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 2015  marzo 29 Domenica calendario

LIBRI CHE CONTANO.

Le classifiche delle cose preferite e gli elenchi hanno questo di attraente: che contengono un elemento di arbitrio destinato a dare però un gran gusto a chi legge e a spronare all’imitazione e alla formazione di altri elenchi, fino all’estenuazione. Per esempio, questo volume tradotto e pubblicato da Garzanti e scritto da Andrew Taylor si intitola I 50 libri che hanno cambiato il mondo. Irresistibile: si va subito all’indice per vederli tutti insieme, questi magnifici 50.
Poi però ci si domanda se, invece di 50, avrebbero potuto essere 30, 20 o 100. E ci si chiede perché, se tra i 50 c’è l’ Ulisse di James Joyce, non dovrebbe esserci come motore di cambiamento del mondo anche la Recherche di Marcel Proust. Scrive Taylor che il capolavoro di Joyce, «con le sue prospettive multiple, la sperimentazione stilistica e l’uso innovativo del flusso di coscienza, segna il ribaltamento del tradizionale romanzo realista che aveva dominato la letteratura del XIX secolo».
Vero. Ma perché, Proust non ha forse ribaltato la visione soggettiva del tempo che scorre, non ha dilatato il momento del ricordo di una madeleine fino a raggiungere le dimensioni di un’epopea di migliaia di pagine? Non è l’equivalente in letteratura della Teoria della relatività di Albert Einstein, che giustamente Taylor cita assieme al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo come due libri che hanno sconvolto la percezione dell’universo così come ci era stata consegnata dalla tradizione?

I 50 libri che hanno cambiato il mondo. Per sceglierli e metterli in ordine occorre una buona dose di soggettività e di egocentrismo. Una delle scene fondamentali della storia del cinema (quali sono le 50 scene fondamentali della storia del cinema?) è quella di Manhattan in cui Woody Allen elenca le 10 cose per cui vale la pena di vivere, tra cui il secondo movimento della sinfonia Jupiter e Joe DiMaggio, per dire. Molto soggettiva, ma a suo modo geniale. Magari qui in Italia si poteva includere la canzone La prima cosa bella nell’impareggiabile interpretazione di Nicola Di Bari.
Ma la cosa sarebbe apparsa provinciale o troppo snob, a seconda dei punti di vista. Per non incorrere nell’accusa di eccesso di soggettivismo e di smodata arbitrarietà nelle scelte, Taylor qualche volta esagera e punta sul sicuro. Si può forse omettere dai 50 libri che hanno cambiato il mondo la Bibbia? E se non si può omettere la Bibbia , è forse possibile ignorare il medesimo grado di importanza del Corano ? Del resto, qualche scivolata è inevitabile quando si tratta di tagliare una porzione così ridotta di libri fondamentali dall’oceano di libri scritti e pubblicati lungo i secoli e i millenni. E quindi si include il Libretto rosso di Mao, ma si esclude il Mein Kampf, che purtroppo qualche influenza ce l’ha pure avuta nel cambiare il mondo, decisamente in peggio.
Però alcune scelte di Taylor hanno il coraggio dell’originalità. Si menziona Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, «uno dei primi romanzi veramente moderni». Ma per motivare questa scelta si riprende un giudizio della stessa Austen che dice molte più cose sul romanzo di quante ne siano state elaborate dalla critica supponente: «Il vero tema su cui lavorare sono tre o quattro famiglie di un villaggio di campagna». Omero non sarebbe stato d’accordo: e infatti Omero non è uno scrittore di romanzi moderni, in cui il piccolo, il minuscolo, il «vero tema su cui lavorare» non richiede l’intervento degli dèi per rendersi interessante e raccontabile. Omero, appunto. Non poteva mancare dall’elenco dei 50 libri che hanno cambiato il mondo l’ Iliade , «il poema che ci ha fatto conoscere la rabbia, la furia del combattimento militare, l’ira irrefrenabile di un uomo punto nel suo orgoglio, l’odio che si scatena quando ognuna delle due parti è convinta di essere nel giusto». E sarebbe stato monco, questo elenco da integrare ed emendare secondo i gusti di ciascuno, senza le Storie di Erodoto, il «primo vero trattato storico della letteratura occidentale».
Sacrosanta la menzione del Manifesto del Partito comunista di Karl Marx: se non ha cambiato la mente di milioni di esseri umani questo libro, quale altro allora? E poi una sequenza meravigliosa. Guerra e pace, che chissà perché uno scrittore acuto come Henry James, forse prigioniero di un momento di ingovernabile risentimento, definì «un mattone senza capo né coda»: un giudizio che rientrerebbe sicuramente tra le prime «50 fesserie dette sui capolavori». E Moby Dick, che «dimostrò che i giovani Stati Uniti avevano una voce letteraria specifica, in grado di cantare i vertici e gli abissi dell’esperienza umana». E l’opera omnia di William Shakespeare.
Però, insomma, includere l’ Elenco abbonati del distretto telefonico di New Haven del 1878, ed escludere i Buddenbrook di Thomas Mann, tutto Kafka, la Divina Commedia di Dante Alighieri, sa un po’ di giochino troppo facile.
Vero, ci sono diligentemente Darwin e Il Principe di Machiavelli, che fonda la teoria politica moderna e cambia il modo di interpretare il mondo. Ma forse un accenno all’Illuminismo francese, a Voltaire e al suo nemico Rousseau, invece che andare su Il crollo di Chinua Achebe, non sarebbe apparso come una bizzarria. Meno male che invece del sopravvalutato Sartre, la scelta sia caduta sulla sottovalutata Simone de Beauvoir, che con il suo Secondo sesso ha aperto una strada destinata a portare al modello di rapporti tra uomini e donne così come lo conosciamo oggi.
La capanna dello zio Tom era davvero indispensabile in questa silloge dei libri fondamentali per l’umanità? Forse sì. E comunque ogni elenco porta l’impronta di scelte, letture, sensibilità capaci di incidere sulle inclusioni e sulle esclusioni che ad altri apparirebbero invece macroscopiche manifestazioni di sordità. Stendhal? Via, nemmeno una traccia in questo libro. Tra gli italiani del Novecento solo Primo Levi, trattato più come testimone che come scrittore. Per finire con Harry Potter, considerato l’esempio più riuscito di letteratura popolare che ha interessato generazioni diverse, continenti opposti, lettori e spettatori solitamente divisi e che si ritrovano armonicamente uniti sotto le insegne del maghetto più di successo della storia occidentale. Sono i «libri che hanno cambiato la mia vita», scrive Andrew Taylor. Provate a dire i vostri 50. Ne uscireste spossati.