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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

PORNOCOPIA – IL FUTURO DEL SESSO VIRTUALE? FARLO DA DENTRO


Da bambina Ela Darling si è innamorata dell’idea della realtà virtuale. Erano gli anni a cavallo del nuovo millennio: Johnny Mnemonic e il Nintendo Virtual Boy erano già acqua passata, e la realtà virtuale, da sconvolgente concetto fantascientifico si era trasformata prima in banale barzelletta e infine in sbiadita nota a piè di pagina. Nonostante ciò, Darling era un’avida lettrice e giocatrice di Dungeon&Dragons, e l’idea di perdersi in un mondo avvolgente – «Rendere visibile ciò in cui io già mi perdevo leggendo», come racconta lei – le appariva non solo stimolante, bensì anche un’idea romantica.
Darling, com’è abbastanza naturale per una lettrice assidua, ha conseguito un master ed è poi diventata bibliotecaria. Più sorprendente, forse, è il fatto che abbia poi abbandonato quel lavoro per mettersi a recitare in film porno (sì, questo l’ha ufficialmente trasformata in una bibliotecaria sexy. Piccolo particolare divertente: Ela si è fatta tatuare sulla schiena la classificazione decimale Dewey dei libri di Harry Potter).
Dopo aver girato per alcuni anni scene di bondage, video in cui si masturba e film lesbo, Darling è intervenuta alla fiera del videogame E3 (Electronic Entertainment Expo) a Los Angeles e ha collaudato un prototipo dell’Oculus Rift, il casco che ha dato inizio all’attuale rivoluzione nel campo della realtà virtuale.
«La prima cosa che penso quando vengo a sapere di una nuova tecnologia è questa: “Com’è che posso scoparci?”, o magari: “Come posso usarla per fare in modo che la gente mi veda scopare?», dice. «Di solito, se ci si pensa a fondo, un qualche modo lo si trova».
Con Oculus, non ha dovuto spremersi tanto le meningi: ora, a 28 anni, è impegnata a crearsi una carriera da direttore creativo (e attrice protagonista) di VRtube, il nascente studio di produzione online e centro per la distribuzione di porno nella realtà virtuale. Ma non sono soltanto le attrici più intraprendenti a pensarla in questo modo. Ogni volta che all’orizzonte si profila una nuova tecnologia, qualcuno interviene in una discussione online per dire: “Non vedo l’ora di scoprire come verrà utilizzata dall’industria del porno”. In effetti, dai videoregistratori ai filmati in streaming, passando per i cd-rom, praticamente tutte le piattaforme di intrattenimento domestico degli ultimi 40 anni sono state rese popolari o, addirittura, inaugurate da aziende capaci di aiutare il pubblico a guardare gente che faceva cose strane. In generale, il sistema va bene a tutti: se una metà delle videocassette in vendita negli Stati Uniti alla fine degli Anni 70 non fosse stata vietata ai minori, il videoregistratore avrebbe impiegato molto più tempo a raggiungere la massa critica dei primi Anni 80.
Va detto, però, che non è mai esistita una tecnologia adatta alle applicazioni sessuali quanto la realtà virtuale. Certo, il videoregistratore ha portato i contenuti sessualmente espliciti dai cinema alle case, ma la realtà virtuale promette di eclissare persino quel passaggio. Storicamente, l’eccitazione è sempre stata un qualcosa di esterno. Nelle xilografie erotiche, nei dvd, persino negli spettacoli via webcam, c’è una cornice che si tratti di un volume cartaceo, del contorno di una polaroid o di uno schermo entro la quale facciamo esperienza di ciò che ci eccita. La realtà virtuale non è semplicemente l’ennesima iterazione del tema. Non si limita a modificare la cornice. La cancella. Ci consente di esistere all’interno dell’ambiente (proiettato). La vera domanda è: che cosa faremo nell’Anno Uno?
Ecco, intanto, quello che non faremo: non faremo come Il tagliaerbe. In altre parole, non indosseremo tute aptiche integrali, non saliremo su giroscopi e non ci trasformeremo in baluginanti forme postumane che sfuggono alle proprie catene corporee per fondersi l’uno con l’altro in una trascendente e liquida singolarità. La ragione principale per cui la realtà virtuale ha preso finalmente piede nella coscienza dominante sta nel suo carattere light e a basso impatto ambientale: un casco con visore, un qualche sistema per il controllo degli input e l’audio. Nel futuro prevedibile la realtà virtuale sarà solo una questione di audio e video; se quel che desiderate è un feedback tattile localizzato, vi toccherà pensarci da soli.
Gli ultimi due anni, nel campo dello sviluppo dei giochi virtuali, sono lastricati di progetti abbandonati che avevano nomi come Sinful Robot (robot peccaminoso). Il problema, però, come hanno scoperto i loro sviluppatori, è che la creazione di un videogioco fluido a 360° è già difficile. Se lo si vuole rendere stereoscopico e foto-realistico, il problema si complica in misura esponenziale. I giocatori possono tollerare la rozzezza delle espressioni del viso in giochi d’azione, come Far Cry 4, perché è un aspetto secondario rispetto al fine del videogame (cioè sparare a tutto). Di certo, le raffigurazioni del sesso possono essere eccitanti anche in bassa fedeltà. Ma se si cancella il proscenio, come avviene con la realtà virtuale, all’improvviso quei segnali portano dritti alla valle dell’improbabile, quel luogo estremamente de-erotizzante in cui le cose sembrano vagamente reali, ma non del tutto.
