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 2015  maggio 04 Lunedì calendario

Notizie tratte da: Daniele Fortini, Nadia Ramazzini, La raccolta differenziata, Ediesse Roma 2015, pp

Notizie tratte da: Daniele Fortini, Nadia Ramazzini, La raccolta differenziata, Ediesse Roma 2015, pp. 436, 15 euro.

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• «I rifiuti aspettano, sono pazienti. Non come i passeggeri in attesa dell’autobus. Se l’autobus non arriva, gli utenti se ne vanno, prima o poi. I rifiuti no. Aspettano, ma marciscono, puzzano, attraggono insetti e roditori, danno vita a vermi e batteri. Possono inquinare l’acqua come l’aria e il suolo».

• «La raccolta differenziata è la prima e fondondamentale azione di un processo industriale complesso e articolato orientato alla sostenibilità ambientale, come alla protezione della salute umana, alla preservazione degli ecosistemi e anche alla convenienza economica».

• La raccolta differenziata dei rifiuti è un dovere civico. Come lo è fermarsi a un semaforo rosso o portare il casco alla guida di uno scooter. È un dovere civico verso noi stessi, a tutela della nostra salute e di quella dei nostri figli, delle generazioni che verranno. È una responsabilità che ci assumiamo al cospetto di un pianeta che abbiamo ferito, per egoismo e presunzione, nel momento in cui abbiamo sfruttato tutto ciò che ci è servito, senza alcun ritegno e, spesso, senza scrupoli. La raccolta differenziata è la modalità che usiamo per recuperare materiali riciclabili, rigenerarli e riusarli, per evitare di continuare a rapinare materie prime e risorse naturali esauribili.

• La raccolta differenziata è uno dei parametri per misurare il livello di qualità dei servizi e di qualità della vita di un territorio e spesso è associato alla valutazione del «grado di civiltà» di una popolazione.

• Ogni anno l’Italia produce circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e ben più di 90 milioni di tonnellate di rifiuti speciali.

• L’Italia è l’unico paese europeo nel quale le politiche di recupero di materia dai rifiuti fanno esclusivo riferimento alle percentuali di raccolta differenziata e non a quelle di effettivo recupero.

• Per misurare le percentuali di rifiuti effettivamente riciclati e davvero recuperati si dovrebbe misurare anche il livello di responsabilità e capacità di tutto l’apparato produttivo che quei rifiuti li riceve, li seleziona, li tratta e li valorizza ovvero li smaltisce.

• I costi della raccolta dei rifiuti urbani in Italia si aggirano intorno ai 4 miliardi di euro all’anno.

• La raccolta differenziata dei rifiuti urbani è parte di un ciclo industriale ed economico che non nasce nelle nostre case, ma molto prima. Nasce dalle scelte dell’apparato produttivo, dal suo interesse a suscitare e soddisfare consumi, dal suo modo di concepire il confezionamento e l’imballaggio delle merci, di organizzarne la distribuzione capillare, di trarre economie e vantaggi dal circuito del riuso, del riciclo e del recupero.

• Alla fine dell’Ottocento, in Toscana, sul monte Amiata, il predicatore Davide Lazzeretti (1834-1878) fondò un movimento (chiamato «giurisdavidico»). Nel suo manifesto metteva al primo posto il divieto, per gli abitanti di Arcidosso, di gettare i rifiuti dalle finestre di casa sulla pubblica via.

• «Nun ce li portate via, ce simm’ affezziunati».
(Cartello messo dai napoletani nel 2008 sul più grande cumulo di rifiuti urbani mai visto al mondo in una strada cittadina)

• Ogni essere vivente del pianeta Terra genera rifiuti. Quelli del proprio corpo, innanzitutto. Basta pensare che l’80% della «polvere» che si deposita nelle nostre abitazioni è costituita dalle nostre cellule epiteliali morte. Poi ci sono i rifiuti procurati dalle proprie attività e dal soddisfacimento dei propri bisogni. Il nostro stesso corpo è destinato a diventare un rifiuto, prima o poi, anche se la nostra civiltà respinge questa semplice verità.

