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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

TERREMOTO IN NEPAL: IL BORSINO DEGLI AIUTI


Il governo del Nepal vuole mettere le mani sulla valanga di donazioni che arrivano da tutto il mondo per le vittime del terremoto del 25 aprile (7.365 morti e 14.366 feriti dieci giorni dopo il sisma). Il premier Sushil Koirala ha annunciato che il denaro deve transitare nel Fondo di emergenza dello Stato. E alcune dogane nepalesi applicano il dazio agli aiuti, nonostante le smentite governative. Così governi stranieri e ong temono un uso politico dei fondi e malversazioni. Ma, al di là delle strumentalizzazioni politiche, chi sta aiutando le vittime?
L’India è il Paese più impegnato nei soccorsi con mille uomini sul terreno, tre ospedali da campo, 13 aerei per gli aiuti e otto elicotteri per raggiungere i villaggi isolati. A ruota segue Israele, che ha inviato due Boeing con 260 specialisti per le ricerche e 95 tonnellate di aiuti. La Cina ha promesso 3 milioni di euro per le prime emergenze e inviato 168 uomini fra medici e militari. Gli Stati Uniti hanno garantito 9 milioni di euro e 45 tonnellate di materiale d’emergenza. L’Inghilterra è il donatore più generoso, con 30 milioni di euro. L’Ue ha stanziato 19,6 milioni. L’Italia ha messo a disposizione appena 400 mila euro, ma ha inviato un posto medico avanzato e una squadra di 36 persone.
Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello alla comunità internazionale per donare 372 milioni di euro a favore del Nepal. Il Programma alimentare mondiale (Onu) sta raccogliendo 104 milioni per sfamare un milione e mezzo di persone. L’Unicef ha già inviato 120 tonnellate di aiuti. In Nepal stanno operando otto équipe di Medici senza frontiere. Sette ong italiane del cartello Agire sono già mobilitate e raccolgono fondi. Save the children punta a raccogliere nel mondo 44 milioni di euro, coinvolgendo un milione di donatori.
Due squadre dei corpi speciali americani, che si addestravano in Nepal con le forze di sicurezza locali quando è arrivato il terremoto, sono state subito impiegate nell’assistenza logistica e medica all’esercito di Katmandu. Immediata anche la gara di solidarietà fra nepalesi in patria e all’estero. Emblematico il caso di Lokesh Todi, un nepalese rientrato da pochi mesi a Katmandu dopo una laurea negli Usa in gestione di catastrofi globali. Alla prima scossa ha lanciato un crowdfunding, cioè una raccolta di fondi su Internet: in soli sei giorni è arrivata a 104 mila euro.
(Fausto Biloslavo)