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 2015  marzo 08 Domenica calendario

METAMORFOSI DA OSCAR

[Stephen Hawking] –
LOS ANGELES «Quando sono a Los Angeles non vedo l’ora di ritornare subito a casa, a Londra», dice Eddie Redmayne, 33 anni, premio Oscar per la sua interpretazione di Stephen Hawking in La teoria del tutto. Detto e fatto: l’attore del momento è sul set di The Danish Girl in cui impersona l’artista danese Einar Wegener (1882-1931) che diventò donna con il nome di Lili Elbe.
«Gli esseri umani hanno il potere di ogni loro trasformazione — dice Redmayne —. Non faccio certo paragoni, ma l’intera, coraggiosa esistenza di Hawking ce lo rammenta ogni giorno. Il film su di lui mi ha dato moltissimo, soprattutto il senso, il valore del tempo e anche una sorta di trascendenza. Lo scienziato per me ha rappresentato tante vite in una».
Nessun timore per questa sfida in un altro film biografico?
«Sono affascinato dalla mia nuova prova. Mi aiuterà nei movimenti e in ogni atteggiamento del corpo la bravissima Alexandra Reynolds, che mi è stata indispensabile per il film sull’astrofisico. Il film non è una biografia tradizionale ma la storia di un’anima e di un corpo che mutano, come l’identità del protagonista. La lettura del libro di David Ebershoff su Einar che divenne Lili mi ha preso dalla prima pagina all’ultima».
Come si è preparato alla parte?
«Faccio una premessa, non voglio usare la parola transgender per Lili: ciò che mi interessa è entrare nei pensieri, nella sensibilità, nei cambiamenti del protagonista. Una vita segnata da un nuovo inizio e da tanti passaggi».
Non ha avuto dubbi nell’accettare un personaggio così complesso?
«No, anzi. Mi intriga anche molto studiare gli anni intorno al 1920, quelli in cui Lili visse e rivendicò la propria identità. Sarà un lungo lavoro perché ciò che voglio è afferrare un cambiamento. Entrerò nella psicologia femminile che divenne dominante per Lili, e anche in quella che era stata la sua dimensione maschile».
Ha sempre detto che per lei «La teoria del tutto» era anche una grande storia d’amore. Lo sarà anche questa?
«Assolutamente sì. Perché Einar iniziò a posare per la moglie, un’ottima pittrice e illustratrice, e scoprì in se stesso qualcosa di diverso. Tengo molto a questo mio impegno, sono felice che nel cast ci siano magnifici attori inglesi ed europei».
Ha vinto l’Oscar, è considerato uno degli uomini dell’anno anche in fatto di moda, è considerato uno dei divi meglio vestiti...
«Però mi infastidisce che qualcuno mi consideri un ex modello. Non lo sono mai stato davvero, ho solo posato per qualche campagna pubblicitaria, da ultimo solo a scopi benefici. Ho studiato, con specializzazioni in Storia e Storia dell’Arte, a Eton e al Trinity College, laureandomi con il massimo dei voti. E ho alle spalle un lungo impegno in teatro, che mi ha portato anche al film I miserabili diretto da Tom Hooper».
Anche il suo amico Benedict Cumberbatch ha sempre alternato il teatro al cinema, ma entrambi sembrate conquistati dalle lusinghe di Hollywood….
«Benedict sarà presto Amleto e le sue recite sono già tutte esaurite... Non c’è competizione tra noi anche se ci paragonano sempre ed entrambi (Benedict per la tv nel 2004) abbiamo interpretato Stephen Hawking».
Tiene di più al Tony vinto per il teatro o all’Oscar?
«Sono significativi entrambi. Comunque, c’è qualcosa di magico nella statuetta che premia il cinema. Ero fuori di me quando hanno pronunciato il mio nome».
Hollywood è invasa e conquistata da attori inglesi. Cosa ne pensa?
«Tutto il bene possibile ed eravamo davvero in tanti anche ai party dopo gli Oscar. Abbiamo fatto gruppo, con Felicity Jones, corteggiatissima dagli Usa come Carey Mulligan. Auspico molti incroci tra il cinema europeo e quello americano».
Lei ha cambiato volto anche per entrare nei panni del Signore del Male in «Jupiter» dei Wachowski...
«Ogni mattina dovevo mettermi un chilo, o quasi, di trucco. Bastava questo a farmi sentire in un altro mondo, quello della fantasia. Il personaggio di Jupiter è a tutto tondo un cattivo, mi ha divertito. Hollywood regala sogni e incubi. Ma poi torno a Londra, parlo con mio padre che lavora con i numeri, compro libri di Storia e riprendo subito il senso della realtà».