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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - PRIMA FIDUCIA ALL’ITALICUM


ROMA - L’approvazione finale dell’Italicum si avvicina. Il governo ha ottenuto alla Camera la prima fiducia (su tre), quella sull’articolo 1 della riforma della legge elettorale (che introduce il premio alla lista e la soglia di sbarramento al 3%) con 352 voti favorevoli, 207 contrari e un astenuto. "Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia. La strada è ancora lunga ma questa è la volta buona", ha scritto in un tweet il premier Matteo Renzi.
Numeri alla mano, alla maggioranza che sostiene il governo Renzi ( che parte, sulla carta, da 396 voti) mancano 44 voti, ma vanno considerate le assenze giustificate. Il margine dunque resta elevato per l’esecutivo anche se pesa la rottura in atto nel Pd: ben 38 deputati (2 assenti per malattia) della minoranza dem non hanno votato. Più o meno gli stessi che, lo scorso novembre, decisero di non votare a Montecitorio il Jobs Act: allora furono 29 a non votare (tra cui Cuperlo, Fassina e Bindi) più i voti contrari di Pippo Civati e Luca Pastorino e due astensioni.

Si consuma così lo strappo tra Renzi e una parte della minoranza Pd che ha ritenuto ingiustificata l’apposizione della questione di fiducia da parte del premier. "Sono soddisfatta, i numeri sono in linea con le altre fiducie", ha commentato il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi. Ostenta sicurezza anche il vicesegretario dem Lorenzo Guerini che sottolinea come quella di oggi sia "dal punto di vista dei numeri, la seconda miglior fiducia del governo" anche se ammette che, in vista del voto finale, "c’è un lavoro politico da fare, di confronto nel Pd e nel gruppo parlamentare, e lo faremo". Guerini sottolinea come "lo strappo sia stato molto più contenuto di quello che si poteva pensare". E allontana l’ipotesi di sanzioni: "Ora non affrontiamo questo passaggio per via disciplinare: non avrebbe senso".

Il voto sancisce anche una spaccatura all’interno di ’Area riformista’, con 50 deputati che hanno firmato un documento favorevole alla fiducia pur considerandola "un errore" da parte del premier. Ieri sera invece, al termine di una discussione durata oltre quattro ore e mezza dell’area più vasta della minoranza Pd, Roberto Speranza, capogruppo dimissionario e guida della componente, aveva confermato il suo non voto, escludendo in modo netto ogni ombra di scissione dal Pd.
Italicum, il giorno della fiducia alla Camera: il fotoracconto
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"Dentro il Pd è rinato l’Ulivo. La virtù ulivista, non la tentazione ulivista, mai sopita" ha affermato la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi: "La fiducia - aggiunge- è stato un atto di prepotenza che tradisce la debolezza di chi l’ha posta, non la sua forza. E’ un precedente molto pericoloso, un primo precedente, perchè quello del 1953 a cui sovente si fa riferimento, fu accompagnato da una dichiarazione del presidente della Camera che precisava che la fiducia non avrebbe costituito precedente". Quanto al voto segreto sul testo finale, Bindi conferma che voterà contro.

SCHEDA/ I PUNTI CHIAVE DELL’ITALICUM

Nel partito la ferita sembra sempre più difficile da sanare. Tra coloro che non hanno votato ci sono nomi che hanno fatto la storia del partito: l’ex premier Enrico Letta, l’ex presidente del partito Rosy Bindi, gli ex segretari Guglielmo Epifani e Pierluigi Bersani, i candidati alle ultime primarie Gianni Cuperlo e Pippo Civati. Gianni.

"Italicum continua. Spero che il nostro presidente si esprima al più presto!". Lo scrive su twitter carla ruocco, deputata m5s, membro del direttorio 5 stelle, che posta una foto con il capo dello stato che ha un cerotto nero sulla bocca e sopra la scritta ’la costituzione calpestata, il parlamento umiliato. Parla!".

Opposizioni non ci stanno. Anche le opposizioni sono sul piede di guerra dopo lo strappo di ieri: in testa il M5S che chiede l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "Italicum continua. Spero che il nostro presidente si esprima al più presto!" scrive su twitter Carla Ruocco, deputata M5s e membro del direttorio, che posta una foto con il capo dello stato che ha un cerotto nero sulla bocca e sopra la scritta ’la Costituzione calpestata, il Parlamento umiliato. Parla!". I Cinque Stelle hanno partecipato al voto votando no e non hanno escluso una raccolta di firme per il referendum abrogativo.

