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 2015  marzo 29 Domenica calendario

LANDINI IN PIAZZA CONTRO IL GOVERNO «BASTA SPOT E SLIDE» GELO CON CAMUSSO

ROMA Il governo Renzi «sta proseguendo come i governi precedenti Monti e Letta e anche con un peggioramento rispetto al governo Berlusconi»: così ieri, da piazza del Popolo, il segretario generale dei metalmeccanici Maurizio Landini spiegava la mobilitazione della Fiom, sono lo stendardo di “Unions”, slogan che riecheggia la tradizione sindacale anglosassone a indicare ora la nascita della Coalizione sociale dal ruolo ancora indefinito ma che si annuncia antagonista rispetto alle scelte del governo.
L’AFFONDO
«Ci siamo stancati di spot elettorali, di slide e balle perché bisogna avere il coraggio di dire la verità e di cambiare veramente il Paese», ha scandito Landini dal palco della protesta contro il Jobs Act. D’altra parte, già a piazza Esedra, mentre il corteo partiva aperto dallo striscione Fincantieri, il leader dei metalmeccanici aveva messo in chiaro che «pensiamo di avere più consenso del governo», anche perché «ci sono persone che non sono rappresentate» e ora «inizia una nuova fase, una nuova primavera, nei prossimi giorni metteremo in campo azioni concrete anche nei luoghi di lavoro». Poi, la difesa della scelta di scendere in piazza, replicando al presidente della Confindustria Giorgio Squinzi che aveva sottolineato il «carattere politico» dell’iniziativa: «In Italia tutti fanno politica e questa teoria che il sindacato non fa politica è un’altra sciocchezza. Tutti l’hanno fatta, compresa Confindustria che è andata dal governo e sta portando a casa tutto quello che vuole. Se si proclama uno sciopero generale contro il governo non è un atto politico?», ha concluso Landini.
D’altra parte, in piazza ieri c’era tutta la segreteria della Cgil, e sul palco la leader Susanna Camusso che pure ha lanciato una stoccata a Squinzi: «In questa piazza ci sono i lavoratori metalmeccanici iscritti alla Cgil, che giustamente sono in lotta perché la legge delega sul lavoro riduce i diritti e perché vogliono rinnovare il contratto di lavoro». Con Susanna sono baci e abbracci sul palco, ma le vecchie ruggini restano tutte. A un certo punto dell’intervento di Landini (quando dai temi sindacali si passa a quelli politici), Camusso lascia la manifestazione: se ne va senza salutare nessuno».
LA STRATEGIA
Un punto di partenza, la tappa di ieri, che la Coalizione vorrebbe allargare anche a chi non è organico al sindacato, in nome di quell’«unità del lavoro» invocata dal vertice Fiom. Tanto che in molti parlano di prove di un nuovo partito. Non a caso, sul palco c’era anche il costituzionalista Stefano Rodotà che ha criticato le riforme istituzionali in itinere: «L’Italicum è una legge arretratissima», e «la riforma costituzionale nega la rappresentanza». Argomenti che hanno fatto storcere il naso al vertice piddino. «C’è una sinistra che conosce il riformismo e una sinistra che ricorre a ricette un po’ datate che non avranno grande successo in futuro», è stato il commento del sottosegretario alle Riforme, Ivan Scalfarotto, mentre la vicesegretaria Debora Serracchiani ha detto: «Vedremo nel 2018 se ha più consenso Renzi o più Landini. Nel frattempo loro fanno i cortei, noi facciamo Expo». In piazza, però, c’era anche un pezzo della minoranza del partito (una «partecipazione non rilevante», l’ha liquidata l’altro vicesegretario, Lorenzo Guerini).
Gianni Cuperlo ha inviato un messaggio a Landini per segnalare che «la vostra battaglia per la democrazia è anche la battaglia di molti di noi». Ma se tra le bandiere della Fiom hanno sfilato Stefano Fassina («Il governo è lontano dal lavoro») e Barbara Pollastrini («Ognuno dalla propria parte, costruiamo insieme traguardi di riconoscimento del valore del lavoro»), c’è chi si è dissociato come Cesare Damiano.