• Già nell’Atene di Aristotele, i rifiuti più impegnativi, di cui la città doveva liberarsi, erano i rifiuti di imballaggio, che costituivano la maggior parte dei residui delle attività urbane.

• Decine di schiavi erano dedicati alla rottura «scientifica» delle anfore da smaltire e accatastare con cura, per ottimizzare lo spazio ed evitare crolli o smottamenti.

Nell’antica Roma i metalli, ma anche le urine umane, ricche di ammoniaca, utilizzate per il lavaggio della lana grezza o per smacchiare i tessuti, oppure le deiezioni animali depositate sulle strade, che si raccoglievano per farne letame vengono raccolti e recuperati.

• Con Giulio Cesare nell’«Editto di Eraclea» è bandito il primo appalto pubblico «per l’igiene dell’Urbe» che ha a oggetto la pulizia delle vie e la raccolta dei rifiuti che vengono poi portati in discariche al di fuori della cinta muraria della città. I costi di quel primo servizio pubblico sono ripartiti tra l’amministrazione pubblica e i frontisti proprietari di case, modello che sarà diffuso in tutto l’Impero negli anni seguenti e che resterà intatto fino alla sua caduta.

• Con la discesa dei barbari le città italiane subirono un rapido spopolamento e degrado che durerà secoli. La consapevolezza che l’igiene delle città potesse avere relazione con la tutela della salute pubblica, evitando le epidemie di tifo, colera e peste arriverà dopo quasi un millennio.

• Nel 1839 a Vienna viene introdotto l’obbligo della raccolta dei rifiuti alle famiglie e ai commercianti imponendo la consegna ai contenitori, dislocati su carri trainati da cavalli, che si spostavano nelle piazze e lungo le vie cittadine. Già nel 1923 disponeva già di tre grandi garage e la raccolta dei rifiuti urbani era già un servizio offerto, meccanicamente, a tutta la città.

• Nel 2014 Vienna ha superato il 33% di raccolta differenziata e dispone in discarica soltanto il 7% di rifiuti inertizzati, cioè le scorie di combustione e le polveri di abbattimento fumi prodotte dagli impianti di incenerimento.

• Negli ultimi dieci anni in Italia abbiamo interrato 180 milioni di metri cubi di rifiuti urbani, l’equivalente del volume impegnato da tutti gli edifici esistenti in una città come Firenze.

L’obiettivo europeo è quello di ottenere entro il 2025 il riutilizzo e il riciclaggio di almeno il 70% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio. Dal 2025 non dovrebbero più finire in discarica materiali riciclabili come plastica, carta, metalli, vetro e rifiuti biodegradabili e il ricorso all’incenerimento dovrebbe essere scoraggiato dagli Stati membri per quei rifiuti che possono essere riciclati attraverso una modalità tecnicamente ed economicamente possibile ed sostenibile dal punto di vista ambientale.

Secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss) nel 2013 in Italia vivono 10,6 milioni di persone che consumano, mediamente, circa 15 sigarette di tabacco al giorno, 58 miliardi di cicche all’anno. Nella sola città di Roma (5% della popolazione italiana) si può dedurre che ogni anno vengono gettate oltre 2 miliardi e mezzo di cicche di sigaretta con un apporto inquinante delle cicche significativo: il processo di degradazione naturale dura due anni al suolo e fino a cinque anni in mare.

• I pannolini e gli assorbenti igienici «usa e getta» che, dagli anni 70, hanno sostituito quasi completamente il vecchio panno di cotone, costituiscono circa il 3% dei rifiuti urbani italiani, un po’ più di 800.000 tonnellate all’anno.

• La produzione pro capite annua di rifiuti urbani in Italia nel 2013 è stata di 487 kg.
(Ispra, Rapporto Rifiuti Urbani 2014)

• Le venti Regioni italiane hanno venti differenti Piani regionali di gestione dei rifiuti urbani e tra i quasi 9.000 Comuni del nostro paese si riscontrano migliaia di regolamenti comunali ognuno diverso dall’altro.

