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 2015  aprile 30 Giovedì calendario

QUANDO LUI È INCINTO


«Siamo in attesa!» Quando a dirlo sono gli uomini, di solito è un modo per esprimere la propria felicità all’idea di diventare padre. Oppure per fare un po’ di ironia sulla propria pancetta che, almeno nei primi mesi, può fare concorrenza a quella della gestante. Per alcuni dei futuri padri, tuttavia, in queste parole c’è un po’ più di verità. Non accade troppo di rado, infatti, che anche gli uomini accusino sintomi simili a quelli della gravidanza nel periodo in cui la partner è in stato interessante: ingrassano notevolmente, soffrono di nausea e vomito o di bruciori e a volte sono meno stabili del solito dal punto di vista psicologico.In medicina, questa «solidarietà» con la partner incinta prende il nome di «sindrome della couvade». In uno studio condotto in India nel 2014 i futuri padri lamentavano soprattutto disturbi digestivi, alterazioni dell’appetito, stanchezza e mal di testa. Tra i sintomi psicologici, a guidare la lista sono insonnia, oscillazioni dell’umore e irritabilità, seguita da incubi e tendenza al sentimentalismo. I disturbi legati alla «partecipazione alla gravidanza» si presentano soprattutto nei primi e negli ultimi tre mesi.Il termine couvade (dal francese couver, covare, crescere) deriva in origine dal campo dall’etnologia. A partire dal XIX secolo gli scienziati designavano con questo termine i rituali con cui gli uomini si preparano, in molte culture tradizionali, alla nascita di un figlio. Pratiche che, allora, apparivano bizzarre. Gli uomini, infatti, si ritirano nelle capanne adibite alle nascite per simulare il parto, oppure si lasciano viziare come fossero gestanti.Nelle civiltà occidentali, invece, è prevalso a lungo il principio secondo cui gli uomini non dovrebbero parlare troppo della loro imminente paternità. A partire dagli anni cinquanta, però, nelle pubblicazioni mediche sono aumentati i casi di futuri padri che lamentavano vomito o dolori al ventre. Nel 1965 gli psichiatri britannici William Trethowan e Michael Conlon hanno dunque coniato il termine di «sindrome della couvade», dal nome dei rituali tradizionali legati alla paternità.
Quant’è magra la ricercaDa allora però gli studi sull’argomento sono stati pochi, e non c’è accordo sulla diffusione del fenomeno. Le stime indicate dagli studi variano molto, arrivando ad affermare che i partner interessati dalla sindrome sarebbero tra l’11 e il 97 per cento del totale. «L’ipotesi più plausibile pare quella di una percentuale compresa tra il 10 e il 30 per cento: in pratica circa un padre su cinque mostra i sintomi della couvade», afferma lo psicologo Harald Werneck, dell’Università di Vienna, che da quasi vent’anni si occupa di ricerche sulla paternità. «Se aspettano il primo figlio, però, la percentuale è più alta rispetto a quelli che attendono il secondo o il terzo».L’incertezza deriva dal fatto che la sindrome della Couvade non è una diagnosi riconosciuta dalla medicina ufficiale. Non è ancora stato stabilito se sia configurabile riscontrando uno solo dei tanti possibili disturbi, o se questi debbano presentarsi contemporaneamente. Inoltre l’opinione pubblica ignora quasi del tutto l’esistenza di una «gravidanza maschile». «Molti di quelli a cui ne parlo riconoscono i sintomi solo a posteriori», spiega Werneck. Di solito i futuri padri spiegano infatti i sintomi aspecifici come mal di testa, disturbi del sonno o bruciore di stomaco attribuendoli ad altre cause, per esempio allo stress professionale.
Ormoni in subbuglio
Accade di rado che gli uomini ipotizzino che gli alti e bassi ormonali siano il segnale che il proprio corpo si sta preparando a prendersi cura della prole in arrivo. Ma questa ipotesi spiegherebbe alcuni dei disturbi che lamentano. Proprio come nelle donne incinte, anche nei futuri padri si possono registrare modificazioni dell’equilibrio ormonale, per esempio per quanto riguarda la prolattina. Nelle donne, questa sostanza regola tra l’altro il ciclo mestruale e, durante la gravidanza, provoca la crescita del seno e la produzione del latte materno. L’ormone è presente, in piccola quantità, anche nell’uomo.
Nel 2000 un team di ricercatori canadesi ha esaminato i livelli ormonali di alcune coppie in attesa di un figlio. Durante la gravidanza della donna il livello di prolattina aumentava in maniera rilevante anche nei maschi, parallelamente a quello delle partner, seppur raggiungendo concentrazioni molto inferiori. Gli uomini con valori più elevati di prolattina lamentavano inoltre un maggior numero di sintomi di Couvade, tra cui aumento del peso, nausea o alterazioni emotive.
