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 2014  marzo 28 Venerdì calendario

IL MINIMALISMO ASSOLUTO DI UN TALENTO DEL BASEBALL

Il miglior prospetto dei Toronto Blue Jays ha passato lo spring training su un camper Volkswagen, un vecchio modello Westfalia del 1978, quello dei figli dei fiori. Ogni mattina l’ha guidato fino allo stadio di Dunedin, vicino a Tampa, sulla costa ovest della Florida, lungo il golfo del Messico. Ogni sera si è accampato nel parcheggio di un supermercato Wal-Mart. Sulla strada del ritorno, prima si è fermato su una spiaggia per fare un po’ di surf (su una tavola di polistirolo riciclato), poi per comprarsi qualcosa da mangiare, che ha cucinato su un fornello a gas da campeggio. Infine si è messo a letto con in testa una lampada da speleologo, ha annotato un paio di pensieri sul diario e ha riletto qualche pagina di Jack Kerouac, uno dei profeti della beat generation.
Daniel Norris ha 21 anni e la barba incolta, gioca a baseball come pitcher e lancia la veloce mediamente a 148 km/h. Ha firmato un contratto per due milioni di dollari ed è sponsorizzato dalla Nike. L’anno scorso ha cominciato al livello più basso delle minor leagues (Classe A), è velocemente passato a quello più alto (Classe AAA), ha chiuso la stagione in testa alla classifica degli strikeout e, in settembre, ha esordito nella Mlb.
Ma è uno cui piace vivere a modo suo. Quando, a fine estate 2011, i Blue Jays hanno depositato i soldi dei contratti ai giocatori presi al draft, tutti si sono ritrovati per il primo collegiale a Dunedin. E sono andati in un centro commerciale per fare qualche spesa: la gran parte ha comprato gioielli, computer e cuffie per almeno diecimila dollari; lui ha preso una T-shirt della Converse in saldo per 14 dollari. È un hippie che non ha mai provato una droga o bevuto un sorso di alcol. Legge solo libri con la copertina rigida e mai su Kindle. Non guarda la tv. Su Twitter ha postato una foto in cui si taglia la barba con la lama di un’ascia. Ha montato un pannello solare sul camper. Prima ancora che con la Nike, si è legato (gratuitamente) a One Percent for the Planet, associazione che raggruppa 1.200 aziende in 48 Paesi: i membri versano 11% del fatturato annuale a cause ambientaliste.
Ha affidato i soldi del contratto con i Blue
Jays a un consulente finanziario, che gli versa ogni mese 800 dollari, quanti gliene bastano. Ha passato la sua prima off season lavorando 40 ore alla settimana in un’azienda d’abbigliamento sportivo a casa sua, Johnson City, Tennessee. Nella seconda, ha viaggiato attraverso il Nicaragua su una moto presa a noleggio per due dollari al giorno, passando le notti negli ostelli, facendo trekking nella giungla e surf fra le pastinache. Durante la stagione d’esordio nelle minor leagues ha diviso un appartamento con due compagni di squadra e, siccome non c’erano abbastanza letti, ha sempre dormito su un’amaca.
Perché lo fa? «Perché per me ha senso», ha detto. Cosa pensi di ricreare?, gli hanno chiesto. «Niente», ha risposto. «Sto solo cercando di creare la mia vita, trovare la mia strada. E godermi il viaggio». Nel frattempo, sta anche cercando di conquistare la prima squadra: sono in tre (lui, Aaron Sanchez e Marco Estrada) per due posti. L’opening day è a New York, contro gli Yankees, il 6 aprile. Se mai ce la facesse, sa bene che qualcosa cambierà: «Non posso stare sempre per i fatti miei e vivere nel minimalismo assoluto», ha detto. «Devo solo capire a che cosa rinunciare, e quando».