• Fino agli anni cinquanta del XX secolo, il prelievo dei rifiuti domiciliari avveniva manualmente. Il netturbino, spesso caricandosi un bidone di latta o un sacco di iuta sulle spalle, bussava alla porta di casa e le massaie gli consegnavano gli scarti del giorno precedente. Quel bidone, mediamente, poteva contenere fino a 100 kg di rifiuti. Il quintale, infatti, era considerato il peso che un operaio (carbonaio, portuale, edile) poteva sopportare e trasportare sulle spalle.

Il primo inceneritore al mondo, unicamente dedicato ai rifiuti, fu costruito a Manchester nei primi decenni dell’Ottocento

L’Italia è ai primi posti al mondo per il riciclo del legno proveniente dallo smantellamento e trattamento di rifiuti ingombranti (mobili, arredi, suppellettili ecc.) e ai primi posti in Europa per il riciclo di cartone, vetro, alluminio e rifiuti organici.

• Il decreto Ronchi disciplina la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi e introduce il «Sistema Conai» (come detto, il Consorzio obbligatorio nazionale imballaggi). Per la prima volta si applica nel nostro paese il principio europeo «chi inquina paga», mai considerato fino a quel momento. L’imballaggio, una volta giunto al destinatario, che sia all’ingrosso come al dettaglio o presso il consumatore finale, sarà inevitabilmente un rifiuto di cui liberarsi e potenzialmente inquinante e dunque, chi lo ha prodotto dovrà farsi carico della responsabilità di evitare il pericolo di inquinamento e degli oneri relativi a questa particolare gestione.

• L’Italia è classificata, dall’Organizzazione mondiale della sanità (Who, World Health Organization), al quinto posto, nel panorama internazionale, per qualità e quantità di acqua potabile disponibile per la sua popolazione. Tuttavia, il nostro paese è il primo al mondo per il consumo pro capite di acque potabili imbottigliate nella plastica. Ogni anno produciamo e utilizziamo 1,25 miliardi che vanno poi intercettate, trattate e smaltite.

• Una scatola di cartone degrada in circa 9 mesi, una cassetta in legno verniciato degrada in circa 13 anni, un barattolo in banda stagnata (latta) degrada in circa 50 anni, una lattina in alluminio degrada in circa 200 anni, una bottiglia o flacone o shopper degradano in un tempo compreso tra 100 e 1000 anni, una bottiglia di vetro degrada in un tempo indeterminato, forse millenni.

• Il Comune di Pèccioli (Pisa) ha risanamento un vecchio sito per farne una discarica di proprietà del Comune (51%) e di ben 600 famiglie residenti nel territorio (40%), caso unico in Europa. Un modello di partecipazione attiva della popolazione e di sostenibilità ecologica ed economica.

• I paesi «virtuosi» sono considerati quelli che massimizzano il recupero di materia ed energia penalizzando le discariche, quelli «arretrati» massimizzano l’impiego di discariche e hanno basse percentuali di recupero, sia di materia che di energia.

• In alcuni paesi (Argentina, Giappone, alcuni Stati degli Usa e altri) la tassa per la gestione dei rifiuti viene pagata dai contribuenti con la bolletta per i consumi elettrici che include la voce di tasse dovute al Municipio per l’igiene ambientale della città (in Argentina la bolletta elettrica include anche i consumi idrici). In questo modo, chi non paga la bolletta si trova disattivato il servizio di erogazione dell’elettricità e il tasso di evasione o elusione è davvero più basso.

• Quando la distanza tra l’abitazione (o il negozio) e la campana è maggiore di 150 m è più elevato il rischio che il vetro venga gettato in modo improprio o in contenitori di altri rifiuti o abbandonato in strada. La distanza di 300 metri tra una campana e l’altra garantisce che il cittadino più distante non debba percorrere più di 150 m per depositarvi, correttamente, i rifiuti in vetro.

• La città di Amsterdam dal 2007 ha attuato una politica «zero waste» che le ha permesso di ridurre la produzione dei rifiuti del 30% e di raggiungere il 100% di recupero sia mediante la trasformazione in energia di oltre 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno sia recuperando materie prime e metalli preziosi come ferro, rame e alluminio dai rifiuti inceneriti.

