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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

QUANDO PARIGI DIVENTO’ COLONIA DEGLI EX TERRORISTI

Gilles Martinet, ambasciatore francese in Italia dal 1981 al 1985 e portavoce di Francois Mitterrand, fu considerato uno degli artefici della Dottrina che prese il nome del presidente sul diritto d’asilo in Francia. Fu lui a riferire che in una colazione all’Eliseo nel 1985 il presidente del Consiglio Bettino Craxi aveva chiesto a Mitterrand di tenersi Toni Negri ed evitargli il grattacapo di gestire il rientro di personaggi ingombranti come lui. “Rifiutandosi di rispedire gli ex terroristi nella loro madrepatria, la Francia era convinta di fare un favore all’Italia”, sosteneva Martinet.
Gli anni passano e per alcuni i reati sono caduti in prescrizione, come è stato per l’ex leader di Potere Operaio Oreste Scalzone, condannato a 16 anni, rifugiato in Francia e tornato in libertà nel 2007. Proprio la Francia tra il 1978 ed il 1982 grazie alla “Dottrina Mitterrand” offriva protezione negando l’estradizione a persone imputate o condannate, in particolare italiani ricercati per “atti di natura violenta, ma d’ispirazione politica”, purché avessero rinunciato a ogni forma di violenza, concedendo di fatto il diritto d’asilo. Per questo motivo, in quel periodo era diventata la meta di una migrazione di massa dei ricercati per gli Anni di Piombo: oltre 400 “eversivi italiani” cercarono protezione all’ombra della Tour Eiffel. Tra i rifugiati a Parigi fino al 2004 figurava anche Cesare Battisti, oggi sottoposto a una procedura d’espulsione in Brasile.
Nel 2002 la “Dottrina Mitterand” è stata de facto abrogata quando fu concessa l’estradizione dell’ex Br Paolo Persichetti, ma la disciplina non è stata applicata sempre in modo uniforme e ogni caso ha fatto storia a sè. Come quando nel 2007 a Parigi venne arrestata l’ex Br Marina Petrella, condannata in Italia all’ergastolo nel processo Moro - ter; la donna alla notizia di un possibile rimpatrio smise di mangiare dichiarando: “Consegneranno solo il mio cadavere”. Al suo capezzale arrivò la première dame Carla Bruni e l’anno successivo il presidente Nicolas Sarkozy decise la revoca della sua estrazione per “motivi umanitari”, viste le sue precarie condizioni di salute. In terre francesi - per fare qualche altro nome - trovarono rifugio Giorgio Pietrostefani (scappò in Francia prima della sentenza e da anni ormai è rifugiato non sappiamo bene dove), condannato a 22 anni di carcere assieme ad Adriano Sofri e Ovidio Bompressi per l’omicidio del commissario Calabresi, Enrico Villimburgo altro brigatista condannato all’ergastolo nel processo Moro-ter, Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, sospettate di contatti con le nuove Brigate Rosse per i delitti D’Antona e Biagi. Anche Franco Piperno - coinvolto nel rogo di Primavalle in cui persero la vita i fratelli Mattei - durante la latitanza si rifugiò in Francia, poi in Canada. Per lo stesso fatto Manlio Grillo trovò rifugio in Nicaragua e il suo ex compagno di Potere Operaio Achille Lollo in Brasile: nel 1993 il Tribunale supremo federale rigettò la richiesta di estradizione presentata dall’Italia. Per entrambi la condanna fu a 18 anni di reclusione, oggi prescritta.
Nel campo del terrorismo nero, è stato a lungo latitante Delfo Zorzi - militante di Ordine Nuovo - condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di Piazza Fontana e poi assolto con sentenza definitiva dopo 15 anni di processi. Nel 1989 Zorzi divenne cittadino giapponese, con il nome di Roi Hagen, bloccando così i tentativi di estradizione.
Non si può dire che l’Italia abbia raggiunto un successo diplomatico neppure nel caso dell’ex deputato del Pdl Amedeo Matacena. Condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, l’uomo è tuttora latitante a Dubai dopo che nel luglio 2014 gli Emirati Erabi si sono rifiutati di concedere l’estradizione perchè in quel Paese non esiste una fattispecie di reato corrispondente. L’ex ministro Claudio Scajola è tutt’ora imputato a Reggio Calabria - insieme alla moglie di Matacena Chiara Rizzo - con l’accusa di aver aiutato l’ex parlamentare a sottrarsi alla condanna programmando il suo spostamento dagli Emirati Arabi al Libano. Una storia simile - che ora sembra essere giunta alla sua conclusione - è quella del boss mafioso Domenico Rancadore, arrestato nell’agosto 2013 a Londra, dove si nascondeva da 20 anni. In quel frangente la giustizia britannica ha negato l’estradizione in Italia del “professore”, condannato in contumacia nel 1999 a 7 anni per il suo ruolo in Cosa Nostra tra il dicembre 1987 e l’aprile 1995. Ma adesso la pratica sembra conclusa e il rimpatrio potrebbe essere imminente. Infatti la Westminster Magistrates Court di Londra ha respinto il suo ricorso in base al quale, se estradato, rischierebbe un trattamento disumano nelle Patrie galere.
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