Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 30 Giovedì calendario

LE AMBASCIATE USA APRONO SALE DI LETTURA IN TUTTA EUROPA PER FARE TRASPARENZA SUL TTIP: UNO SCHIAFFO PER BRUXELLES

Con una mossa a sorpresa, il governo degli Stati Uniti ha deciso di aprire «sale di lettura» del trattato Ttip nelle sue ambasciate in Europa. L’iniziativa vuole essere una risposta alle crescenti richieste di trasparenza sui contenuti del negoziato tra Usa e Ue, in corso dal giugno 2013, per definire un grande accordo libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico. Come i lettori di ItaliaOggi sanno bene, queste trattative, condotte fino a poco tempo fa nella massima segretezza, sono andate più a rilento del previsto e sono ormai giunte al nono round, concluso a Washington settimana scorsa senza grandi progressi. Anzi, per la prima volta in molte città americane, si sono svolte affollate manifestazioni di protesta contro il Ttip, organizzate non solo dai soliti movimenti ambientalisti e di tutela dei consumatori, ma anche da 500 organizzazioni sindacali di lavoratori che fanno capo alla Afl-Cio, il maggiore sindacato Usa.
Le sale di lettura del Ttip, organizzate dentro le ambasciate Usa di ciascuno dei 28 Paesi Ue, dovranno rispettare precise regole. Vi potranno accedere tutti gli eurodeputati del Paese interessato, più un gruppo selezionato di rappresentanti, scelti dal governo locale. In questo modo, precisa una nota del governo Usa, gli eurodeputati potranno fare a meno di recarsi a Bruxelles, dove esiste una sola sala di lettura dei documenti del Ttip, predisposta dalla Commissione Ue. Inutile aggiungere che l’iniziativa Usa rappresenta un vero e proprio schiaffo per la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, in particolare per la commissaria al commercio, Cecilia Malstrom, che pensava di avere risolto il problema della trasparenza allestendo a Bruxelles una saletta di sei metri quadrati, dove gli eurodeputati sono ammessi uno per volta e controllati a vista, previo sequestro di penna, block notes e cellulare, per evitare che i dossier siano copiati e diffusi all’esterno. Uno schiaffo duplice, se si considera che gli eurodeputati potranno accedere alla sale di lettura delle ambasciate Usa portando con sé penna e block notes per gli appunti (il cellulare no, è sempre vietato portarlo dentro le ambasciate Usa).
Non è tuttavia chiaro quale uso sarà consentito fare dei dati consultati nelle ambasciate. Negli Stati Uniti, dove sono state allestite analoghe sale di lettura del Ttip, coloro che sono ammessi alla consultazione dei documenti sono preventivamente avvisati che, qualora li postino sul web, possono rischiare la prigione. Una sanzione a dir poco assurda, visto che il governo Usa, al pari della Commissione Ue, consente di accedere soltanto ai testi consolidati del negoziato, mentre mantiene il rifiuto di rendere di dominio pubblico le proprie posizioni sui punti ancora da discutere. Per inciso, in Usa sono ammessi di diritto alle sale di lettura del Ttip i deputati del Congresso, più alcune centinaia di rappresentanti delle multinazionali e dei sindacati dei lavoratori, oltre che delle organizzazioni ambientaliste e non governative (Ngo).
L’iniziativa del governo Usa conferma che il Ttip interessa più agli americani che agli europei. Il presidente Usa, Barack Obama, si è più volte pronunciato a favore, sostenendo che la costruzione di un’area di libero scambio sulle due sponde dell’Atlantico darebbe vita a un mercato unico dalle Hawaii alla Lettonia, con un pil pari al 60% di quello mondiale, 850 milioni di consumatori, e vantaggi per i lavoratori, con la creazione di milioni di posti di lavoro. Una visione ottimistica, fortemente incoraggiata dalle multinazionali Usa, che considerano essenziale introdurre, attraverso il Ttip, un arbitrato internazionale unico per dirimere le controversie con gli Stati, eventualmente accusati di ostacolare con le loro leggi la libera concorrenza. Clausola nota come Isds (Investor state dispute settlement), ritenuta da alcuni Paesi europei (Germania e Francia in testa) e dal Parlamento europeo sbilanciata a favore delle multinazionali, e per questo da escludere dal trattato. Una pregiudiziale che di fatto sta paralizzando il negoziato.
Ma anche sul versante americano cominciano a delinearsi difficoltà impreviste. Paradossalmente, nel Congresso Usa il partito favorevole al Ttip è quello repubblicano, da sempre in sintonia con le multinazionali, mentre quello democratico (il partito di Obama) ostenta una serie di riserve, causate dalle pressioni del sindacato Afl-Cio e dai movimenti dei consumatori, tradizionali serbatoi elettorali democratici. L’Afl-Cio ha addirittura inscenato proteste di piazza per impedire che il Congresso faccia ricorso a una «corsia rapida» (fast track) per approvare i trattati commerciali con l’Europa (Ttip) e con i Pesi asiatici sul Pacifico (Tpp), sostenendo che «renderanno più difficile organizzarsi per i lavoratori». A sua volta, il capo del movimento no-profit Consumers Union, Jan Halloran, ha bocciato il Ttip perché, a suo avviso, «esporrebbe i consumatori europei al rischio delle auto difettose della General Motors, e i bambini americani al pericolo di giocattoli europei che non rispettano i severi standard di sicurezza americani». Insomma, il clima è di forte diffidenza reciproca. Ma la trattativa continua.
Tino Oldani, ItaliaOggi 30/4/2015