Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 08 Domenica calendario

OMBRE E LUCI EUROPEE CONCENTRATE IN UN GIORNO

Capita a volte che il calendario europeo racchiuda in sé una sintesi esemplare della complessità della crisi dell’euro, con sia i suoi sprazzi di luce che quelli d’ombra. L’inizio della settimana che viene ne fornisce un esempio didascalico. Domani, lunedì 9 marzo, vi sarà infatti l’avvio dell’allentamento quantitativo della Bce, già accolto da un’euforia sbrigliata dei mercati. Nel contempo si riunirà l’Eurogruppo per ridiscutere della Grecia, tra diffidenze reciproche e pessimismo diffuso, e possibilità non triviali di Grexit eventuale. A questa dicotomia di fondo se ne aggiungono altre. Per le obbligazioni di Stato, all’entusiasmo dei mercati fa da contrappeso il timore (sempre più presente tra gli analisti) che si tratti di un’esuberanza del tutto irrazionale, destinata a sgonfiarsi – non si sa quando, ma magari anche di colpo. Il rialzo in Borsa, poi, pare per lo più slegato dall’andamento dell’economia reale, facendo presentire anche qui una eventuale correzione.
Quale significato attribuire a questi segnali contrastanti? Certo, è nella normalità delle cose che i segnali che provengono dall’economia e dai mercati non siano univoci; raramente infatti indicano con sicurezza un unico possibile percorso. Importante in questa selva è che si delinei comunque un sentiero d’uscita sufficientemente affidabile da incutere fiducia in chi intraprende, investe e consuma. Gli andamenti positivi sui mercati a poco servono se non si ripercuotono in modo palese e generalizzato sulle imprese e sulle famiglie, traducendosi in finanziamenti a sostegno della loro capacità di investire e spendere.
Ma sono ancora troppe le ombre su questo sentiero virtuoso per le famiglie e le imprese. Limitiamoci a menzionarne due, entrambe valide per la zona euro nel suo complesso, seppure non in maniera uniforme: la condizione delle banche e l’incertezza che emana dalla situazione in Grecia.
Di strada se n’è indubbiamente fatta molta, ma la condizione delle banche in Europa continua a essere fragile, rendendole tuttora incapaci – o per lo meno restie – a erogare finanziamenti all’economia. A tal punto che si è giunti a celebrare come possibile “punto di svolta” il fatto che i crediti al settore privato, pur continuando a contrarsi, abbiano registrato un tasso negativo più contenuto a gennaio. Certo, si fa affidamento sul quantitative easing per mutare questa realtà. L’effetto immediato del Qe sui portafogli bancari, ancora gonfi (specie quelli italiani) di titoli di Stato, è certamente propizio, ma la consapevolezza che “è troppo bello per essere vero,” e il connesso timore di una correzione, induce a continua prudenza. Non vi è scampo: finché non viene fatta una vera pulizia dei bilanci bancari, la zavorra di un sistema bancario malfermo continuerà a pesare su qualsiasi ripresa. In questo quadro, i vari canali di trasmissione, introdotti con interessanti innovazioni dalla Bce nei suoi modelli di previsione, difficilmente potranno dispiegarsi.
Vi è poi la Grecia. La prossima riunione dell’Eurogruppo non appare promettente: la lista di riforme presentata da Atene è stata accolta freddamente, se non con scherno. La scarsa fiducia reciproca pare aumentare anziché scemare, e la via d’uscita è tutt’altro che chiara. I mercati sembrano essersene fatti una ragione, ma vi è un vero rischio che la tenuta delle “firewall” europee contro il contagio continui ad essere sopravvalutata. Vi è solo da sperare che tali baluardi non vengano messi alla dura prova di un eventuale Grexit.
Di fronte a queste ombre, le ultime previsioni della Bce aprono qualche spiraglio di luce, forse nella consapevolezza del ruolo che possono giocare le aspettative positive. Ma si tratta di un ottimismo del tutto relativo. Anche prendendo per buone le previsioni di crescita per il 2015-16 (1,5% e 1,9%), la zona euro continuerebbe a perdere terreno nei confronti degli Usa e, a fortiori, del resto del mondo. In questo quadro c’é poco da rallegrarsi anche per l’Italia, solito fanalino di coda di una zona già se stessa in declino relativo. Il previsto ritorno alla crescita è certo benvenuto, e sia dato merito dove dovuto, ma lo scarto col resto dell’Europa, presente ormai da decenni, persiste. Tale impoverimento relativo è il vero dramma nostrano, da cui l’obbligo di uno sforzo riformatore senza sosta. Su tutti i fronti, ma con un vero risanamento del sistema bancario in testa – e su questo siamo già in ritardo.
Alessandro Leipold, Il Sole 24 Ore 8/3/2015