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 2015  maggio 23 Sabato calendario

VAROUFAKIS, FOTO E REGISTRAZIONI. TRAMONTO DELL’EROE ROMANTICO

Uno, nessuno, centomila Varoufakis. Il ministro «dal multiforme ingegno» che ha ridato smalto e greco pathos al grigiore bruxellese è ormai una maschera, un’idea, paradosso dell’intellettuale visionario che sogna di cambiare le dure leggi della politica. Il primo a dubitare di farcela, forse è proprio lui.
Marginalizzato nella trattativa con i creditori internazionali (ora guidata dal vicepremier Dragasakis e dall’economista Tsakalotos), isolato nel governo malgrado la fiducia mai ritrattata del primo ministro Tsipras, Yanis Varoufakis non appare più l’eroe mandato dal destino su una Yamaha 1300 – anche se ad Atene la speranza è che lontano dai riflettori stia preparando la battaglia finale.
Si dice «terrorizzato e sbigottito» per lo stato dell’economia greca e ancor di più per la «realtà parallela» che ha trovato in Europa, quella «narrazione sganciata dai fatti ma capace di cambiare di colpo l’atmosfera». Senza passare dallo sbigottimento, in fondo, difficilmente Marx avrebbe teorizzato l’alienazione nel capitalismo. A Marx, Varoufakis fa risalire «la prospettiva dalla quale guardo il mondo» e che accoglie in sé teoria del gioco e realtà virtuale, accademia e manovre finanziarie, conservazione e rivoluzione. La rivoluzione non sa ancora come farla.
Sono mesi, da quando con il voto di gennaio l’estrema sinistra di Syriza ha ricevuto dai greci il mandato di cambiare le carte sul tavolo del negoziato, che le istituzioni comunitarie accusano Atene di temporeggiare rinviando le riforme necessarie a sbloccare gli aiuti ed evitare la bancarotta. Varoufakis, a modo suo, concorda. «Continuo a negoziare il diritto di negoziare, nulla sfugge all’infinito negoziato». Surreale quanto il primo incontro con il collega tedesco Wolfgang Schäuble, in febbraio a Berlino. «Abbiamo convenuto di non essere d’accordo» disse il tedesco. «Per me neanche quello» rispose il greco. Mai più Schäuble sarebbe stato così ben disposto.
È l’inizio del percorso minato descritto dalla moglie artista, Danae Stratos, comparsa con Yanis nel criticatissimo servizio fotografico della rivista francese Paris Match – spensieratamente in posa sul loro terrazzo vista Acropoli mentre il Paese annaspa. «Non l’avessi mai fatto» commentò lui. «A ogni passo non sa dove mette i piedi» dice lei. Chi proprio non si fida è il capo dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijssebloem, la nemesi con gli occhiali, il primo ad aver denunciato le fughe di notizie sulle bozze non ufficiali spesso usate dalla parte greca per documentare all’elettorato gli sforzi del governo.
Il cambiamento comincia a marzo. Nei giorni del Consiglio dei capi di Stato e di governo e dell’incontro tra Tsipras e Merkel a Berlino – giorni di duri attacchi sulla stampa tedesca e insistenti voci di dimissioni – il ministro inflazionato si fa vedere sempre meno. Modera i toni, rimette la camicia nei pantaloni, tiene a bada l’indole da professore, non arriva più in ritardo alle riunioni – lasciandosi alle spalle la leggendaria irruzione con troupe tv al seguito durante un discorso di Mario Draghi. A Pasqua vola negli States per incontrare Barack Obama e la direttrice del Fondo monetario Christine Lagarde. Cerca sponde, l’allarme liquidità cresce. A fine aprile il pasticcio dell’Eurogruppo di Riga. I giornali scrivono di insulti al ministro greco definito dai colleghi «inaffidabile» e «perditempo». Varoufakis nega e un mese dopo rivela al New York Times di aver registrato l’incontro per potersi difendere da quella «realtà parallela» che non gli dà tregua. Dijsselbloem s’infuria. Tutto da rifare. Più che Ulisse, ricorda Sisifo.