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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

SICILIA, STOP ALLA SPESA ALLEGRA

Vuoi vedere che Alessandro Baccei sta davvero mettendo a posto i conti della Sicilia, che era finita, come la Grecia, sull’orlo del default? Baccei è il supertecnico che Graziano Delrio, lo scorso anno ancora alla vicepresidenza del Consiglio, inviò sull’isola in una sorta di commissariamento della giunta Crocetta riguardo le faccende di bilancio. Rosario Crocetta era con le casse vuote (mancavano 3 miliardi per chiudere il bilancio di previsione 2015), rimpastò la sua giunta e diede all’uomo di Delrio l’assessorato all’Economia.
Baccei è stato dirigente della società di consulenza Ernst & Young, per la quale ha seguito soprattutto clienti pubblici (Finmeccanica, Sogel, Inail, Comune di Roma, Regione Abruzzo). Ma ha lavorato anche per Mediaset, Galbani ed Eni. Adesso ha in mano la patata bollente dei conti della Regione Sicilia ed è riuscito nell’impresa che sembrava quasi impossibile di fare approvare un bilancio 2015 di rientro dal debito. Del resto Baccei ha il fiato sul collo di Delrio, che lo ha indicato, e di Matteo Renzi, che non vuole buchi neri da risanare. Dice: «Serve ancora un anno e mezzo per mettere i conti completamente a posto ma siamo sulla buona strada, la manovra che abbiamo varato ci consente di risparmiare tra i 200 e i 300 milioni».
Tra i provvedimenti «la cosa più importante è l’allineamento delle pensioni dei regionali a quelle degli statali - spiega Baccei - che consentirà un risparmio di 100 milioni di euro nel prossimo triennio. I tagli sui forestali, invece, (che comunque rimangono in 1.250, ndr) permettono di recuperare una quarantina di milioni. Poi ci sono altri 19 milioni quest’anno e 45 il prossimo di tagli alla politica». Questi ultimi sono però ancora una spina nel fianco di Baccei, la delibera che conteneva il taglio agli stipendi di sindaci, assessori, consiglieri comunali è stata rinviata, ma il supertecnico non molla.
Intanto nel suo paniere ha messo la centrale unica degli acquisti e il piano di riordino delle partecipate. E, sulla scia di Renzi, tagli ai permessi sindacali, riduzione delle piante organiche degli assessorati, sforbiciata al trattamento economico e normativo spettante in caso di fruizione di congedo parentale in modo da livellarlo a quello previsto per i dipendenti statali, tetto massimo di 140 mila euro l’anno per i presidenti delle partecipate. Tagliate anche le consulenze e la comunicazione istituzionale. In particolare vi sarà un drastico ridimensionamento dei dipendenti regionali: è prevista una finestra fino al 31 dicembre del 2016 che consente di andare in pensione con la legge pre-Fornero, subendo comunque un taglio del 10% di una pensione che sarà calcolata sulla media degli ultimi cinque anni. Dovrebbero essere un migliaio (su 16mila dipendenti della Regione) ad abbandonare il lavoro.
Baccei vuole fare in fretta ad affrontare anche gli altri problemi: «Ho fissato per lunedì l’arrivo in commissione Bilancio del piano che riguarda le partecipate. Nel frattempo una norma già approvata in Finanziaria ci permetterà di riordinare anche tutti gli enti regionali con un decreto. Inoltre intendo recuperare il ritardo nell’avvio della riforma delle Province». Lo sforzo per arrivare all’approvazione della Finanziaria non è stato lieve. Come per l’Italicum, la fronda dentro il Pd ha tentato l’assalto. Così in Sicilia si è formata, sulla Finanziaria, un’alleanza simile a quella che a Roma sostiene il governo: il Ncd (insieme al Mpa) hanno salvato il provvedimento, con una parte del Pd contro. Il consigliere pidiessino Antonello Cracolici è stato tra i più attivi nel lanciare siluri contro la manovra: è riuscito a far passare l’emendamento ’sblocca-concorsi’ nonostante il piano di riduzione del personale, oltre ad avere presentato un emendamento (bocciato) contro il blocco dei rinnovi contrattuali dei dipendenti regionali.
Con la sua proposta (ma il Pd non è a favore della giunta e a supporto del suo assessore all’Economia?) è riuscito a scalfire il ferreo blocco che Baccei aveva costruito per fare dimagrire l’organico regionale. Cracolici canta vittoria: «L’emendamento che ho presentato, approvato dall’assemblea, prevede di poter mettere a concorso un numero di posti pari al 10% dei prepensionamenti. Così la Regione potrà ’ringiovanire’, potranno entrare forze fresche e motivate, laureati con competenze adeguate alle nuove esigenze amministrative e burocratiche». Il che significa circa 300 assunzioni all’anno. Il superassessore, sconfitto ai voti sull’emendamento, ha promesso che vigilerà e comunque sottolinea di avere tagliato 500 posti di dirigente. In questo anno e mezzo che Baccei ancora si è dato per riequilibrare i conti dovrà mettere mano pure alla faccenda dei precari, sono 3200 solo quelli di Palermo legati ai piani di inserimento professionale e costano 27 milioni l’anno.
L’assessore al Lavoro, Bruno Caruso, ha tentato di intervenire ma l’assemblea lo ha bocciato e Baccei ha preferito per ora rinviare. Ai primi controlli voluti dalla Regione sono saltati fuori oltre 250 «furbetti del precariato» che ricevono un sussidio non dovuto. Baccei allarga le braccia. Non si può vincere su tutto. Le opposizioni lo pungolano. Lui risponde che mai nell’isola si era tentata un’operazione così impegnativa. La politica in Sicilia costa circa 5 milioni e 100mila euro all’anno, un milione in più rispetto al consiglio comunale di Milano. Secondo l’assessore basterebbe l’accorpamento dei Comuni per sgonfiare una parte non secondaria di spesa: il suo piano prevede di eliminare 1.231 consiglieri comunali e 674 poltrone da assessore. Quanto basta per avere già fatto nascere, solo all’annuncio, la rivolta della Sicilia politica.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 7/5/2015