Al contrario, l’ormone sessuale maschile, il testosterone, è più basso nei futuri padri rispetto ai maschi senza figli. Questo fenomeno, tuttavia, non è sempre riconducibile alla gravidanza della partner. Alcuni studi dimostrano che gli uomini impegnati in rapporti stabili e di lunga data hanno in genere livelli di testosterone minori rispetto ai single. Dopo la nascita di un figlio, il livello di testosterone rimane basso, e ciò accade soprattutto nei padri che trascorrono molto tempo con la prole. A dimostrarlo è stato, nel 2012, uno studio a lungo termine dell’antropologo Lee Gettler. Finora i biologi dell’evoluzione hanno potuto soltanto formulare ipotesi sulle cause del fenomeno: un livello più basso di testosterone potrebbe far sì che i padri manifestino comportamenti meno rischiosi o che tendano a restare più fedeli alla partner.
A quanto pare, l’alterazione dell’equilibrio ormonale favorisce atteggiamenti utili alla paternità. A rilevarlo è stato uno studio condotto dalla psicologa Alison Fleming, dell’Università di Toronto. Fleming ha effettuato prelievi di sangue a un gruppo di uomini, facendo poi ascoltare loro le grida di alcuni neonati. A quel punto i partecipanti dovevano contrassegnare con una crocetta le emozioni che quegli strepiti provocavano in loro.
I soggetti con i livelli più alti di prolattina e le concentrazioni più basse di testosterone avevano, nei confronti dei neonati, un atteggiamento più empatico e, sentendoli piangere, si sentivano spinti a fare qualcosa.
Più materni con il cortisolo
Un effetto analogo potrebbe essere determinato dall’ormone dello stress, il cortisolo. La sua concentrazione aumenta anche durante la gravidanza, tanto nella donna quanto nel partner. Secondo la biologa Katherine Wynne-Edwards, dell’Università di Calgary, questo aumento non sarebbe però dovuto allo stress, ma rappresenterebbe un’ulteriore misura di preparazione al nuovo ruolo di genitori. La crescita del livello di cortisolo nelle madri dei neonati fa sì che queste reagiscano alle grida del bimbo con maggiore empatia e sappiano riconoscere con maggiore facilità il proprio figlio dall’odore. Negli uomini si potrebbero ipotizzare effetti simili. Tant’è che nei futuri padri si innalza persino il livello dell’ormone sessuale femminile, l’estradiolo, presente in piccole quantità anche nel maschio: una sostanza che, nelle madri, rafforza il legame affettivo con il lattante.
Modificazioni pressoché identiche dell’equilibrio ormonale sono state riscontrate nel regno animale, ma solo nelle specie in cui entrambi i genitori crescono la prole. Stiamo parlando di appena il 10 per cento circa delle specie di mammiferi: oltre all’uomo, tra queste troviamo alcuni primati, i lupi, le volpi e qualche roditore. In queste specie, la riduzione del testosterone riduce a sua volta l’aggressività dei maschi nei confronti dei piccoli, con effetti utili, dal momento che nel regno animale accade non di rado che il maschio uccida i propri figli. La prolattina e l’estradiolo accrescono in entrambi i sessi la premura nei confronti della prole.
Per i ricercatori orientati all’approccio biologico è assodato che le modificazioni ormonali nei futuri padri rappresentino il passaggio a una modalità «cura della prole», che tra l’altro provocherebbe sintomi simili a quelli della gravidanza. Questo assunto suona plausibile, sebbene non sia stato confermato. È ancora dubbio, infatti, il legame tra ormoni e comportamento. Le esperienze personali possono a loro volta influire sull’equilibrio delle sostanze trasmettitrici. Infatti i valori di prolattina aumentano in maniera repentina già in risposta a un vagito del neonato, tanto nei maschi quanto nelle femmine. I padri con due figli mostrano un aumento maggiore rispetto ai padri di un solo figlio, il che potrebbe essere riconducibile alle loro esperienze di paternità. Inoltre è sufficiente una breve interazione con il bimbo per abbassare temporaneamente il livello di testosterone.
Avendo analizzato l’effetto degli ormoni sul comportamento genitoriale, Katherine Wynne-Edwards dubita che queste sostanze possano influire sul fenomeno. Gli atteggiamenti paterni dei criceti siberiani, per esempio, sarebbero influenzati da molti altri fattori, oltre agli ormoni. E quel che vale per il criceto potrebbe valere anche per l’uomo.
Un nuovo ruolo
Tutto ciò ci spinge a chiederci se la partecipazione del maschio alla gravidanza possa avere anche cause psichiche. Le aspettative nei confronti dei futuri padri – il pensiero, per esempio, della misura in cui dovranno impegnarsi nella cura e nell’educazione dei figli – si differenziano tra epoche e culture diverse, un fenomeno testimoniato anche dai report degli etnologi sulla couvade. Tuttavia, almeno per il primo figlio, parliamo di un momento di cambiamenti profondi in cui occorre affrontare alcune sfide psicologiche. Per esempio quella di adattare al nuovo ruolo l’immagine che si ha di sé, quella di gestire il rapporto tra vita familiare e vita lavorativa o quella di riconsiderare le garanzie sociali.
