Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 24 Domenica calendario

NAZIONALE - 24 maggio 2015 CERCA 32/33 di 64 R2 Cultura L’officina. Da non cancellare Se quella “P” oggi vuol dire “gomma” è anche grazie a grandi illustratori che in un secolo hanno fatto del marketing una vera opera d’arte Un volume ora li celebra Pirelli altro che calendario MICHELE SMARGIASSI QUI SI PARLA D-EL PNEUMATICO

NAZIONALE - 24 maggio 2015 CERCA 32/33 di 64 R2 Cultura L’officina. Da non cancellare Se quella “P” oggi vuol dire “gomma” è anche grazie a grandi illustratori che in un secolo hanno fatto del marketing una vera opera d’arte Un volume ora li celebra Pirelli altro che calendario MICHELE SMARGIASSI QUI SI PARLA D-EL PNEUMATICO . I professori di ortografia tengano pure in tasca la matita blu: si dice così, perché Pirelli ha sempre scritto così, fin dalle prime réclame, e Pirelli è il fondatore del lessico della gomma, in Italia, del suo dizionario visuale, sociale, antropologico e perfino grammaticale. Dunque, il pneumatico, punto e basta. Qui invece non si parla del Calendario Pirelli. Tutt’altro immaginario, quello: glamour, prestigio e tirature limitate… No, qui si parla dell’industria della gomma e dei suoi clienti che nel 1872, quando l’ingegner Giovanni Battista costruì «sul Sevesetto» quella prima fabbrichina che pareva una chiesa con la ciminiera, la gomma sapevano anche poco cosa fosse, soprattutto ignoravano a quante cose servisse oltre ad ammortizzare le ruote di bicicletta (per modo di dire: la camera d’aria, Dunlop la inventò solo quindici anni dopo), quindi bisognava istruirli, convincerli a comprare oggetti insoliti come tacchi di gomma, impermeabili di gomma, soprascarpe di gomma, palloni di gomma, pavimenti di gomma, cuffie da bagno di gomma, gomme per cancellare… Ecco, forse pochi sanno che il primo calendario targato Pirelli è del 1920, quarantatré anni prima del softcore patinato di The Cal, e Aldo Mazza vi disegnò bimbette intente a sgommare via gli errori ( ilpneumatico, chissà) dal qua- derno, impugnando quelle zollette morbide (e un po’ puzzolenti, va detto). Però lo capirono presto, i capi della Bicocca, che per spiegare al volgo le virtù inedite del caucciù non bastavano quei cataloghi ordinati che somigliavano a tavole dell’ Encyclopédie , intuirono che prodotti nuovi richiedevano suggestioni nuove, immagini nuove. E un po’ confusamente, ma anche genialmente, cominciarono a chiedere aiuto ai pittori, ai disegnatori, perfino ai poeti, e quanti bei nomi ci finirono dentro, da Depero a Dudovich a Guttuso a Treccani, da Vittorio Sereni (che di Pirelli fu un funzionario) ad Alfonso Gatto, addirittura a Ungaretti… Così iniziò un secolo di “arte al servizio del prodotto”, come scandisce senza troppe ambasce il sottotitolo del volume che raccoglie e racconta l’immaginario pneumatico italiano, Una musa tra le ruote, composto da Giovanna Ginex recuperando bozzetti, carte, stampati e gadget di oltre duecento autori e un’infinità di anonimi, nello storico “fabbricato 13” della Bicocca, per conto, ovviamente, della Fondazione Pirelli. Non una storia di mecenatismo ma di arte funzionale, che però si può leggere come una storia del gusto e della grafica. Certo Pirelli non è stato l’unico caso di creatività corporate in Italia, ma forse tra tutti ebbe il compito più difficile. Perché la gomma era materia tutto sommato umile, nata per pulegge e cavi, e faticava a darsi un’immagine di pregio e di fascino; oltretutto, pasta amorfa, la gomma non si può far vedere, si possono far vedere solo oggetti di gomma, ma di un impermeabile disegnato come fai capire che è gomma? E se non lo fai capire, come lo vendi? Una comunicazione difficile per una merce tutta da inventare. Gli stessi artisti poco ne sapevano (cosa diavolo è la gommapiuma?), allora raffinati illustratori come Boccasile o Veronesi, prima di applicarsi, venivano spediti a farsi un bel giro d’istruzione in officina, a respirare i fumi delle vulcanizzazioni e ad “accarezzare copertoni” per captarne il fascino misterioso. C’era però quella stretta parentela della gomma, in forma di ruota, col nuovo mondo dei motori, con quella nuova Nike di Samotracia che era la dea automobile dei futuristi, e fu su quel pedale che si cominciò a spingere, la gomma come ingrediente della velocità, come materia prima della modernità, «che si gonfia, che si allunga ritmicamente con sussulti pachidermici di