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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

LE BANCHE USA FANNO LA GUERRA AI VENDITORI DI FUMO

Dylan Donaldson è nervoso. È accompagnato da due guardie armate fino ai denti e, come ogni settimana da quando ha aperto un dispensario di marijuana, è il giorno in cui deve trasportare la merce scottante dal suo negozio a un deposito segreto in mezzo alle Rocky Mountains. Ogni volta cerca di usare una macchina diversa, mandando la sua auto su un tragitto alternativo per ingannare possibili malintenzionati. Da quando la marijuana è stata legalizzata nello stato del Colorado, però, la merce scottante non è più l’erba ma i contanti che questa genera. I soldi guadagnati con la marijuana, infatti, “puzzano” troppo per le banche americane che si rifiutano di aprire conti correnti a chiunque faccia affari con la cannabis, costringendo gli imprenditori a imboscare montagne di cash. «Quando chiudo il negozio la sera tardi o trasporto i contanti in depositi segreti sono sempre nervoso, nonostante le guardie e i loro mitragliatori», dice l’imprenditore trentenne.
Da quando Donaldson ha aperto la sua rivendita, Karing Kind, il business non ha smesso di aumentare. All’inizio distribuiva solo marijuana per uso medico, ma dopo il referendum che ha liberalizzato lo spinello, ha cominciato con quella ricreativa e ha fatto il vero salto. Oggi coltiva piante e rivende cime, olii, spinelli già rollati e dolciumi a base di marijuana. Ha cominciato con tre impiegati e l’anno scorso ne ha assunti altri nove. Ma più gli affari crescono, più diventa problematico gestire il cash ricavato. In passato ha aperto 12 conti correnti diversi, ma oggi non gliene rimane nemmeno uno. «Nessuna banca presta servizi a questo settore», sottolinea Donaldson. «L’anno scorso ho pagato circa un milione di dollari in tasse. Ho dovuto farlo in piccole rate per evitare di portare all’Agenzia delle Entrate tutti quei contanti».
Negli Usa, la cannabis per uso medico è legale in 23 Stati. Da gennaio 2014 Colorado e Washington State hanno liberalizzato la vendita anche per uso ricreativo e pochi mesi fa Alaska, Oregon e District of Columbia hanno fatto altrettanto. Il business sta crescendo a gonfie vele. Per l’anno scorso, le stime dell’associazione di rivenditori e produttori di cannabis parlano di un fatturato complessivo di 2,7 miliardi di dollari fra marijuana per uso medico e ricreativo, di cui quasi 800 milioni solo in Colorado. C’è un problema, però: la vendita di marijuana resta illegale a livello federale. E nonostante Washington abbia promesso di rispettare le leggi statali, le banche non si fidano, temendo possibili sanzioni. E preferiscono tenersi alla larga dalle imprese coinvolte nel settore.
«Non c’è modo di aggirare la legge federale che vieta di trattare sostanze illegali e i profitti derivati», sottolinea Don Childears, direttore della Colorado Bankers Association. «Anche accettare un deposito può essere considerato come un tentativo di riciclaggio».
La Fourth Corner Credit Union, è una nuova banca creata appositamente per fornire servizi finanziari all’industria della marijuana legale. A Denver c’è uno sportello già pronto da qualche mese, con tanto di drive-in per permettere ai clienti di depositare i contanti senza dover scendere dalla macchina. La porta d’ingresso della nuova sede, però, per il momento resta sbarrata: Forth Corner Credit Union sta ancora aspettando dalla Federal Reserve l’autorizzazione per aprire.
Questo significa che i rivenditori devono pagare stipendi e tasse in contanti e gestire enormi quantità di banconote, spesso di piccolo taglio perché le banche rifiutano persino di cambiare i biglietti minori in pezzi da 100 dollari. C’è chi nasconde i soldi in luoghi sicuri e chi cerca di aprire conti sotto falso nome o non dichiarando la vera natura dell’impresa. Il problema è che, spesso, le banconote puzzano veramente, rendendo più difficile nasconderne l’origine. La cannabis ha un odore molto penetrante — entrare in un rivenditore di marijuana è come entrare in un negozio di saponi. E se i soldi restano a lungo immersi in questi ambienti, finiscono con assorbirne l’odore.

