Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 08 Domenica calendario

IN PRESCRIZIONE LA GIUSTIZIA E LE SUE

RIFORME –
Sulla giustizia fioccano trattative - essenzialmente tra Pd e Ncd - come se si trattasse di una spartizione politica e non di un confronto tra riforme utili o inutili. Un emendamento Pd-Scelta civica ha addirittura proposto che i tempi di prescrizione della corruzione passino da 10 anni a quasi 22, un’eternità che lascia perplessi anche molti esponenti della maggioranza. Ma in attesa che il disegno di legge approdi in Senato - il 17 marzo - è la retorica sulla (...) :::segue dalla prima FILIPPO FACCI (...) demonizzata prescrizione a lasciare basiti, stante l’impressionante quantità di sciocchezze che si va sentendo e leggendo. Se i processi vanno in prescrizione, infatti, è essenzialmente colpa dei magistrati e del sistema in cui si muovono: lo dimostra il semplice fatto che tre quarti delle prescrizioni matura durante le indagini preliminari e non dopo il rinvio a giudizio. I dati sono quelli che sono: ecco perché le ipotesi al vaglio della Commissione Giustizia suonano troppo assurde per essere vere, troppo fuori bersaglio per essere serie. Si è parlato, oltretutto, di congelare i termini di prescrizione sino al rinvio a giudizio o addirittura sino alla sentenza di primo grado, senza intervenire sulla durata della fase preliminare che appunto è quella che incide di più, e che dura semplicemente - al di là di ogni termine teorico - quanto pare ai pubblici ministeri. I quali, da una parte, sono costretti a fascicolare anche una spaventosa quantità di notizie di reato farlocche, dovute, destinate all’oblio; ma dall’altra sono comunque coloro che decidono - in virtù dell’ipocrita «obbligatorietà dell’azione penale» - quali fascicoli prenderanno la polvere e quali invece passeranno in corsia di sorpasso. Sono i magistrati a decidere le sorti delle montagne di pratiche che ogni tanto mostrano in tv a proposito di tempi geologici della giustizia: mentre non è chiaro chi controlla i fascicoli che vengono dimenticati e quelli che diventano improvvisamente urgenti. La semplice verità è che, all’ipertrofia della giustizia, i magistrati pongono parziale rimedio in maniera del tutto discrezionale. Che cosa ha dimostrato nei mesi scorsi, tra l’altro, il caso Bruti Liberati-Robledo? Che un cittadino, nel registro degli indagati, può essere iscritto o non iscritto secondo discrezione, che si può farlo, non farlo o farlo sei mesi dopo, farlo col suo nome o con uno di fantasia, si può dimenticarsi di un fascicolo per un mese o addirittura per sei mesi e lasciarlo chiuso in cassaforte. Sono infinite le cose che si possono fare: mandare un fascicolo a un dipartimento oppure a un altro, farlo rimpallare in eterno, rubricarlo a modello 45 o 44 o su altri binari morti, regolarsi diversamente a seconda che ci siano delle elezioni politiche o delle trattative d’affari, riesumare un fascicolo dormiente solo perché è uscito un articolo di giornale. E, se qualcosa non quadra, si può dire che è tutta colpa degli incombenti tempi di prescrizione. Il maggior responsabile dei tempi geologici della giustizia, beninteso, resta un sistema farraginoso e assurdo, quello dei fascicoli appunto obbligati, ciò che porta in particolare alcuni reati - soprattutto ambientali ed edilizi - a prescriversi la metà delle volte. Mentre la corruzione, che in termini di prescrizione non è un’emergenza, si prescrive il 10 per cento delle volte, non di più. Ma è facile che l’occuparsene, ora, sulla base di sondaggi e contingenze, torni politicamente utile al governo Renzi: a costo di ripropinare la balla storica della prescrizione dovuta all’azione dilatoria degli avvocati: perché si sa, il nostro sistema è troppo garantista, c’è gente che se condannata pretende addirittura di impugnare le sentenze. Se un avvocato chiede un rinvio, la prescrizione si sospende: ma i cronisti spesso si dimenticano di ricordarlo; la schiacciante maggioranza dei rinvii è richiesta dai magistrati, ma anche questo passa in secondo piano. I magistrati in compenso incolpano i politici o meglio la legge ex Cirielli, quella che nel 2005 diminuì i termini di prescrizione e però aumentò le pene per i recidivi: ma resta inspiegato come mai i prescritti prima della Cirielli erano 210mila e successivamente sono diventati 113mila: in altri termini, dal 2006 a oggi le prescrizioni sono diminuite del 50 per cento. E si potrebbe ottenere molto di più, se non si pretendessero cose assurde (tipo abolire l’Appello) e se i riti alternativi venissero riformati in modo da essere un po’ meno respingenti, o, ancora, se si decidesse a procedere a una depenalizzazione vera anziché istituire commissioni su commissioni. Nei ritagli di tempo, poi, si potrebbe addirittura perdere qualche minuto per spiegare agli italiani - magari durante un talkshow, peccato che siano pochi - che cosa sia esattamente la prescrizione e perché appartenga alla civiltà giuridica dei principali sistemi penali d’Occidente: spiegare che non è un oggetto misterioso teso ad assicurare impunità ai colpevoli, ma un istituto che oltretutto tutela il corretto accertamento dei fatti e quindi una giustizia degna di tanto nome. Ai magistrati che lamentano il prezzo sociale ed economico della prescrizione, insomma, andrebbe spiegato che devono guardarsi in casa; di passaggio - a proposito di prezzi sociali ed economici - si potrebbe ricordargli il numero di procedure aperte in vent’anni di ingiusta detenzione: 22mila fascicoli per 567 milioni di euro pagati dallo Stato.