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 2015  aprile 30 Giovedì calendario

PERISCOPIO

La base dei partiti (di tutti i partiti) non si fa domande: tifa. Come allo stadio. Non importa come vince la squadra (lealmente, scorrettamente, fortunosamente). L’importante è che vinca. Beppe Severgnini. Sette.

Militanti dell’Isis si fanno i selfie davanti al Colosseo. «Siamo qui, ma qualcuno ha già bombardato tutto». Il rompi-spread. MF.

Italicum, Renzi risponde via Twitter. È la nuova procedura per riformare la Costituzione. Spinoza. il Fatto.

Renzi. Oggi tocca citare di nuovo il sonetto del Belli: «Io so io, e vvoi nun zete un cazzo ». Jena. la Stampa.

La Clinton rivendica con orgoglio la deposizione di Gheddafi. È anche grazie a lei se oggi la Libia è una vera democrazia. Edelman. Il Fatto.

Il caro Piero Buscaroli si presentò alcuni anni fa alle elezioni europee con Fini, quando costui non aveva ancora rivelato il suo volto di traditore e di colui che, come il Dambreuse dell’Educazione sentimentale di Flaubert, «avrebbe pagato per vendersi». Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio. 2014.

Luigi Bisignani: «Nel marzo del 2005 Berlusconi incontrò Renzi, l’incontro avvenne durante un convegno flop organizzato da una delle tante meteore che hanno solcato la galassia di Silvio: l’allora commissario della Croce Rossa, Maurizio Scelli». Paolo Madron: «Con l’intenzione, immagino, di portare il golden boy fiorentino ad aderire a Forza Italia». Bisignani: «Da sempre lui voleva che Renzi approdasse nel centrodestra, soprattutto nel momento in cui i popolari di Prodi si spaccavano, scegliendo di andare chi a destra e chi a manca». Madron: «E come mai Renzi scelse la sinistra?». Bisignani: «L’ha confessato una sola volta a un amico fiorentino, che me lo ha bisbigliato. Renzi, pur essendo attratto dalla destra, anche sua madre Laura odia comunisti e sinistra, disse testualmente: Con Berlusconi non andrò, perché con lui non potrò mai essere il numero uno». Luigi Bisignani, Paolo Madron, I potenti al tempo di Renzi. Da Bergoglio a Mattarella. Chiarelettere.

Si dice: il politico dovrebbe essere trasparente e vivere in una casa di vetro. Ma questa è un’idea piuttosto naif che rinnega millenni di storia. Per quella roba ci sono i preti. Tra un politico bravo ma cinico o un politico limpido ma meno capace è meglio un politico efficace. E, per essere efficaci, spesso bisogna essere senza scrupoli. I governi cambiano la vita dei cittadini. A volte devono rompere per poi ricostruire. Non sono lì per farci sentire a nostro agio e spesso devono portare avanti il lavoro sporco, quello più duro, della politica. La grandezza può essere molto controversa. Michael Dobbs, autore di House of cards e già consulente di Margaret Thatcher (Vittorio Zincone). Sette.

C’era una volta Zingarelli, oggi c’è Zuckerberg. C’erano vocabolari italiani che accoglievano parole buone e parole cattive, perché mestiere del lessicografo non era censurare bensì documentare, oggi c’è un algoritmo americano che taglia foreste di sinonimi sgraditi. C’era l’Index librorum prohibitorum, antipatico però pubblico (era distribuito ai librai), e così ti potevi regolare, oggi ci sono molte liste di termini proibiti, una per ogni social, ma sono segrete e così vivi nel timore di sbagliare e ti autocensuri più del necessario. «Zingaro» non si può più dire e se lo scrivi rischi di essere sospeso per 24 ore o forse 24 giorni, a discrezione di un giudice sconosciuto: ma «tzigano» va bene? E «Zingara», intesa come canzone di Iva Zanicchi, è citabile? Camillo Langone. il Foglio.

L’ultima volta che hanno visto in pubblico Michele Ferrero è stato nella Cattedrale di Alba, per il funerale del figlio Pietro, morto d’infarto in Sudafrica nell’aprile 2011 mentre andava in bicicletta. Ai vecchi collaboratori continuava a ripetere: «Che disgrassia», che disgrazia. Nelle cerimonie il suo discorso consisteva in due parole: «Tanti auguri». Ma nel Natale 2013 sorprese tutti e raccontò a braccio la storia dei suoi esordi: «La prima volta che entrai in una panetteria-pasticceria per vendere la crema alle nocciole che faceva mio padre, il negoziante mi chiese brusco: “Cosa vuole?”. Non ebbi il coraggio di offrirgli il prodotto. Comprai due biove di pane e uscii. Andò così in altri due negozi. Nel quarto lasciai la merce in conto vendita. Tornai il giorno dopo: l’avevano venduta tutta». Poi chiuse con una sorta di testamento: «Possiamo essere orgogliosi della nostra storia. Abbiamo un debito con questa terra. La fabbrica resterà qui». Aldo Cazzullo. Corsera.

Ieri sulla metro ho incontrato Nando Pagnoncelli. Subito l’ho disturbato: «Dottore, sono contento di vederla, sa che faccio tutto quello che lei dice nei sondaggi?». Lui: «Veramente dovrebbe essere il contrario: cioè io dovrei fotografare comportamenti della società». Io: «Non c’è problema, va bene così. L’importante è fingere al 100% e andare avanti fino al tracollo finale». Pagnoncelli: «Parla della situazione economica del paese?». Io: «Parlo di tutto». Maurizio Milani, Lettere d’amore (sottotitolo: «Perché le donne vogliono l’uomo che nel parlare esagera»). Wingsbert.

Ogni tanto, da bambino, facevo le scivolate sul pavimento della Cappella Sistina. Il pavimento era liscio. Lustrato dai secoli. Prendevo la rincorsa e via! Adesso immagino che siano cambiati i sistemi di sicurezza ma allora ci arrivavo, da casa, passando tre portoni. Tre. Entravo da una porta vicinissima alla casa del Vaticano dove abitavamo, dietro la Sala Nervi. Passavo il cortile di San Damaso dove lavorava papà e siccome mi conoscevano tutti Era fantastico, il Vaticano. Per me era come se ’l mì babbo lavorasse agli Universal Studios. Un grande luogo di spettacolo». Jovanotti (Gian Antonio Stella). Sette.

Tacere insieme, tanto, stesi al sole d’autunno. Lettera di Sibilla Aleramo a Dino Campana.

Io, quando vedo la Pinotti, ministro della difesa, mi barricherei in un bunker. / Il ministro dell’interno Alfano: lapide ridens. / Il ministro dei rapporti con il parlamento Boschi: con lei avrei volentieri un rapporto alla camera. / Il ministro per le infrastrutture Del Rio: l’ideale logo della Fao. / Daniela Santanché: Forza Italia al tritolo. /La Madia, ministro di non ricordo che cosa: un genio incompreso anche da se stessa. / La Giannini, ministro della pubblica istruzione: gli esami non cominciano mai. Roberto Gervaso Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/4/2015