parrebbe, ma il cantante è un guerriero che non riposa, corre tutti i giorni, lavora, e ora si rilancia come “capitano coraggioso”, a settembre, a fianco di Claudio Baglioni.
Dice Baglioni che al vostro primo incontro lei lo ha chiamato “Signora Lia”, come la sua prima canzone…
«Sì, è vero, ai tempi della Rca le cose si vivevano diversamente. Ci invitarono tutti, noi cantanti più famosi, a sentire i nuovi, non li conoscevamo. Lui mi colpì, ma non mi ricordavo il nome. Poi per me cominciò il periodo critico. Venivo da ventotto milioni di dischi venduti ma intanto stavano arrivando i cantautori, stava cambiando tutto. Con Claudio non ci vedemmo per un bel po’ di tempo. Fino agli inizi degli anni ’80: io presentavo la “Vela d’oro” a Riva del Garda, mi riaffacciavo, e lui lì presentò Strada facendo. Non abbiamo mai collaborato ma ci siamo incrociati spesso. L’apice fu il concerto di Malta, nel 2007, con lui e Cocciante, una sfida, io cantavo le canzoni di Baglioni, Cocciante le mie, e viceversa. Ci siamo divertiti da pazzi. Dopo quella serata abbiamo pensato che avremmo dovuto farlo in Italia. Quando vai a vedere il repertorio di Claudio ti rendi conto che è sterminato. Ora mi sto rileggendo tutti i suoi pezzi. Ma in realtà abbiamo cominciato parlando di altre cose, della vita, del suo impegno nel sociale, di come stava cambiando il mondo della musica, del nostro lungo passato pieno di cose. E poi si vede che è arrivato il momento».
C’è la sensazione di due protagonisti che s’incontrano dopo decenni di carriera. C’è dentro un pezzo della nostra storia…
«Ho cominciato nel 1962, giovanissimo, lui il grande successo l’ha avuto dieci anni dopo con Piccolo grande amore , ma è vero che ogni canzone è un pezzo di storia, niente evoca cola me una canzone, capita a tutti, ti ritorna il profumo, cosa era l’Italia, cosa siamo diventati, tre minuti e arriva l’emozione. Ti faccio un esempio: nel 1962 mi faceva impazzire Io che amo solo te, una canzone a cui sono rimasto sempre legato. Mi ricordo che c’era una ragazzina che mi piaceva da morire, allora io andavo al jukebox appena la vedevo arrivare e la mettevo, era H2, mi ricordo ancora i numeri. Mi ricordo tutto, com’era vestita, lei che arrivava e io tac… H2 e partiva la canzone».
Come la state immaginando questa avventura insieme?
«Credo anche mischiando le canzoni. Io sono più abituato alle collaborazioni, ho lavorato con Adriano, con Lucio, lui meno, ma poi alla fine col suo festival O’scià ha cantato anche lui con tutti. A me piace fare l’assist, il compagno di squadra, se Claudio canta Strada facendo e c’è un boato pazzesco, io non soffro, sono contento. Il problema è fare la scaletta. Claudio mi ha dato una lista di 40 pezzi miei e ce ne sono almeno 40 suoi. Poi a un certo punto mi dice: possiamo anche fare un omaggio alla canzone italiana, a partire da Modugno, Battisti. Io gli ho detto sì, ma è un altro spettacolo, le nostre dove le mettiamo? Diciamo che il progetto ha avuto molte evoluzioni e ancora ce le ha. Io gli ho anche proposto di prendere la chitarra e fare un botta e risposta coi nostri pezzi, di giocare. Spero che nasca anche una canzone nuova. Certo, non sarà mai come le vecchie perché non può avere cinquant’anni di promozione come l’hanno avuto E tu… o Un mondo d’amore , però sarebbe una traccia importante, e magari ti da una spinta in più».
Insomma, ci sarà improvvisazione?
«Spero proprio di sì, gliel’ho detto a Claudio, non dobbiamo essere troppo seri, per- ché poi lui ci tiene alla precisione, agli arrangiamenti, e ha ragione, ma a me piacerebbe che ci fosse anche libertà. E poi pensa, per esempio: La vita è adesso dura cinque e minuti e venti, io in quel tempo ne faccio tre di canzoni. Pensa ai nostri concerti, lui in tre ore aveva fatto trentuno canzoni, io in due ore e mezzo ne ho fatte quarantasette. Io quando ho fatto strofa e ritornello cambio».
È anche interessante pensare alla diversità delle storie. Morandi figlio dell’Emilia partigiana, Baglioni romano figlio di carabiniere… «Sì, è vero, mio padre era un ciabattino che vendeva l’ Unità, lui figlio di un carabiniere, e comunque siamo tutti e due di estrazione popolare. È che allora bisognava per forza dare un’etichetta, vedi Battisti che per anni fu ritenuto un fascista. In realtà Claudio è molto attento alle cose sociali, è stato uno dei primi a parlare del problema dell’immigrazione, lì a Lampedusa, ha scritto pagine incredibili».
C’è anche un Morandi che scopre i social…
«Il fatto è che io scrivo un diario da sempre, tutte le sere, ho pile e pile di quaderni, e allora questa idea del diario l’ho trasportata su Facebook, magari taglio un ramo e lo posto. Mi sono accorto che piace molto, tanto più se sono cose personali. Se faccio un post con la foto di mia moglie Anna che fa da mangiare arriva un milione di visualizzazioni, magari se metto che devo fare il disco non frega niente a nessuno. Anche quando è venuto a trovarmi Claudio: l’ho messo su Facebook ma con tono privato, parlando di un incontro con un amico che era venuto a trovarmi, e anche lì un diluvio. Alla fine è un piccolo giornale e io lo faccio quotidianamente».
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