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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

IL SECONDO LAVORO SI FA PER HOBBY

Berlino
Povera Germania, vista da fuori. Sei milioni lavorerebbero per un salario da fame, 450 euro al mese, e questo spiegherebbe il successo dell’industria. Ma sono i minijobs, lavori minori, una sorta di «nero» legale, non si pagano tasse e il datore versa i contributi a forfait. Qualcuno ne abusa, ma sono una minoranza.
Alla vigilia del 1° maggio la France Press ha rilanciato una notizia con un titolo tendenzioso: «Environ 2 millions d’Allemands forcés de cumuler au moins deux emplois», circa 2 milioni di tedeschi obbligati a svolgere almeno due lavori. E si evince che sono costretti dalle necessità economiche, e che qualcuno farà anche più di due lavori per mantenere se stesso e la famiglia.
I dati erano stati diffusi dall’Ufficio federale di statistica, ma le analisi e i commenti sono ben diversi. Anche l’agenzia di notizie francese comunica cifre non molto allarmanti, i 2 milioni del titolo rappresentano il 5% dei lavoratori, il 5,4% sono donne e il 4,6 uomini. La fascia d’età che denuncia la percentuale più alta è quella dai 35 ai 44 anni (il 5,8%), seguita dai lavoratori tra i 45 e i 54 anni (il 5,5%). Molto meno tra i giovani, il 3% fino ai 15 anni, e gli anziani, il 2,5% oltre i 65 anni. Dato scontato perché di solito si è già in pensione, e in Germania non è mai stato vietato svolgere un’attività pur essendo a riposo. Ma in questo caso non si può parlare di secondo lavoro. La percentuale di quanti svolgono una doppia attività è salita del 13% in confronto al 2011 ma ciò non sembra dovuto alla crisi, né alla politica di Frau Merkel.
«Si ritiene generalmente che un secondo lavoro dipenda da necessità economiche», dichiara Karl Brenke, economista del Diw, il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung, l’Istituto tedesco per la ricerca economica, «ma il caso tedesco sembra differente. La casistica è complessa, l’aumento si registra soprattutto tra quanti hanno già un’occupazione principale ben pagata». Ci sono anche lavoratori indipendenti che svolgono un’altra attività, una volta terminata l’occupazione principale. Inoltre i doppi lavori si registrano in massima parte nelle zone industriali più ricche e a piena occupazione, piuttosto che nelle zone disagiate. Infine, la media delle ore lavorative nella seconda attività non supera le 8,5 alla settimana. Non tante, dunque, da procurare un reddito importante. Si arrotonda magari monetizzando un hobby, e per avere qualche euro in più per spese extra. Non per comprare generi alimentari o pagare l’affitto, con buona pace della France Presse.
La fondazione Hans-Böckler, vicina ai sindacati, ha svolto un’altra indagine. I secondi lavori sono svolti anche da quanti hanno un’attività a tempo ridotto, ma non per loro volontà. È il caso soprattutto delle madri di famiglia, che per badare ai figli vogliono una metà giornata libera e poi arrotondano a casa, senza orari fissi. In Europa i secondi lavori sono in genere più diffusi che in Germania, che occupa la metà classifica. Per esempio in Danimarca, altro paese certamente non disagiato, la percentuale è quasi doppia. In proporzione alle ore di lavoro extra, i tedeschi sono addirittura in fondo alla graduatoria. In Grecia le ore del secondo lavoro sono in media 18. Mancano i confronti con l’Italia, ma noi forniamo statistiche sempre in ritardo, e poco attendibili.
Roberto Giardina, ItaliaOggi 6/5/2015