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 2015  maggio 03 Domenica calendario

I ROBOT MINACCIANO IL LAVORO POCO QUALIFICATO

C’ è una domanda che da qualche tempo corre tra scienziati, sociologi, economisti. Dopo che, nelle economie avanzate, milioni di posti di lavoro sono andati persi per la concorrenza cinese, saranno i robot i prossimi killer dell’occupazione? La tentazione sarebbe rispondere che saranno i robot cinesi. La International Federation of Robotics ha calcolato che nel 2013 in Cina siano stati venduti 36.560 robot industriali, di gran lunga il maggiore mercato: il Giappone si è fermato a 25.110, il Nord America a 22.414, la Corea del Sud a 21.307, la Germania a 18.297, l’Italia — sesto mercato — a 4.701. La risposta sarebbe però semplicistica: il dibattito sull’effetto che robot e automazione avranno sull’occupazione è tutt’altro che risolto .  Uno studio appena pubblicato dalla banca Ing-DiBa ha calcolato che in Germania le nuove tecnologie minacciano di sostituire nei prossimi anni 18 milioni di lavoratori su 31 milioni di posti presi in considerazione dallo studio. Non solo nell’industria: tre milioni su 3,5 nei lavori d’ufficio, per esempio; 50 mila su 78 mila nel settore di agricoltura e pesca; 471 mila su quattro milioni nelle professioni accademiche; persino nei lavori che comportano una funzione di leadership, lo studio prevede che 157 mila posti spariranno, su un milione e 380 mila considerati.
   Succederà proprio così? Altri studi arrivano a considerazioni diametralmente opposte. Un lavoro pubblicato poche settimane fa da George Graetz e Guy Michaels — due professori di Economia europei che hanno raccolto dati su robot e occupazione in 14 settori industriali di 17 Paesi per il periodo 1993-2007 — ha rilevato che i robot industriali accrescono la produttività del lavoro e della fabbrica ma spingono anche la crescita dei salari. «Mentre i robot industriali non hanno effetti significativi sul totale delle ore lavorate — sostengono i due autori — c’è qualche evidenza che riducano l’occupazione dei lavoratori a bassa qualificazione e, in misura minore, anche dei lavoratori a media qualificazione». Graetz e Michaels calcolano che, al 2007 , l’Italia fosse il secondo Paese europeo per numero di robot per milione di ore lavorate: 2,5 , contro i quasi 4,5 della Germania. Ma avvertono di non fare dell’automazione la causa della disoccupazione. La difesa c’è: lavori di più alta qualità e lavoratori più qualificati. Discussione importante, che continuerà per anni.