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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

«CON LA TESTA E CON IL CUORE». È IL CAPOLAVORO DI PAOLINI - «Con la testa e con il cuore perché senza quello nella vita non vai da nessuna parte

«CON LA TESTA E CON IL CUORE». È IL CAPOLAVORO DI PAOLINI - «Con la testa e con il cuore perché senza quello nella vita non vai da nessuna parte. Poi ci vogliono anche gambe». Luca Paolini trionfa in una Gand-Wevelgem resa tremenda da pioggia, gelo e vento a raffiche violentissime. A 38 anni il «Gerva», come lo chiamano gli amici, taglia il traguardo indicando con le dita la testa e il cuore per quella che lui stesso definisce «una vittoria inaspettata e importante. Anzi, la più importante della mia carriera». Una carriera iniziata nel 2000 e dove brillano un bronzo mondiale, nel 2004 a Verona, e venti altri successi. L’ultimo a Marina di Ascea, il 4 maggio di due anni fa, terza tappa del Giro. Quel giorno, fasciato dalla maglia rosa appena conquistata, uscì dal quartier tappa portato in trionfo dai suoi tifosi. Un gesto d’onore che non si vede mai alle corse ciclistiche. il MALTEMPO La vittoria di ieri è stata un capolavoro. Eppure la giornata sembrava essersi messa male. «In corsa, a causa del vento particolarmente fastidioso, era un disastro tanto che a un certo punto neanche noi in gruppo sapevamo se aveva un senso continuare. Ma questo è il Nord, questo è il vero ciclismo. Così abbiamo tirato dritto. Io sono caduto due volte e ho dovuto cambiare tre bici. Quella con cui ho vinto è la seconda di scorta». A una sessantina di chilometri dal traguardo, con il belga Roelandts in fuga e un gruppetto che inseguiva la corsa stava prendendo la piega decisiva. «Ho parlato con Kristoff e mi ha detto che non stava benissimo e che se ne avevo dovevo provare, così sono uscito dal gruppo e ho fatto un grande sforzo per rientrare sui cinque davanti (dove c’era anche Daniel Oss, ancora una volta il migliore dei Bmc, ndr). E’ andata bene anche perché nel gruppetto non erano a tutta». la difficoltà Sull’ultimo passaggio del Kemmelberg un momento di cedimento. «Sì – ammette Paolini – sono andato un po’ in difficoltà perché sulla terza bici avevo tubolari più stretti e più gonfi, troppo gonfi. Così sul pavé rimbalzavo, non riuscivo a spingere». Il rientro sul Monteberg, ultimo muro di giornata. A 17 km da Wevelgem gli inseguitori raggiungono Roelandts, ma anche così Luca non può sentirsi tranquillo. Debusschere è più veloce, Thomas (autore di una caduta spettacolare per una folata di vento) in forma splendida, Vanmarcke un brutto cliente. In più gli Etixx-Quick Step hanno Terpstra, vincitore dell’ultima Roubaix, con un gregario. «Prima non ci credevo tanto, ma a quel punto dovevo pensare a come giocare la mia carta. Sapevo che qualcuno avrebbe provato il contropiede e non potevo fidarmi della volata perché non sono esplosivo come un tempo». Bisognava cogliere l’attimo, non sbagliare nulla. «Quando Terpstra ha forato, ho immaginato che al rientro sarebbe partito». Infatti così è stato e appena l’olandese è partito Luca gli ha preso la ruota. Però dietro Thomas non si è dato per vinto e ha rimescolato le carte. Ai 6 km dalla conclusione il momento della verità. «Sono stato furbo - prosegue Luca - prima ho fatto un mezzo scattino per vedere come reagivano gli altri, poi sono partito da seduto». Dieci metri, venti, un divario che si amplia. Terpstra e Thomas, due fantastici passisti, inseguono ma invano. Paolini, mani basse e ginocchia leggermente aperte, vola nel vento. Futuro azzurro Un trionfo che potrebbe «complicare» il futuro di Paolini che a Firenze 2013 aveva dato l’azzio alla maglia azzurra. Ora, invece, il c.t. Davide Cassani non vuole assolutamente rinunciare a lui. «Ma che numero ha fatto Luca? — esclama il «Cassa» —. E’ due mesi che sto parlando con lui per convincerlo a tornare. Per le sue caratteristiche tecniche e per la sua professionalità lui è una pedina fondamentale dell’Italia. I suoi risultati sono il frutto di una vita dedicata al ciclismo». «Davide mi mette in difficoltà — ribatte sorridendo Paolini —. però ci sto pensando, inutile negarlo. Dopo le classiche parleremo con calma e vedremo cosa fare». Così l’Italia delle classiche fa rotta verso Fiandre e Roubaix puntando tutto su un giovane di 38 anni, già 3° alla Ronde nel 2007. Un giovane che, a gennaio a San Luis in Argentina, per esempio, si allenava, poi faceva colazione, andava alla corsa e tornava in hotel in bici. Qualcuno, anagraficamente con meno anni, lo guardava strano. Ieri, davanti alla tv, ha visto come un campione vince una corsa vera.