• In gran parte del centro storico di Firenze i rifiuti possono essere gettati, per tramite di bocchette che si affacciano sulla strada, in contenitori interrati, posizionati sotto la sede stradale. Il vantaggio, oltre che estetico (sono scomparsi i cassonetti di superficie), è soprattutto funzionale, perché i contenitori interrati possono essere molto più capienti di quelli di superficie, possono essere svuotati anche soltanto se colmi e sono estratti e ricollocati da un sistema di caricamento idromeccanico (a braccio telescopico) che quasi azzera il rischio di infortuni per i lavoratori.

«In Giappone, nel villaggio di Kamikatsu (Tokushima), il sindaco Kasamatsu Kasuichi, nel 2003 ha imposto ai 2.042 abitanti (18 per km2) la raccolta differenziata «rifiuti zero spaccato». I cittadini, furono obbligati a farla e il servizio pubblico di raccolta fu abolito. I rifiuti organici dovevano essere selezionati in casa e ogni famiglia doveva produrre compost da utilizzare nel proprio giardino o cortile o nelle fioriere invasate. Tutto il resto dei rifiuti doveva essere portato all’isola ecologica (avendo tolto le etichette dalle bottiglie, lavato e asciugato ogni rifiuto, smontati i giocattoli e gli oggetti plurimateriali in casa propria) e gettato in 34 diversi contenitori (c’era anche quello per le sole penne biro, per i rasoi monouso, per i lacci per le scarpe, le chiusure «lampo» degli indumenti ecc.). A Kamikatsu, dal 2003, non si producono rifiuti e, secondo un sondaggio del 2008, il 60% degli abitanti si dichiara ora soddisfatto. Per il 40%, invece, il sistema non va: genera molto traffico (inquinante) per recarsi all’isola ecologica, molto consumo idrico per lavare tutti i rifiuti da consegnare ed energia per asciugarli, non tutti gli abitanti curano la compostiera in modo adeguato e i rifiuti del vicino distratto puzzano e disturbano anche nelle case di chi, invece, segue la decomposizione batterica dei propri rifiuti putrescibili con attenzione e disciplina».

• Nella gestione dei rifiuti le uniche e potentissime lobbies che sono ingrassate in danno della comunità e dell’ambiente, sono state quelle criminali legate alla camorra e alle mafie, agendo per il proprio tornaconto criminale con attività nefaste, distruttive e talora irrimediabili, i cui effetti saranno pagati per generazioni. Si pensi al dramma della cosiddetta «Terra dei fuochi», la porzione di territorio tra Napoli e Caserta, chiamata dagli antichi romani «Campania felix» e diventata poi «Terra di lavoro» per l’opportunità offerta da una agricoltura generosa e ricca a migliaia di lavoratori. Qui la camorra ha devastato suoli e falde interrando o bruciando impressionanti quantità di rifiuti, perlopiù provenienti dalle industrie del Centro e del Nord Italia.

• Le statistiche rivelano che, ogni anno, l’economia occulta del nostro paese genera circa 30 miliardi di euro di fatturato «al nero». Una economia florida e in crescita, diffusa in tutto il paese, nelle metropoli come nelle cittadine. È indiscutibile che chi produce «al nero» non può liberarsi dei rifiuti di lavorazione «in chiaro». Quei rifiuti non possono emergere rivelando il luogo della loro generazione e, quindi, vengono consegnati a chi può offrire il «servizio» di smaltimento occulto.

• «Il reato di traffico organizzato di rifiuti è sempre più reato di criminalità organizzata di impresa e sempre meno reato di tipo mafioso».
(Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, dicembre 2013)

• Nel corso del 2013, il sistema italiano ha pagato oltre 110 milioni di euro per esportare rifiuti in Olanda, in Germania, in Spagna come in Ungheria o in Austria. Centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti italiani che diventeranno all’estero prezioso combustibile.

«Da problema a risorsa»
(Slogan affisso su tutti i muri d’Europa)

• Una bottiglia di plastica pesa il 20% in meno di dieci anni fa e incorpora il 30% di plastica riciclata così come una bottiglia di vetro è oggi realizzata anche con l’85% di vetro riciclato e pesa il 35% in meno rispetto al 2001.

