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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

CARE FIGLIE, VI DICO

[Intervista a Marisa Bruni Tedeschi] –
Una donna dalle sette vite, capace di cavalcare un destino complesso. Ma anche generoso, «soprattutto grazie agli incontri straordinari che mi ha riservato», dice sorridendo Marisa Bruni Tedeschi.
Forse sta pensando ai fasti degli anni all’Eliseo, quando il protocollo è stato adattato, varie volte, per farla partecipare agli eventi ufficiali. «Nessun presidente della Repubblica aveva avuto, nella storia di Francia, una suocera come me», aggiunge. Oppure ai suoi amori, «intensi e passionali, che non ho più voglia di nascondere».
Gli 85 anni, compiuti il 1° di aprile, non li ha festeggiati perché impegnata sul palcoscenico, al Teatro dell’Opéra di Parigi. Per la prima volta nella vita non era lì come pianista, ma nei panni della madre di sua figlia Valeria, splendida Petra von Kant, nella pièce più crudele di Rainer Fassbinder. «Mi sono divertita tantissimo a recitare, niente a che vedere con l’angoscia che mi hanno sempre procurato i concerti. Prima di andare in scena mi sono arrivate delle benefiche scariche di adrenalina, a nutrire quell’anima d’artista che c’è in me e che non mi tradisce mai».
La sua agenda, ora, è tutta prenotata per i prossimi mesi: prima per la promozione del film Nos Femmes, del francese Richard Berry, in cui recita un piccolo ruolo, poi per volare a Livorno e lavorare, sempre con la figlia maggiore, nel prossimo lungometraggio di Paolo Virzì, La pazza gioia. Nel frattempo, ha un appuntamento quotidiano di due ore con il pianoforte, due volte alla settimana con un coach in piscina, legge copioni per una futura performance teatrale («senza Valeria», precisa), oltre a dedicare tempo alla scrittura (in francese) delle sue memorabili memorie. E, con l’estate che si avvicina, si aggiunge anche un appuntamento fisso e, quasi, mitologico: le vacanze a Cap Nègre, la «residenza storica che ha visto sfilare tutto il vissuto della mia famiglia. Le gioie e i dolori, i momenti tristi e quelli esaltanti».

