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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

GREXIT? SI PUÒ BENISSIMO EVITARE

[Intervista ad Andrea Montanino] –
Anche a Wall Street torna la paura di un’uscita della Grecia dall’Eurozona. Ma per Andrea Montanino, ex del Fmi e oggi responsabile del Global Business and Economics Program del think tank Atlantic Council, una simile eventualità non è affatto inevitabile. Dopo tutto Atene ha bisogno di poco più di 7 miliardi di euro per rimborsare il Fondo Monetario.
E successivamente di avviare un programma di rilancio dell’economia.
Domanda. Alla riunione di primavera del Fmi, il presidente della Bce Mario Draghi ha detto che Eurolandia è più equipaggiata rispetto al 2010 e al 2012 a fronteggiare un collasso della Grecia, ma si tratta di un territorio acque ancora inesplorate. Quanto scontano i mercati una simile ipotesi?
Risposta. Draghi ha ragione, la situazione oggi è del tutto diversa da quattro anni fa. L’Europa ha varato un meccanismo di supervisione unica sulle banche e un programma per rilanciare la crescita. Irlanda e Portogallo sono usciti bene dai programmi di salvataggio, la Spagna ha ristrutturato le banche e l’economia è migliorata. Inimmaginabile qualche anno fa. Ma la Grecia resta un’incognita. Un eventuale incidente può creare tensioni.
D. Quante possibilità ci sono che la Grecia esca dall’euro?
R. Anzitutto sarà un vero incidente, non lo vuole nessuno. Non i greci, consci che porterebbero l’economia al collasso e passerebbero anni in recessione.
Non gli europei. C’è un chiaro disegno per tenere insieme tutti i Paesi dell’euro. Ma in tutte le negoziazioni può capitare un evento inatteso. Oggi le trattative non vertono sul futuro della Grecia ma sull’opportunità di prestarle o meno 7,2 miliardi di euro per ripagare i debiti al Fmi e i titoli di Stato in scadenza.
D. La risposta del Fondo è che può aiutare i Paesi a patto che il loro debito sia sostenibile. La Commissione Ue stima che il debito di Atene è tornato sopra il 180% del pil. Serve una ristrutturazione?
R. Non penso. Gran parte del debito di Atene è in mano a istituzioni pubbliche, ovvero Fmi e Paesi europei. Questi ultimi cominceranno a essere rimborsati tra cinque o sei anni. Questi titoli non sono in scadenza, tranne una piccola porzione da rimborsare questa estate. Il vero tema è ricostruire l’economia greca, non solo attraverso le riforme. Ad Atene servono da cinque a dieci anni per rilanciare l’economia. Non succederà l’anno prossimo.
D. Eppure per alcuni una ristrutturazione è inevitabile. Atene non ha soldi per onorare i creditori e le riforme da sole non bastano.
R. Rimborsare il Fmi è obbligatorio, è il creditore principale. Si contano su una mano i Paesi che non ne sono stati capaci, ma non hanno niente a che fare con la Grecia che è uno Stato avanzato. Lo fecero anche gli argentini dopo il default del 2001. Pensare di ristrutturare quel debito è impossibile. Bisogna guadagnare tempo: dare ad Atene la liquidità necessaria per rimborsare il Fondo affiancando un programma di medio-lungo periodo di rilancio dell’economia.
D. Quando dice dare liquidità si riferisce all’Ue o alla Bce?
R. No, ai partner europei, che potrebbero sedersi a un tavolo con il governo greco e pensare al futuro. Ci si concentra troppo sulle prossime settimane e non sul lungo termine.
D. Eppure ci sono delle scadenze: l’Eurogruppo dell’11 maggio, i 760 milioni da ridare al Fmi il 12 maggio. Se Atene non rimborserà la tranche dovuta, cosa succederà? Si aprirà un contenzioso legale?
R. Quando il Fmi non viene rimborsato, parte una procedura. Dopo che il dg Christine Lagarde ha informato i direttori esecutivi del Fondo, ovvero dei Paesi membri, la Grecia ha 30 giorni per pagare. Una volta passati, il debito sarà considerato non onorato. Come hanno detto le agenzie di rating, essendo un debito verso un’istituzione internazionale e non verso il mercato, non dovrebbe scattare il default. Che significa poco visto che i titoli greci non li compra nessuno.
D. Come mai dopo cinque anni si è al punto di partenza? Altri Paesi come il Portogallo e l’Irlanda ci sono riusciti. La Grecia invece ha perso il 26% del pil, la disoccupazione è alle stelle, la domanda interna ai minimi. Chi ha sbagliato?
R. Credo sia la conseguenza di diversi fattori. Da un lato le misure richieste per risanare i conti pubblici sono state troppo dure, ma credo che il problema principale sia stato, e sia tuttora, la scarsa capacità amministrativa.
La Troika discuteva le riforme con il governo, il parlamento le votava ma poi mancavano i decreti attuativi. Nessuno li faceva. È la grande differenza con un Paese come il Portogallo che ha saputo realizzare i cambiamenti, riacquistando più rapidamente la fiducia sui mercati.
D. La paura è che la Grecia crei un precedente e dimostri che l’Europa è incapace di gestire le crisi. Il rendimento del Btp è tornato sopra l’1.8%, mentre il Def stima un tasso medio dell’1,6%. La ripresa europea e quella italiana potrebbero perdere vigore?
R. L’effetto di un rialzo dei tassi non sarà rilevante sul 2015, anche perché l’Italia ha allungato la durata del debito. Ma come ricorderà, quando è stato presentato il Def si discuteva se il deficit/pil fosse al 2,5 o al 2.6%, perché c’era un risparmio sulla spesa per interessi rispetto a quella prevista. Tale risparmio potrebbe assottigliarsi e il tesoretto di cui tanto si è parlato potrebbe sparire. Mi faccia però aggiungere che, in uno scenario eccezionale di tassi ai minimi se non negativi, il rendimento del Btp sotto il 2% è ancora molto basso.
D. A novembre del 2014 ha definito il futuro dell’Italia poco sereno e radioso. Direbbe lo stesso oggi?
R. Il mio ragionamento era basato su un’ottica di lungo periodo: l’invecchiamento della popolazione rende più difficile gestire i bilanci pubblici, aumenta le spese sanitarie e riduce i lavoratori attivi. Rispetto a sei mesi fa, il governo ha fatto cambiamenti importanti come il Jobs Act e la riforma elettorale, ma ancora più lo sarà la riforma del Senato che renderà i processi decisionali più veloci. Sono ottimista sull’Italia, il futuro è più sereno. Il Paese dispone di risorse uniche e grandissime aziende. Dobbiamo solo deciderci a renderlo più semplice. Togliamo le zavorre e l’Italia ripartirà. Lo spirito è quello giusto.
D. Dopo i suoi cinque anni di esperienza al Fondo Monetario, quale consiglio darebbe ai suoi ex colleghi?
R. Un programma per la Grecia che inizi il prossimo luglio e termini nel 2025. Evitando le visite ad Atene ogni tre mesi, che finiscono per bloccare il governo.
Silvia Berzoni, MilanoFinanza 7/5/2015