• Le buste di plastica (shopper) rappresentano ovunque un problema a sé nel circuito dei rifiuti. Ne bastano poche per inquinare suoli e corsi d’acqua e, comunque, per offrire un’immagine di incuria e degrado quando sono abbandonati, pure se pochi esemplari, nell’ambiente. La normativa europea, recepita in Italia nel 2013, ha vietato la produzione e il commercio degli shopper. Negozianti e consumatori si stanno abituando lentamente a usare altri canestri per il trasporto della spesa (borse riutilizzabili, in carta o bioplastiche compostabili ecc.).

• In Francia, da decenni, il consumo di acque imbottigliate è scoraggiato da prezzi che noi percepiamo come esorbitanti, legati al fatto che il costo delle concessioni demaniali è molto elevato, i controlli severi e la fiscalità penalizzante. Ma se le acque pubbliche francesi sono buone, abbondanti, controllate e a basso prezzo, perché preferire acque imbottigliate? Se è un lusso, si paga.

• La Corte di giustizia europea è stata interessata nel 2011 da un conflitto tra Germania e Olanda sulla problematica del «vuoto a rendere» delle bottiglie di birra, fabbricate in Olanda e vendute in Germania. I fabbricanti tedeschi di bottiglie per la birra non vogliono pagare il «vuoto a rendere» per le bottiglie olandesi. «Difficile dargli torto, ma il libero scambio, nel mercato integrato europeo, non può impedire agli olandesi di vendere la loro birra ai tedeschi».

«A prezzi rilevati tra il 2013 e il 2014, la costruzione di un impianto di compostaggio da 50.000 tonnellate/anno di capacità installata, dotato di bioreattori per il recupero di energia da biogas e alimentato da rifiuti organici in cui sia presente meno del 5% di frazioni estranee, può costare tra i 18 e i 22 milioni di euro (escluso il costo del terreno e considerando la presenza di opere di urbanizzazione almeno al 50%, cioè viabilità, fognature, cablaggi ecc.). Campania e Lazio spendono, nel 2014, più di 80 milioni di euro per trasportare e trattare i loro residui organici a lunga distanza. Ogni anno potrebbero, insomma, finanziare 4 impianti di compostaggio e affrancarsi, in 5 anni, dalla necessità di esportare quei rifiuti».

• Tutte le città europee (esclusa Londra) concludono il ciclo dei rifiuti entro i propri confini, diversamente da Roma e Napoli che esportano tutti i propri rifiuti da smaltire.

• A Roma è necessario, ogni giorno, svolgere oltre 300 interventi di pulizia delle strade sporcate da cassonetti rovesciati dai rovistatori. Quei 300 interventi al giorno costano 510.000 euro al mese, più di 6 milioni all’anno.

• Nel 2013 la raccolta differenziata di Roma e Napoli ha procurato, tra l’altro, 225.000 tonnellate di carta, cartone e materie cellulosiche che hanno permesso di risparmiare 450.000 tonnellate di legname equivalenti a 5 milioni di alberi di medie dimensioni. Dal recupero di queste materie si è risparmiata energia elettrica per almeno 900 GWh attraverso 180.000 tonnellate di plastiche di cui: 81.000 rigenerabili, 135.000 tonnellate di vetro che hanno permesso il risparmio di 162.000 tonnellate di silicio e 180.000 barili di petrolio, 45.000 tonnellate di alluminio con le quali si sono risparmiate 186.000 tonnellate di bauxite e quasi 90.000 tonnellate di allumina con un risparmio di 630 GWh. Complessivamente si è evitato di immettere in atmosfera circa 900.000 tonnellate di CO2 equivalente. Non abbattere 5 milioni di alberi all’anno vuol dire mantenere boschi e foreste integri senza dover rinunciare all’uso della carta e del cartone.

• Biodesign, bioedilizia e bioproduzioni permettono di progettare beni e merci pensate non per diventare un rifiuto, ma nuova materia per nuovi beni e nuove merci.