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 2015  marzo 29 Domenica calendario

MA COME FA LO ZAMBIA A BATTERCI? CLASSIFICHE, TRUCCHI E 130 «ESPERTI»

MA COME FA LO ZAMBIA A BATTERCI? CLASSIFICHE, TRUCCHI E 130 «ESPERTI» –
ROMA Tenere la 56esima posizione sarà dura. In questi mesi l’Italia ha fatto semplificazioni e riforme economiche forse quanto pochi altri Paesi al mondo, ma rischiamo ugualmente di scivolare giù di qualche gradino nella graduatoria della Banca Mondiale dei Paesi dove è più facile fare affari. Una classifica se si vuole un po’ curiosa, dove il Ruanda è avanti di 30 posizioni sul Lussemburgo, costruita con un metodo un po’ farragginoso, ma approfondita. Contestata, ma al tempo stesso autorevole.
Concepita all’esterno e gestita da un panel di esperti indipendenti, con il bollino della Banca Mondiale, la classifica del Doing Business , in 13 anni, ha guadagnato sempre più spessore a livello internazionale. È «la classifica». Per i governi di molti Paesi in via di sviluppo è diventata un faro da seguire per guadagnare competitività sui concorrenti. Zambia, Ruanda, Colombia e altri Paesi hanno creato delle task force , che riportano agli uffici del primo ministro per le riforme, nei dieci ambiti specifici monitorati dalla Banca con altrettanti questionari.
Per il governo dello Zambia l’arrivo intorno al 50° posto del Doing Business , oggi viaggia oltre il 100°, è ormai da anni un obiettivo esplicito della politica economica. E non è certo impresa impossibile, visti i progressi quasi miracolosi fatti da alcuni Paesi nella graduatoria. Sull’accesso al credito bancario, ad esempio, la Colombia è saltata in pochi anni al 3° posto assoluto nel mondo, seguita a ruota dal solito Zambia, al 4°. Per la facilità di ottenere permessi di costruzione a fare passi da gigante è stata la Lituania, che ormai insidia l’Iraq al 9° posto assoluto, e le Isole Marshall al 10°.
Molto dipende dalla struttura della ricerca, basata su un questionario per ciascuno dei dieci aspetti dell’attività di impresa monitorati, come tempi, costi e procedure per l’allacciamento alla rete elettrica, l’ottenimento del credito bancario, la registrazione degli atti di proprietà, il pagamento delle tasse, la soluzione di dispute commerciali, le esportazioni. Ma che non tiene minimamente conto di elementi come sicurezza, corruzione, dimensione dei mercati, stabilità macroeconomica, condizioni del sistema finanziario e effettiva disponibilità del credito sul mercato.
Che il Doing Business abbia grossi limiti lo riconosce del resto la stessa Banca Mondiale, che invita alla prudenza nella lettura dei dati ed è impegnata in una continua revisione dei questionari. Sono unici per 189 Paesi, fortemente improntati sulla «common law» anglosassone (e dunque poco adattabili a sistemi giuridici diversi), e vengono sottoposti per la compilazione ad oltre 10 mila corrispondenti esteri. Una «rete» anche questa un po’ bizzarra, almeno all’apparenza: notai, studi legali, consulenti, commercialisti, ma anche architetti, ingegneri, magistrati, spedizionieri e amministratori locali.
In Italia sono circa 130. Sono loro che danno i voti e che, alla fine, determinano le classifiche. Qualche anno fa al governo guidato da Mario Monti, stufo di figurare sempre dietro qualche improbabile Paese del Terzo mondo, venne l’idea di capire chi fossero e come funzionasse il sistema. L’allora ministro dell’Industria, Corrado Passera, li convocò per la prima volta al ministero, e distribuì dossier e raccomandazioni, mentre il ministro della Giustizia, Paola Severino, tentò insieme a Bankitalia di convincere la Banca Mondiale a modificare i questionari. Con un paio di azioni «mirate» l’Italia riuscì in un anno a guadagnare la bellezza di trenta posizioni.
Con Enrico Letta, poi, venne costituita a Palazzo Chigi una struttura per il Doing Business . I questionari del rapporto 2016, pubblicato a ottobre, sono giunti ai corrispondenti italiani in questi giorni. Ma l’attenzione e la spinta del governo intanto sembrano essersi molto affievolite. A serrare le fila e «fare sistema» è rimasta solo l’ormai ex ministro Severino, che ha incontrato i corrispondenti italiani la settimana scorsa. Ma solo sui questionari della Giustizia.