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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

DAL ROGO ALLA TORTURA, TUTTI I MODI PER GIUSTIZIARE

Lo sgozzamento è il metodo più usato per uccidere prigionieri e infedeli. L’Isis, però, utilizza anche altre forme di esecuzione: sparare, bruciare viva la vittima, impalare, torturare e lapidare. Gli omosessuali, in particolare, vengono giustiziati prevalentemente lanciandoli nel vuoto e poi lapidati per finirli. Qualche volta, per rendere mediaticamente più cruenta la morte, oltre che mandare sul web il video o le foto, i fanatici dello Stato islamico coinvolgono i seguaci in rete con sondaggi decisamente macabri. Su Twitter, con l’hashtag «suggerisci un modo per uccidere quel maiale del pilota giordano», il Califfato ha lanciato proprio un sondaggio-choc per chiedere ai suoi sostenitori come uccidere il soldato giordano del caccia della coalizione internazionale, abbattuto dai militanti islamisti il 24 dicembre nel nord della Siria. In poco tempo migliaia di follower hanno risposto alla campagna lanciando proposte tra le più varie, dalla «classica» decapitazione fino all’uccisione dopo una lunga tortura. Qualcuno ha proposto di impalarlo, altri hanno chiesto la decapitazione. Alla fine ha vinto chi ha chiesto di «utilizzare il fuoco» e Muadh Yusuf al-Kasasibah è stato prima rinchiuso in una gabbia e poi arso vivo. Anche in questo caso le terribili immagini del suo corpo che si contorceva tra le fiamme sono state pubblicate in Rete con l’ennesimo spettacolare video. Lo sgozzamento, invece, è stato il destino riservato a numerosissimi ostaggi. Tra questi gli americani James Foley, Steven Sotloff, Peter Kassing, gli inglesi David Haines e Alan Henning e molti altri ancora. Le immagine del boia Jihadi John hanno inondato la Rete e il macabro rituale si è ripetuto anche con i 21 copti decapitati sulle spiagge della Libia. Lo stesso destino riservato ai nove soldati siriani sciiti. Il taglio della testa, infatti, è una tecnica utilizzata dai musulmani per l’uccisione degli animali in modo «indolore». Da qui la macellazione delle carni definite halal (in arabo legale) che, per esser consumate dai credenti, è importante che l’animale sia sgozzato e dissanguato. Una forma di purificazione, dunque, che nel corso degli anni è stata riservata agli ostaggi occidentali in particolare, agli apostati e agli infedeli in generale. Oggi l’Isis, che usa lo strumento della comunicazione per diffondere il terrore nel mondo, fa della decapitazione una forma di spettacolo. Discorso a parte, invece, per i gay. Lo Stato islamico punisce il reato di omosessualità e nel corso dei mesi il Califfato ha diffuso video e foto di uomini «defenestrati» dall’ultimo piano di un palazzo. Prima di lanciarlo nel vuoto, il malcapitato viene bendato mentre uno dei boia legge la sentenza di condanna. Se dopo lo schianto la vittima è ancora viva si procede alla lapidazione per finirlo. Solo nel mese di gennaio scorso, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sono stati almeno quattro gli omosessuali uccisi a Raqqa e dintorni.