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 2015  maggio 03 Domenica calendario

“ZERO PROCLAMI, GRANDI RISULTATI ECCO LA FIRMA DI ALLEGRI”

[Intervista a Fabio Capello] –
Scudetto al primo tentativo: Max Allegri ha imitato Antonio Conte. Ma, per restare al passato più recente, anche Fabio Capello, con la differenza che il tricolore vinto sul campo l’ex di Milan e Roma se lo vide revocare da Calciopoli. Si somigliano, però, questi due titoli distanti 10 anni: portano la firma di tecnici arrivati alla Juve dopo totem del calibro di Lippi e Conte e accolti non bene, da ex «nemici».
Conferma, Capello?
«Sì. Come Allegri, trovai un po’ di contestazione. Mi aveva voluto la società, ma i tifosi avevano dei dubbi. C’era, e c’è, un solo modo per farli ricredere: lavorare, pedalare, fare risultati. Andò bene».
Si aspettava una Juve così dominante dopo le tre stagioni di Conte, trionfali ma usuranti?
«No, perché pensavo di vedere una concorrenza più agguerrita. Soprattutto Roma e Napoli, ma anche l’Inter. Invece, è stato tutto troppo facile. Brava la Juve, ma gli altri hanno deluso».
Un voto ad Allegri?
«È stato molto bravo. Senza fare proclami, ha saputo cambiare e mettere in pratica le sue idee».
Anche lui è entrato nel ristretto albo di chi ha vinto con due club diversi. Nel Dopoguerra l’avevano fatto solo Bernardini, Liedholm e Trapattoni.
«Bella consacrazione. Importante, perché dimostra il valore di un tecnico e la sua capacità di adattarsi a diverse realtà».
Lei, però, resta l’unico ad essersi imposto sul campo in tre posti diversi...
«La cosa mi rende molto orgoglioso».
In Italia, peraltro, è da un po’ che vincono i soliti: 5 volte l’Inter, ora 4 la Juve con un Milan in mezzo. È una serie A monotona?
«C’è poco ricambio, in effetti. Ma noioso è stato soprattutto questo campionato. Gli altri, almeno fino a un certo punto, erano stati più combattuti».
Grazie alla Champions, la Juve sta avviando un circolo virtuoso: i soldi dell’Uefa aumenteranno il gap con il resto d’Italia?
«Il rischio c’è, eccome. Per evitarlo, le rivali non devono ripetere gli errori di quest’anno. La Roma era lì e poi ha vinto 3 partite su 15, il Napoli per un po’ è addirittura sparito».
A proposito di soldi: per Marotta può essere il momento giusto per vendere Pogba e magari rinforzare la squadra?
«Pogba è un ottimo giocatore ed è stato decisivo al pari di Tevez e Pirlo, ma 100 milioni sono davvero tantissimi. La Juve deve valutare che qualche suo uomo-chiave non più giovanissimo avrà un anno in più e, quindi, guardarsi intorno. Ultimamente, peraltro, sul mercato ha sempre dimostrato di sapere fare scelte giuste».
Se parte Tevez è un problema oppure gente come Cavani e/o Dybala non lo farebbe rimpiangere?
«Sarebbe un problema vero. Lui fa tanti gol ma è anche un trascinatore. Sa dare la scossa quando la squadra magari è un po’ addormentata».
Pirlo non smette di fare magie. Quanto può durare?
«Andrà ancora avanti. Basta saperlo misurare, utilizzarlo nelle partite che contano. Uno come lui, io lo terrei sempre».
E Buffon?
«Può diventare eterno come Zoff. Anche lui è stato fondamentale in questo scudetto».
A Montecarlo, però, la Juve aveva una media over 31, la più vecchia della sua storia europea. Può essere un allarme?
«In prospettiva, sì. Non certo per il campionato, ma per la Champions».
È forse la difesa ad avere più bisogno di una rinfrescata?
«No, perché i difensori sanno sempre come arrangiarsi, tra malizia ed esperienza».
Pensa anche lei che il Real Madrid sia il miglior rivale possibile nella semifinale di Champions?
«Non vedo molte differenze fra le tre. Sono tutte fortissime, ma anche loro dovranno stare attenti alla Juve. Ha tanti uomini di qualità. E giocare da “cenerentola” può aiutare: sei più libero, rendi di più».
Crede davvero che il calcio italiano si sia risvegliato?
«Un anno fa dissi che mi sembrava sulla strada giusta. Sono stati scelti giovani interessanti, l’Europa League è stata affrontata con più serietà. Ora lì ce la giochiamo alla pari con tutti. In Champions, anche per ragioni finanziare, restano invece 3-4 club davanti».
Vedere però una Fiorentina tutta straniera e un Napoli col solo Mesto titolare non è bello, vero?
«È il segno dei tempi».
La Juve, nel 2006, è stata la sua ultima panchina italiana. Davvero nessuna nostalgia di casa?
«Confermo: nessuna».
C’entrano anche gli ultrà?
«Lo dissi anni fa che il nostro calcio era in mano loro. Non ho nulla da aggiungere, specie dopo quel che s’è visto nel derby».
Roberto Condio, La Stampa 3/5/2015