meravigliosa nuvola addomesticata», così appunto Depero decantava paroliberamente la «gloria plastica» del primo tycoon italiano della gomma, «re di selve infinite di caucciù». Capirono anche, i capi delle vendite, che non si doveva più dire gomma e basta, ma Pirelli. Che il brand , diremmo oggi, doveva imporsi sulla merce. Serviva un marchio riconoscibile. Come sia nata la “P lunga”, però, resta un mistero. Comparve per la prima volta su un segnalibro aziendale nel 1907. Si dice fosse ispirata alla firma svolazzante del fondatore. Comunque era una buona idea, quell’occhiello stirato evocava l’elasticità, si poteva raddoppiare visivamente ed eufonicamente nella formula “Pneumatici Pirelli”, era senz’altro un logo e si faceva notare, colpì la fantasia della pittrice Sonia Delaunay, la moglie del cubista Robert, che la esaltò in un pastello del 1913, cambiando solo Pirelli con Pinelli. Ci vollero però anni e anni perché il marchio acquistasse la necessaria stabilità grafica che conosciamo, oscillando prima al vento di tutti i gusti, dal déco al modernista al futurista. Ma è la storia dell’immagine Pirelli che è così, precocemente consapevole (nel 1919 viene progettato già un museo storico aziendale e aperto un ufficio propaganda), ma anche ondivaga e tormentata. Artisti o agenzie pubblicitarie? Il dilemma si presentò presto, la grafica commerciale stava diventando una professione scientifica fra le due guerre, e i dirigenti dell’impresa manifestavano ogni tanto qualche insofferenza per le eccessive pindariche libertà degli artisti: «Troppo Picasso! Dobbiamo convincere clienti, non giurie di premi d’arte», dettavano le circolari del Servizio Propaganda, che dopo il pioniere Marcello Nizzoli cominciò a scritturare i guru della nuova scienza della comunicazione visuale, Albe Steiner, Bruno Munari, lo studio Boggeri… Ma questi avevano idee ancora più spiazzanti dei pittori, e quando nel 1954 Bob Noorda per un poster del pneumatico Inverno ne stilizzò l’impronta in una stella di neve qualcuno perse la pazienza, «ma questo olandese non ha mai visto un ghiacciolo appeso a un tetto?». Gli artisti, a un certo punto, vennero intelligentemente dirottati sul bime- strale Pirelli ( altra bella singolarità italiana questa, delle riviste tecnico-culturali brandizzate), che uscì per un quarto di secolo, dal ’48 al ’72, coniugando poesia e tecnologia, design e arte, grazie anche alla trasversalità culturale del “poeta ingegnere”, Leonardo Sinisgalli, il capo della comunicazione aziendale, strappato nel dopoguerra alla Olivetti. Era l’idea, oggi rimpiazzata dal marketing, di un’impresa che cercava uno specchio fatato, che chiamava attorno a sé (scrisse Alberto Pirelli nell’editoriale del primo numero) «uomini estranei al nostro ambiente», uomini di cultura e d’arte, perché la aiutasse a «sfuggire al fatale inaridimento del tecnicismo ». Nell’antro gommoso, tra polimeri e zolfo, Vulcano bramava ancora la sua Venere, prima che lei fuggisse su The Cal. © RIPRODUZIONE RISERVATA NOORDA E MUNARI SOPRA, IL BOZZETTO PER IL PNEUMATICO INVERNO DI BOB NOORDA, 1952. A DESTRA, LE CUFFIE PIRELLI,1929. SOTTO, LA PUBBLICITÀ DELLA SUOLA CORIA, DI BRUNO MUNARI, 1953 TESTA E BONINI È FIRMATA DA ARMANDO TESTA LA PUBBLICITÀ DEL PNEUMATICO STELVIO (1954) RAPPRESENTATO DA UN LEONE CHE “ARTIGLIA L’ASFALTO”, SIMBOLO DI CONTROLLO E ADERENZA AL TERRENO. NELLA FOTO GRANDE AL CENTRO, “UNA CATENA DI SUCCESSI”: LA PUBBLICITÀ DEGLI STELVIO DI EZIO BONINI (1954) DAMIOLI UN BOZZETTO FIRMATO VITALIANO DAMIOLI PER GLI IMPERMEABILI PIRELLI, 1956 IL LIBRO “UNA MUSA TRA LE RUOTE. PIRELLI: UN SECOLO DI ARTE AL SERVIZIO DEL PRODOTTO”, A CURA DI GIOVANNA GINEX (CORRAINI EDIZIONI, 448 PAGINE, 50 EURO), È IN LIBRERIA DAL 26 MAGGIO SCOPINICH A DESTRA “CAMMINATE PIRELLI” È LA PUBBLICITÀ DELLE SUOLE IN UN MANIFESTO DI ERMANNO SCOPINICH (1948) I PRODOTTI/2 QUI SOTTO, DA SINISTRA: SPUGNE DI GOMMA (1920-1921) PALLONE DA CALCIO (1928); SOPRASCARPE PER SIGNORA (1925); ARTICOLI PER LA PESCA SUBACQUEA (1963); CAVI ELETTRICI PER ALTA TENSIONE (1906); PNEUMATICI PER BICICLETTA (1939) E INFINE VARI TIPI DI PNEUMATICI PER AUTOMOBILI I PRODOTTI/1 QUI SOTTO, UNA SERIE DI PRODOTTI PIRELLI. DA SINISTRA: CINGHIE DI TRASMISSIONE (1928); GOMME PER CANCELLARE (1919); BORSE PER L’ACQUA CALDA (1953); IMPERMEABILI (1920-1921); PALLE DA GIOCO (1927); SUOLE E TACCHI (1915); CUFFIE DA BAGNO (1898); GUANTI DI GOMMA (1898); PAVIMENTI IN GOMMA (1912)