Tutto ciò potrebbe suggerire l’ipotesi di considerare questi fattori stressogeni come le cause dei sintomi di couvade e di attribuire ai disturbi un’origine psicosomatica. Ma perché i sintomi assomigliano in maniera tanto evidente a quelli delle donne incinte? Secondo psicologi come Harald Werneck, è possibile che si tratti di una sorta di imitazione inconscia: soprattutto nei rapporti di coppia saldi e caratterizzati da fiducia reciproca, uno dei due partner potrebbe «rispecchiare» senza volerlo i sintomi dell’altro. I sintomi di «co-gravidanza» si manifestano spesso anche nelle coppie omosessuali, stando almeno a quanto riferiscono i diretti interessati nei forum on line: riguardo a questa versione della couvade, tuttavia, non esiste nessuno studio.
Scimmiette con la pancia
Vi sono anche interpretazioni legate alla psicologia del profondo. Secondo queste, i disturbi sarebbero la manifestazione di un’invidia inconscia del parto da parte del maschio o della paura di perdere le attenzioni della partner. Lo psicologo viennese Harald Werneck ritiene questa ipotesi poco plausibile. Tuttavia, ammette, a oggi non esiste alcuna spiegazione convincente della sindrome. Troppe domande attendono ancora una risposta.
Dal punto di vista biologico, per esempio, alcuni sostengono che ad alterare l’equilibrio ormonale del padre siano i feromoni, sostanze messaggere emanate dal corpo della partner incinta e trasportate dall’aria. Negli animali un collegamento simile è stato più volte dimostrato. A oggi, tuttavia, è ancora discussa la possibilità che gli esseri umani abbiano un organo di senso per la percezione dei feromoni. Secondo Werneck, la spiegazione più plausibile prevederebbe un’interazione tra processi psichici e livelli ormonali: «I maschi che si aprono all’esperienza di diventare genitori e che riservano più attenzioni ai sintomi della partner potrebbero subire maggiori alterazioni a livello psicologico».
Più semplice da spiegare è invece il sintomo più frequente della gravidanza «maschile», ossia l’aumento di peso degli uomini quando la partner è incinta. A quanto risulta da un sondaggio effettuato da un’azienda britannica e al quale hanno preso parte circa 5000 maschi, ogni uomo ingrassa di oltre sei chili. I partecipanti spiegavano l’aumento di peso in diversi modi: qualcuno era uscito a cena più spesso con la compagna, per altri in casa c’erano più spuntini da sgranocchiare e per altri ancora le porzioni preparate dalla partner erano più generose del solito.
Benché resti ancora da stabilire in che misura tutto ciò basti a spiegare l’improvviso aumento di peso, i padri umani condividono il proprio destino con «compagni di sventura» appartenenti ad altre specie. Alcuni scienziati del Wisconsin National Primate Research Center hanno riferito, nel 2006, che anche in due specie di cebidi della sottofamiglia delle Callitrichinae, ovvero lo uistitì dai pennacchi bianchi e il tamarino edipo, i maschi che hanno ingravidato una femmina aumentano di peso. Alcuni esemplari arrivavano ad accrescere del 20 per cento il proprio peso poco prima del parto.
In entrambe le specie i maschi si occupano della prole nella stessa misura delle femmine. I ricercatori ipotizzano che il sovrappeso serva a mantenere in salute le scimmie affinché si prendano cura dei figli. Dopo il parto, per esempio, trasportano per tutto il tempo i cuccioli, che possono pesare fino a un quinto del loro stesso peso. Ciò richiede molta energia. Non è ancora chiaro se le scimmie costituiscano le proprie riserve semplicemente assumendo una quantità maggiore di calorie se sia la «gravidanza parallela» dei maschi a modificare il metabolismo di questi ultimi.
Sintomi reversibili
Le oscillazioni ormonali, i mal di testa «per solidarietà», i cuscinetti di grasso: molti dei sintomi della couvade indicano che i maschi si preparano al parto e ad assumere nuovi compiti. Il che non giova soltanto alle madri, ma anche alla prole. Negli ultimi anni, infatti, sono sempre più numerose le prove scientifiche secondo cui il coinvolgimento del padre fa bene ai figli: quando quest’ultimo assume un ruolo attivo nell’educazione, i figli hanno più raramente problemi scolastici, mostrano meno anomalie comportamentali e hanno un migliore equilibrio emotivo.
Se tutto questo non bastasse a confortare futuri padri che lamentano sintomi di couvade, forse è il caso di aggiungere che, proprio come con le madri, la maggioranza dei sintomi sono reversibili. «Dopo il parto, non appena la partner torna come era prima, di solito migliorano anche gli uomini», afferma Harald Werneck. «Per quanto riguarda i chili di troppo, però, quelli potrebbero anche restare dove sono».