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 2015  aprile 30 Giovedì calendario

NEGOZIARE, NON VIETARE


[Emma Bonino]

Emma Bonino, una delle figure politiche di maggior prestigio dell’età repubblicana. Biografia maestosa: leggendaria esponente del Partito Radicale e poi commissario europeo, deputata, parlamentare a Strasburgo, due volte ministro a Palazzo Chigi, poi a Palazzo Madama. Negli anni, in molti, l’avrebbero voluta al Quirinale. Da qualche mese, nel suo guardaroba ha dovuto aggiungere un turbante.
Senatrice Bonino, lei sta affrontando un’esperienza molto dolorosa e, con il suo proverbiale coraggio, ha reso pubblico il suo tumore. Nonostante questo, non ha arretrato di un centimetro il fronte delle sue battaglie per i diritti civili del nostro Paese...
«Certamente no. Anzi, semmai, questa nuova sfida ha rafforzato convinzioni preesistenti sull’esercizio difficile della libertà nella responsabilità di ciascuno, su come vivere e quindi anche come morire, su come organizzare i propri rapporti affettivi, nella certezza profonda che regolamentare è meglio che proibire...».
Cominciamo dal «divorzio breve»: è una conquista?
«Se anche la Camera approverà, sarà un passo avanti per ridurre i tempi e i contenziosi. Noi Radicali da sempre abbiamo chiesto di fare come in buona parte d’Europa e del mondo: introdurre il divorzio diretto, senza l’obbligo di passare dalla separazione. Nel 2013 abbiamo anche proposto un referendum, ma i cittadini non sono stati informati. È questo l’ostacolo da rimuovere, se non vogliamo aspettare altri 45 anni».
Il Pd ha provato a proporre l’adozione per i single. Quell’emendamento è stato però ritirato anche per evitare, sembra, che la norma potesse essere usata dalle coppie gay.
«Invece di avere una legge moderna, che avrebbe garantito a tutti e tutte la possibilità di adottare, si è preferita la solita posizione per non “favorire” le coppie dello stesso sesso. Qualcuno ci dovrà spiegare quale sia il nesso con i single, però!».
L’8 maggio è fissata la scadenza degli emendamenti al ddl Cirinnà sulle unioni civili. Le sembra una buona base di partenza? E, soprattutto, lei si fida di Matteo Renzi?
«Con l’associazione radicale Certi diritti offriremo degli emendamenti migliorativi. Il testo è una buona base di partenza, ma l’Italia continua a mostrare tutta la sua arretratezza anche rispetto alla Slovenia, che è appena diventata il 13esimo Paese europeo ad approvare il matrimonio egualitario. Solo una riforma complessiva del diritto di famiglia, che apra a tutte e tutti il matrimonio civile e crei anche istituti più leggeri – come il testo Cirinnà in parte fa – può soddisfare la richiesta di parità delle coppie dello stesso sesso e dei loro figli. Quanto a Renzi: aveva già promesso di legiferare alcuni mesi fa...».
Lei, senatrice, sta rilanciano con forza anche una storica battaglia radicale: quella sull’eutanasia.
«Con l’allungarsi delle speranze di vita diventa sempre più importante rimanere liberi di scegliere, per evitare inutili sofferenze. Mi batto con i radicali dell’associazione Luca Coscioni per chiedere che il Parlamento finalmente discuta la nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale. L’abbiamo depositata un anno e mezzo fa, ma alla Camera non ne hanno ancora discusso. Come fu per l’aborto, vogliamo legalizzare per battere l’eutanasia clandestina. E, come per l’aborto, la gente è già d’accordo: il problema sono i partiti».
Lei è stata ministro degli Esteri del governo Letta, quando l’Isis sembrava una realtà lontana...
«Per alcuni particolarmente distratti poteva apparire così, ma che l’Isis fosse super attivo dal 2006 è un fatto noto oggi come allora. Non è un mistero neppure che la sua crescita sia dovuta ai finanziamenti di alcuni Stati del Golfo, Arabia Saudita ed Emirati in testa. Come accadde negli anni Novanta per i Talebani, agli occhi di questi potenti attori regionali l’Isis è uno strumento di politica estera. Serve in funzione di contenimento dell’influenza iraniana in un’area a maggioranza sunnita o in contrapposizione ai Fratelli musulmani. Salvo poi accorgersi che lo strumento è una minaccia anche per chi lo ha alimentato».
L’Europa ha molti fronti aperti, manca però una efficace posizione comune a tutti gli Stati membri.
«Sì, ciascuno Stato membro continua a perseguire interessi nazionali e a salvaguardare le proprie sfere d’influenza a discapito di una politica estera condivisa. Per questo avevo proposto la creazione di un Commissario al Mediterraneo, con mandato e strumenti adeguati a confrontarsi con le peculiarità delle singole realtà arabe».
Lei ha insistito molto anche sulla necessità di un accordo nucleare con l’Iran: perché?
«Da ministro degli Esteri ho sempre sostenuto la necessità (e sono stata seguita da altri Paesi) di non arroccarci su posizioni ideologiche: meglio esplorare la via del dialogo. Dare una chance all’attuale leadership iraniana può metterci al riparo dal possibile ritorno dell’ala più oltranzista e oscurantista. Ci piaccia o no, l’Iran è un attore che esiste e ha un suo peso affatto irrilevante».
L’ultima domanda è sull’immigrazione: per l’Italia ancora un enorme problema. C’è una soluzione?
«Guardi, per non risponderle con slogan superficiali, servirebbe una nuova intervista...».