Il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Renato Brunetta sottolinea la compattezza degli azzurri nel voto: "In 38 nel Pd contro deriva autoritaria. Forza Italia compatta nel ribadire il ’no’ ad una cattiva e pericolosa legge elettorale", ha scritto su twitter. Poi in sala stampa afferma che "il Pd non esiste più" e rivendica la scelta del voto contrario di Fi: "Avevamo creduto che le regole del gioco si potessero cambiare insieme, siamo stati imbrogliati, siamo stati ingannati, ma alla fine abbiamo detto di ’no’".

Sel, molto critica sulla scelta di chiedere la fiducia, ha partecipato alle votazioni con una fascia nera al braccio in segno di lutto.
Si vota l’Italicum, deputati Sel con il lutto al braccio
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Bersani contro Renzi. Il premier: "Non ci fermiamo alla prima difficoltà". "Io non esco dal Pd, bisogna tornare al Pd. Il gesto improprio di mettere la fiducia lo ha fatto Renzi, non io". Il giorno dopo lo strappo del premier con la fiducia posta dal governo sull’Italicum e la bagarre alla Camera (video), l’ex segretario Pd Pierluigi Bersani, che non ha votato la fiducia, ha smentito qualsiasi ipotesi di scissione dal Pd della minoranza dem che contesta la legge elettorale in discussione alla Camera.

L’EDITORIALE/ LA PROVA DI DEBOLEZZA di Ezio Mauro

L’ex segretario Pd ha espresso tutta la sua amarezza nei confronti del premier e dell’attuale dirigenza del partito: "Si ricordano degli ex leader per chiedere loro lealtà solo quando si tratta di votare queste fiducie, non quando rimuovono dalla commissione o non ti invitano alle feste". Respinge così al mittente l’appello alla responsabilità arrivato in queste ore dai vertici Pd. "No, non credo si andrà subito a votare se passa l’Italicum, ma è chiaro che d’ora in poi Renzi avrà il Parlamento nella sua disponibilità", ha avvertito l’ex segretario.

A Bersani e a chi lo critica ha replicato a stretto giro il presidente del Consiglio Matteo Renzi attraverso la sua enews: "Non siamo prepotenti e arroganti, stiamo solo facendo il nostro dovere". Poi chiarisce: "Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà - scrive il premier -. Se accettiamo anche noi - come accaduto troppo spesso in passato - di vivacchiare e rinviare, tradiamo il mandato ricevuto alle primarie, dal Parlamento, alle europee". "Se la legge elettorale andrà e il governo potrà proseguire il proprio compito, si aprirà una fase affascinante per tutti noi", ha concluso. Il premier, in una lettera indirizzata al quotidiano La Stampa, aveva tuttavia offerto un ramoscello d’ulivo alla minoranza Pd rilanciando la proposta di giungere a modifiche della riforma costituzionale per bilanciare l’effetto della nuova legge elettorale: "Se lo riteniamo necessario ci sarà spazio al Senato per riequilibrare ancora la riforma costituzionale facendo attenzione ai necessari pesi e contrappesi".

Il malessere nel partito è diffuso. Se Guglielmo Epifani e Alfredo D’Attorre hanno annunciato direttamente in aula prendendo la parola la non partecipazione al voto, altri hanno annunciato che si adegueranno non senza qualche mal di pancia. Come nel caso dei prodiani Sandra Zampa, vice presidente Pd, e Franco Monaco, che hanno annunciato il loro sì alla fiducia solo "per mera disciplina".

In mattinata aveva lanciato un appello all’ex segretario dem e agli ex leader del partito il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini: "Si può essere d’accordo o meno sulla legge elettorale, e questo è normale. Si può essere d’accordo o meno sul mettere il voto di fiducia, e anche questo è normale perchè fa parte di un partito che discute e si confronta anche all’interno. Ma non votare la fiducia al governo guidato dal proprio segretario davvero è un atto sproporzionato, troppo forte e credo che gli italiani, i nostri elettori, non capiscano che cosa stia succedendo". Mal di pancia non mancano anche in altri gruppi che sostengono la maggioranza: il vice segretario nazionale dell’Udc, Giusepe De Mita, e l’ex capogruppo di Area popolare Nunzia De Girolamo, non hanno partecipato al voto in dissenso con la scelta della fiducia.