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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

UN COLOSSO GLOBALE MAI VISTO PRIMA

DA SOLA, APPLE OGGI VALE più di tutto l’indice Standard &Poor’s 600 delle piccole imprese. E circa il doppio rispetto a uno dei maggiori giganti americani, la holding Berkshire Hathaways di Warren Buffet. E adesso gli investitori cominciano pertanto a chiedersi se il colosso californiano della tecnologia supererà i mille miliardi di capitalizzazione, un’entità mai raggiunta prima.
La convinzione generale che Apple ci riuscirà ha fatto lievitare il prezzo delle azioni della società di Cupertino a un nuovo record nelle ultime settimane. Anche gli analisti di Wall Street paiono dell’opinione che Apple non possa che crescere e non lasciano passare molto tempo tra una revisione al rialzo del prezzo delle azioni. La settimana scorsa, Goldman Sachs ha così calcolato in complessivi 770 miliardi la capitalizzazione dell’azienda, stando all’attuale flottante. Ma il target più alto, i 165 ad azione dollari calcolati da Shanghai Securities, alzerebbe il valore di mercato della società addirittura a 960 miliardi di dollari.
Ad avere spinto a un progresso di ben 19 per cento il titolo Apple nei primi due mesi del 2015 - rimpolpando la valutazione di mercato dell’azienda di minimo altri 110 miliardi di dollari - sono state le aspettative di numeri in crescita nelle vendite dell’iPhone, le previsioni di utili più alti, i programmi di riacquisto di azioni più consistenti degli Stati Uniti, i dividendi e la prospettiva di nuovi prodotti, tra cui, un’automobile.
Viceversa, le dieci aziende più grandi dell’S&P 500 dopo Apple hanno lasciato sul terreno nello stesso periodo 67 miliardi di dollari, tra cui più di 10 imputabili alle revisioni al ribasso di Exxon, Microsoft, Procter & Gamble e Johnson & Johnson.
«La possibilità che Apple nel prossimo paio di anni tocchi i mille miliardi è reale, e la ragione è a mio avviso che il multiplo che gli investitori sono disposti a pagare per il titolo Apple è più alto di prima», dice James Gautrey della società di risparmio gestito inglese Schroders. «Questo settore è stato sempre considerato tecnologia per il consumatore e soggetto quindi a rapidi cicli di espansione e crollo, com’è successo a Motorola, Nintendo e Nokia. Le innovazioni Apple invece propongono pagamenti, tecnologie per la salute e altri tipi di prodotto che continuano ad attirare i consumatori».
Le vendite dell’iPhone sono balzate del 57 per cento anno con ricavi pari a 51,2 miliardi di dollari nel primo trimestre fiscale, superando largamente le previsioni di Wall Street. Allo smartphone sono attribuibili due terzi degli introiti totali del periodo e il salto dei profitti a livelli record. Hanno tuttavia contribuito anche altri trend a più ampio respiro, come per esempio l’adozione del cloud. «La piattaforma Apple iOS è quella che beneficia maggiormente del sempre più intenso utilizzo del mobile, analogamente al ruolo svolto negli anni Novanta dalle piattaforme Microsoft Windows e Oracle nella diffusione delle applicazioni client per i server», spiega Deborah Koch, che gestisce il portafoglio del fondo tecnologico di Northern Trust.
Ciò ha dato il via a una revisione della valutazione del titolo e degli utili potenziali della società da parte degli analisti. Secondo le loro previsioni, nell’anno fiscale 2016, le vendite dell’azienda di Silicon Valley toccheranno i 237 miliardi di dollari, ossia il 17 per cento in più rispetto alle previsioni di dodici mesi prima. Gli analisti, inoltre, mettono in conto che l’utile per azione raggiunga l’anno prossimo 9,26 dollari, ben 44 per cento oltre quello del 2014 e un +29 per cento rispetto al consenso delle proiezioni di un anno fa.
«Ciò che sta espandendo la valutazione e quindi il prezzo del titolo è il continuo superamento delle aspettative da parte della società», dice Andrew Slimmon di Morgan Stanley Wealth Management. «Gli utili previsti continuano a crescere. La società registra profitti che superano le attese del mercato e di conseguenza il titolo sale».
La valutazione dell’azienda californiana resta comunque interessante per gli investitori per il potenziale di crescita. Il titolo Apple in borsa capitalizza a un multiplo di 15,4 volte gli utili previsti per il 2015, inferiore quindi al 17,7 calcolato per l’S&P 500. Tuttavia, per gli investitori che utilizzano come benchmark l’S&P 500, la rapida crescita della società guidata da Tim Cook, pone un’incognita. Di questo indice, che include 500 società di qualità secondo la loro capitalizzazione di mercato, Apple rappresenta il 4,1 per cento, ben di più di ogni altro componente. I gestori finanziari sono di conseguenza costretti a detenere una percentuale analoga nei portafogli per non ritrovarsi scoperti. Quelli che hanno ridotto la posizione hanno mancato dei guadagni. Una flessione del prezzo dell’azione rappresenterebbe invece un rischio.
Nel tempo, solo altre cinque società si sono spartite il primato della quota più alta dell’S&P 500. Ibm lo ha avuto per sei anni consecutivi, arrivando addirittura al 6,4 per cento dell’indice nel 1985.
Sulla base dei dati forniti da S&P Dow Jones Indices, escludendo Apple, l’indice S&P 500 tecnologico avrebbe guadagnato dall’inizio dell’anno solo uno scarso 1 per cento e l’S&P 500 generale perderebbe uno 0,55 per cento.
«Chi gestisce un portafoglio diversificato e non detiene Apple rischia molto. Ciò obbliga gli investitori istituzionali ad averlo in portafoglio», dice Slimmon.
Il programma di riacquisto - promosso anche dal noto investitore Carl Icahn - ha fatto da supporto al prezzo del titolo. L’anno scorso la società ha restituito tramite buy-back o dividendi più di 56 miliardi di dollari, spiegano a S&P Dow Jones Indices, ovvero, il 6 per cento dei 900 miliardi che le società dell’S&P 500 hanno allocato per restituzioni agli investitori. Anche il dividendo dell’1,4 per cento ha attratto gli investitori alla ricerca di reddito, perché pur non raggiungendo il 2 che offre l’S&P 500 in media, è sempre superiore al rendimento basso come non mai delle obbligazioni del Tesoro Usa a scadenza più lunga.
Gli analisti del comparto tecnologia di Credit Suisse prevedono che Apple rafforzi ulteriormente i programmi di restituzione da qui al 2017 per arrivare a 202 miliardi di dollari, di cui 37 per dividendi. Koch è dell’opinione che la mossa attrarrà sempre più investitori alla ricerca di asset che fruttino rendimenti periodici.
Nonostante il terreno guadagnato, tra gli investitori si aggira ancora lo spettro del crollo del 45 per cento del titolo nel 2012-2013, quando balenò la possibilità che la concorrenza guadagnasse quota. Altre società tecnologiche quali Microsoft e Ibm sono già passate da una crescita a livelli record prima di precipitare.
«Il panorama appare ora saldo, ma quel sentimento prima o poi si ripresenterà», dice Bob Doll di Nuveen Asset Management. «Se si ha fiducia, è allora che ci si dovrà posizionare per guadagnarci».