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 2015  maggio 04 Lunedì calendario

MAHINDRA L’INDIANO TRA STRAPPI E ATTESE ALLA CONQUISTA DI PININFARINA

Mahindra fa l’indiano, dice qualcuno. Un bel gioco di parole per spiegare la situazione di stallo attuale. Dopo la manifestazione di interesse verso Pininfarina, storica carrozzeria di Torino, Anand Mahindra, presidente e Ceo del gruppo Mahindra, starebbe prendendo tempo. D’altronde comprare è un’arte fatta di corteggiamenti spinti e ritrosie improvvise, sorrisi e bracci di ferro. Se poi l’acquirente è un asiatico, le trattative si colorano di usi e cerimoniali non sempre facili da governare per un occidentale. Certo, Anand ha conseguito la laurea e un master in business administration nel prestigioso campus di Harvard. Ma non per questo ha tagliato le radici con il suo paese e la sua tradizione. E’ un indiano atipico, “la faccia del nuovo capitalismo indiano”, come scrive l’Economist, in bilico tra passato e futuro. I suoi studi sono lo specchio della sua indole: una formazione a metà strada tra visioni umanistiche e affari. Si è laureato infatti in filmografia e la sua passione è la fotografia per la quale, secondo India Tv News, è molto portato. Ama il Blues e finanzia il Mahindra blues festival, che ha luogo ogni anno a Mumbai, dove ha la sede principale il gruppo. Eclettico, come lo sono tutti i grandi leader, oggi si dice multitasking, capace di passare in una frazione di secondo da un sms a un conto economico. Basti dire che è uno dei cinque dirigenti al mondo di aziende “non tech” che utilizzano maggiormente i social media per business, terzo in una classifica guidata da Richard Branson, patron della Virgin. Su Twitter conta 844 mila follower. Secondo Hootsuite, la piattaforma globale di gestione dei network online, ha una audience globale, attratta dai contenuti e dal suo stile: «I suoi messaggi sono un’intrigante combinazione di lavoro e di tempo libero, di informazione e di impegno; parla della sua azienda, ma anche di cinema, e persino dei politici americani. Risponde e condivide i messaggi di chi lo contatta. Un esempio per molti dirigenti, uno dei pochissimi che mostra il suo vero volto”. Si è messo in evidenza, per esempio, per la sua accesa partecipazione al dibattito sulle bande di rapitori e stupratori di Delhi, arrivando a segnalare, per esempio, app utili per mandare sms di emergenza in caso di pericolo. Da fine marzo, quando è emerso l’interesse estero verso il gruppo di Torino, il titolo Pininfarina ha guadagnato in Borsa il 50%. Pochi giorni prima dell’assemblea, qualche settimana fa, è schizzato all’improvviso dell’11%, quando si sono riaccesi i rumor sulla vendita a Mahindra. Sarebbe un matrimonio d’affari per entrambi, senza ombra di dubbio. Per Pininfarina, che con un socio finanziario forte potrebbe riscattare il debito verso le banche, ritrovando tutta la serenità necessaria per avviare un piano di crescita alla grande, soprattutto sui mercati asiatici in grande sviluppo. Per Mahindra, invece, l’acquisizione apporterebbe expertise nel design, nella progettazione e, fiore all’occhiello, un brand consolidato: «Proprio quello che serve a Mahindra per fare breccia nei mercati occidentali», commenta Romeo Orlandi, economista, tra i fondatori del think tank Osservatorio Asia e grande studioso dei fenomeni di globalizzazione. «L’India è uno dei più grandi produttori di auto al mondo, con 4 milioni di autoveicoli - racconta Orlandi - la Cina, poi arriva a 20 milioni, 23 se contiamo i veicoli commerciali. Ma a noi occidentali viene in mente un marchio asiatico di automobili? Solo quelli del Giappone e della Corea. India e Cina, invece, come anche la Tailandia e la stessa Malesia, sono produttori emergenti che hanno il loro punto di forza nella quantità ma non nella qualità. E’ nello scarto tra questi due poli, ancora forte, che va inquadrato l’interesse per l’acquisizione