Nella stragrande maggioranza, i “giochi per adulti”, compatibili con la realtà virtuale, sono derivazioni di Second life, con corpi che sembrano bambole gonfiate di cera (e cerettate). Se la versione virtuale del telefono o il sesso su FaceTime non sono ancora soddisfacenti – perché è vero che ci si vede a vicenda, ma si devono comunque usare le cuffie – la prospettiva più promettente sembra essere quella dei video 3D a 360°, come quelli che qualcuno sta già usando per produrre esperienze di concerti virtuali o come i progetti presentati nell’ambito del programma New Frontier al Sundance dello scorso gennaio. Detto questo, ciò che invece faremo sarà trovare qualcosa di virtualmente (chiedo scusa) inaudito nel campo della pornografia: l’intimità. A condurci verso questa nuova frontiera sarà la “presenza”, quel fenomeno che si verifica quando la latenza del riconoscimento facciale, la qualità dello schermo e la magia dell’elaborazione si combinano per indurvi a credere di esistere in uno spazio virtuale invece di essere davanti a uno schermo che si estende oltre il vostro campo visivo. Se il cervello se ne convince, il corpo risponde di conseguenza... con tutte le reazioni che ne derivano.
Insomma, se siete in un corridoio buio su un’astronave aliena e sentite un fruscio alle vostre spalle, vi cagherete sotto dalla paura, con tanto di tachicardia e reazione fight-or-flight (combatti o fuggi). Se siete a casa di un musicista mentre lui strimpella su un pianoforte, con un cane addormentato alle vostre spalle sul parquet, vi sentirete sereni. La questione cruciale è se anche il contenuto sessuale nella realtà virtuale sarà in grado di indurre questa reazione nel cervello rettiliano.
Ela Darling è sicuramente curiosa di saperlo. L’anno scorso ha scoperto di avere colleghe a lei affini quando ha letto su Reddit che alcune di loro volevano fare pornografia virtuale. È stata invitata nel Maryland lo scorso aprile. Come in una vera startup tecnologica, ha scoperto che erano tutti studenti universitari sui vent’anni. Sta di fatto che hanno girato una scena di prova nella stanza della casa dello studente.
Invece di investire in una serie di costose e sofisticate videocamere Red, si sono orientati verso il fai-da-te, unendo con il nastro adesivo due GoPro per creare un’immagine stereoscopica in 3D con un ampio campo visivo spendendo poco (anche in questo caso, proprio nello stile delle startup tecnologiche, Darling indossava all’inizio un costume da bagno da C1-P8, il droide di Guerre stellari.) Al suo ritorno a Los Angeles, ha ricevuto un’email da parte di uno degli studenti: aveva finito di elaborare la scena di prova ed era così sbalordito dal risultato che voleva proporle di entrare nella società. «È un tipo di pornografia che non si è mai visto», scriveva. «È come guardare una persona in carne e ossa».
Il sottotesto sembrerebbe indicare che è vero quel che dicono i detrattori del porno, cioè che disumanizza gli attori. La pornografia, però, è sempre stata una questione di fantasia. Per anni l’industria per adulti si è rivolta alla fantasia producendo un genere, detto Pov (acronimo di point of view, “punto di vista”), in cui è un attore a reggere la cinepresa o c’è un operatore che riprende da sopra le sue spalle, in modo da creare l’illusione che l’osservatore sia parte attiva più che guardone. Sotto questa illusione, però, c’è la consapevolezza del fatto che si tratta, appunto, di un’illusione. Nella realtà virtuale la cornice che segna il distacco scompare e, in effetti, lo stesso avviene con la fantasia. Non ci si limita più ad assistere alla scena, la si abita. Essendo presenti, però, si è coinvolti in quel che succede.
Le cose, in questo modo, diventano più eccitanti? Più imbarazzanti? Dipende dalla scena. Dipende dalla persona che guarda. Ma questa possibilità di mettere l’osservatore sullo stesso piano della fantasia che questi vuole vedere promette di sconvolgere il mondo della pornografia in un modo che forse nessuno ha considerato. Quasi un anno dopo le riprese della scena di prova, Darling e il suo partner sono al lavoro per perfezionare una nuova versione della loro apparecchiatura di ripresa – non hanno ancora trovato l’elusiva immersione a 360° e al momento di andare in stampa stavano girando scene per un rilancio primaverile del loro sito (http://www.darlingela.com) – ma il binario è quello giusto: lei ne è sicura ed è pronta per la rivoluzione. «Per anni ho riempito interi quaderni di idee pornografiche», dice. «E per molte di queste, me ne rendo conto, la semplice cinematografia non basta. Ci vuole un approccio completamente nuovo».