Fra quanto riaprirà le porte della sua bellissima dimora?
«Da quando io e mio marito (Alberto Bruni Tedeschi, ndr) l’abbiamo acquistata nel 1971, è sempre rimasta aperta. Ci abbiamo passato il Natale scorso, con tutta la famiglia e gli amici più cari. Per Pasqua ci è andata Carla, con marito e figli. Ma in estate la faccenda si complica, perché da quando mio genero, Nicolas Sarkozy, è entrato a far parte della famiglia, le due sorelle non hanno più amici in comune. Dunque, a luglio lascerò la casa a Carla, trasferendomi nel mio appartamento a Crans-Montana, mentre agosto lo passerò lì con Valeria, Oumy (6 anni, di origine senegalese, ndr) e il piccolo Noé, adottato in Vietnam, che ha compiuto un anno in questi giorni».
Ha appena finito di recitare in teatro 
Le lacrime amare di Petra von Kant nel ruolo di una madre che ignora completamente la vita della figlia. A lei sarebbe mai potuto accadere?
«Penso proprio di no. Con Carla e Valeria siamo legate a doppio filo: un trio indissolubile, capace di parlare di tutto. Siamo punti di riferimento fondamentali l’una per l’altra».
E con i nipoti esiste lo stesso feeling?
«Con Aurélien (il figlio che Carla Bruni ha avuto da Raphaël Enthoven, di 13 anni, ndr) ho un rapporto privilegiato, di grande intensità. Ci capiamo al volo, è un adolescente di un’intelligenza rara. A volte parla come un professore, si interessa di paleontologia e di evoluzione della specie umana, mi coinvolge nelle sue ricerche, è la persona che mi diverte di più al mondo. Con gli altri c’è affetto, ma l’intensità è diversa: sono ancora piccoli, anche se Oumy, a volte, ragiona come se avesse quarant’anni. Ha una verve incredibile, balla, canta, è sempre allegra. L’anno scorso Valeria ha passato due mesi in Puglia e l’ha iscritta alla scuola elementare del paesino dove vivevano: si è integrata benissimo. Giulia (che Carla ha avuto da Sarkozy nel 2011, ndr) e Noé sono troppo piccoli, non cercano ancora la nonna».
Che coraggio, Valeria, ad adottare un altro figlio da madre single.
«Ha sempre desiderato avere dei bambini e ha fatto la scelta giusta ad adottarli, anche da sola. Meriterebbe un uomo al suo fianco, ma non è una donna facile, ha tutti i tormenti del mondo. Invece Carla si sta preparando a tornare all’Eliseo».
Quindi è felice della scelta del marito di ributtarsi nella battaglia per le Presidenziali francesi del 2017?
«Ama quell’uomo a tal punto che ne accetta tutte le scelte con entusiasmo. Ma questa volta non abbandonerà la sua carriera d’artista. Anche se dovesse ridiventare première dame continuerà a comporre musica e fare concerti. Una donna deve coltivare le proprie passioni, anche quando vive una bella storia d’amore come la sua. È importante per il suo equilibrio personale».
Pochi mesi fa ha deciso di lanciarsi nella scrittura delle sue memorie, che usciranno a breve in Francia. Perché questa urgenza di raccontarsi pubblicamente?
«Al dialogo sincero che ho sempre avuto con le mie figlie mancavano informazioni sulla mia difficile infanzia, vissuta tra il fascismo, la guerra e la perdita di mio padre a 13 anni, un fatto di cui non sono mai riuscita a parlare. Quando ho iniziato a leggere loro qualche pagina, mi hanno incoraggiato a continuare».
Rivelerà anche altri segreti?
«Sì. Ho avuto una relazione intensa e passionale con il pianista Arturo Benedetti Michelangeli. Mio marito ne era al corrente, sapeva che non poteva fare niente per impedirmi di vederlo, ci amavamo troppo. È stata una storia d’amore grandiosa, indimenticabile, anche se è durata solo due anni».
È avvenuta prima o dopo quella con Maurizio Remmert, padre biologico di Carla?
«Maurizio è stato un amore di gioventù, mentre quando ho conosciuto Arturo ero una donna matura, avevo 48 anni, lui 58. L’amore è nato lentamente, ci siamo visti per tre anni senza che succedesse niente: ci bastavano gli sguardi e i pensieri. Sapevamo che fra di noi non sarebbe stata una storia banale, perciò eravamo cauti. Poi è scoppiata la passione e ci ha travolti».
Anche lui era sposato?
«Sì, con una donna che aveva conosciuto da ragazzo, a Brescia, e da cui viveva separato pur non avendo mai divorziato. Si è rifatta viva solo quando lui è morto (nel 1995, ndr). Aveva molte donne, ma con me è stata una cosa diversa, talmente intensa da cancellare tutte le altre».
La sua vita è un romanzo pieno di colpi di scena. Cosa succederà adesso che ha compiuto 85 anni?
«Adoro la mia età perché relativizza tutto e mi fa vedere il passato con indulgenza. Nel mio libro ci saranno tutti i capitoli più importanti: dall’infanzia al matrimonio con Alberto, non sempre facile a causa del suo carattere molto conflittuale e complesso, capace di scenate inenarrabili che venivano dimenticate dopo appena dieci minuti. Poi la mia vita come madre, la perdita del mio amato figlio Virginio (nel 2006, ndr), gli incontri, gli amori. Non tralascerò nulla».
Che cosa pensano di lei le sue figlie?
«Mi accusano spesso di essere una persona senza rimorsi e sensi di colpa. Non è vero. Semplicemente, sono una donna pratica, che non ha voluto complicare le cose con divorzi o abbandoni. Con Valeria e Carla abbiamo sempre discusso e litigato, ma lo scambio è sempre stato aperto e intenso. Purtroppo non è stato lo stesso con Virginio, un ragazzo chiuso, che ha avuto un difficile rapporto con il padre».
Che cosa le piace di più di se stessa?
«Il mio ottimismo, la fiducia nel futuro che non mi ha mai abbandonato, anche nei periodi più cupi della mia esistenza. Per questo, quando ci penso, mi dispiace molto non avere più molto tempo da vivere. Ma facendo bene i conti mi potrebbero rimanere ancora una decina di anni, giusto il tempo per vedere Aurélien diventare un giovane uomo. A volte mi immagino il suo charme, la galanteria e l’intelligenza e mi sento felice. Gli altri nipoti dovrò accontentarmi di vederli solo da adolescenti. Peccato che la vita degli esseri umani sia così corta».