di Pininfarina, ovvero l’acquisizione di capacità di sviluppo di progettazione e design, di creare modelli innovativi, di stupire e conquistare il mercato». Tra i competitor, Tata, un nome indiano che è riuscito a crescere anche in occidente. Ma fa fatica ad affermare il suo di marchio. Mahindra, come Tata è tra i brand più influenti dell’India. Ma vuole fare il grande salto, diventare un brand globale. E le automobili sono la punta di diamante, uno dei prodotti di lusso capaci di lasciare il segno: come le Ferrari e le Bmv. In particolare Anand ha sviluppato una particolare sensibilità verso l’italian lifestyle. Una passione che ha in comune con la moglie una laurea in comunicazione a Boston- dalla quale ha avuto due figlie che vivono a New York. Le rare volte che Anand è venuto in Italia ha fatto in modo di far coincidere la sua permanenza con le fashion week, come quella di Milano, fanno notare alla sede Mahindra di Ariccia, in provincia di Roma, che è anche il quartier generale per l’Europa. Non si tratta di un caso. Sua moglie, Anuradha, che lo accompagna sempre, è infatti ideatore, editore e direttore di una serie di riviste di moda e design, tra le quali Verve, membro onorario di Fondazione Altagamma, l’associazione italiana e Iq, the Indian Quarterly, ispirato al New Yorker. Magazine considerati laboratori e fucine di talenti indiani nel fashion e nell’arredamento di interni. L’automotive è solo uno dei business nel portafoglio del gruppo Mahindra, una conglomerata da 15,4 miliardi di dollari di fatturato. Una conglomerata che nel corso del tempo ha messo radici in molteplici settori: dall’agroalimentare all’aerospazio, passando per l’Information Technology e la finanza. Con l’arrivo di Anand ai vertici del gruppo di famiglia, la diversificazione ha subito un’accelerata e Anand ha esteso il marchio anche nei settori, promettenti per un paese in via di sviluppo, del real estate e dell’ospitalità. Anand ha iniziato la sua carriera in Musco, Mahindra Ugine Steel Company, il business dal quale ha mosso i primi passi la famiglia. Il capostipite era suo nonno, Jagdish Chandra Mahindra. Nel 1945 fonda con il fratello e il socio Malik Gulhamm Mohmmed una società di trading dell’acciaio, Mahindra & Mohammed, basata a Mumbai. Nel 1948, dopo la separazione di India e Pakistan, Mohammed si trasferisce in Pakistan. E Mahindra e Mohammed è diventata Mahindra & Mahindra, che poi è diventato il nome della divisione auto. L’acciaio e la siderurgia sono il business dove operano le più importanti famiglie indiane. E l’India, quarta al mondo nella siderurgia, dovrebbe balzare al secondo posto secondo le stime, trainata dallo sviluppo di infrastrutture e immobili, che assorbono enormi quantitativi di acciaio e alluminio, altro asset chiave dell’India. Ma queste famiglie, ricche e politicamente influenti, sono piene di liquidità e hanno iniziato a fare shopping all’estero. Tata ha comprato Jaguar e Land Rover, due ammiraglie dell’automotive inglese. Arcelor Mittal numero uno mondiale dell’acciaio, è stata tra i primi a farsi avanti sull’Ilva. Di Mahindra si era parlato ai tempi del salvataggio della fabbrica Fiat a Termini Imerese, poi naufragato. Mahindra ha corteggiato anche Malaguti e poi Bertone. Non se n’è fatto nulla. Nel frattempo hanno comprato in Francia il 51% di Psa, Peugeot-Citroën, nozze finalizzate inizialmente al salvataggio della divisione due ruote del gruppo. La divisione auto (che si occupa anche di barche e aerei) ha in portafoglio un’ampia gamma di vetture, motocicli e trattori. Tra i suoi prodotti più noti, il Suv Scorpio, oggi in via di sostituzione con una nuova generazione di fuoristrada. Pininfarina, che ha realizzato per gli asiatici una serie di progetti, l’ultimo dei quali riguarda proprio un fuoristrada dal taglio occidentale, sembra il partner perfetto per le strategie del futuro.
Paola Jadeluca, Affari&Finanza – la Repubblica 4/5/2015