Incasso e sicurezza. Per evitare questioni, alcuni rivenditori li custodiscono in buste di plastica sigillate. Ma per motivi di sicurezza, alla fine i contanti finiscono spesso per essere tenuti in casseforti insieme all’erba, vanificando le precauzioni antiodoranti.
Nel 2012, la Verity Credit Union di Seattle è stata una delle prime banche dello Stato di Washington a offrire i suoi servizi ai produttori di marijuana per uso medico, ai tempi l’unica legalizzata. Ma dopo poco più di un anno ha dovuto smettere. «Oltre ai rischi legali, abbiamo scoperto che i contanti puzzavano di marijuana», ha ammesso l’amministratore della banca, John Zmolek, in un’intervista rilasciata al Wall Street Journal. «Non potevamo fare molto con quei soldi. Pochi clienti accettano banconote profumate alla marijuana».
L’uso forzato di cash in questo business ha stimolato la nascita di varie agenzie di guardie armate che impiegano ex militari e poliziotti. «Abbiamo cominciato a lavorare con l’industria della marijuana a maggio dell’anno scorso con un fatturato di 5.000 dollari al mese», dice Hunter Garth, direttore di Iron Protection Group, società del Colorado formata da veterani delle guerre in Afghanistan e Iraq. «Oggi ne guadagniamo circa 200.000 al mese e continuiamo a crescere».
Anche le società di sicurezza, però, sono tagliate fuori dal circuito bancario. I loro soldi puzzano meno ma sono comunque legati all’industria di marijuana e quindi le banche preferiscono tenersi alla larga. Iron Protection Group è stata costretta a chiudere il suo ultimo conto corrente poche ore prima di parlare con noi. Al momento non ha una banca e dovrà trovare una soluzione alternativa per depositare i contanti in un luogo sicuro. «La mancanza di accesso al sistema bancario per noi è un’arma a doppio taglio», ammette Garth. «Crea opportunità di lavoro ma rende gli affari molto più complicati da gestire, pur potendo curare autonomamente l’aspetto della sicurezza».

Difficoltà di crescita. Altro problema per gli imprenditori della ganja è l’impossibilità di ottenere credito dai canali ufficiali. Fra immobili, attrezzature, mano d’opera e tempi morti in attesa dei raccolti, gestire un business in questo settore può essere costoso. Questo aumenta il rischio che, per finanziare le loro operazioni, gli imprenditori finiscano nelle mani di strozzini. «La questione della sicurezza è la più choccante, perché può condizionare la vita degli imprenditori, dei loro impiegati e, più indirettamente, dei loro clienti», fa notare Taylor West, vicedirettore della National Cannabis Industry Association. «Ma da un punto di vista strettamente economico, la mancanza di accesso al sistema bancario crea difficoltà logistiche e di efficienza che rischiano di strangolare il business».
I problemi derivati dall’impossibilità di avere conti bancari, carte di credito e finanziamenti riguarda anche produttori e rivenditori di erba a scopo terapeutico. Esistono malattie sulle quali la marijuana ha effetti benefici: un esempio è la sindrome di Dravet, grave forma di epilessia su cui i medicinali classici hanno poco effetto, lasciando i pazienti preda di crisi frequenti. Questa particolare malattia sembra invece rispondere bene all’uso di un certo tipo di canapa, detta Charlotte’s Web. I ricercatori scientifici sono ancora cauti nel certificare gli effetti benefici della pianta e sottolineano il bisogno di test di lungo periodo. Ma centinaia di pazienti sono pronti a testimoniare il contrario. Il fatto che contenga molti cannabinoidi e poco Thc (il principio attivo che causa lo sballo) rende questa marijuana praticamente inutile da fumare, e ricercata solamente da chi soffre gravi forme di epilessia. Tanto che la principale produttrice americana di quest’erba, la Stanley Brothers Social Enterprise di Colorado Springs, ha una lista d’attesa di oltre 10.000 pazienti che vorrebbero comprare l’estratto derivato dalla pianta. Peccato che la mancanza di servizi bancari stia rendendo più difficile la crescita del business, impedendo all’azienda di tenere testa alle ordinazioni.
La legalizzazione della marijuana punta a far emergere un mercato illegale che fino ad oggi è stato in mano alla criminalità organizzata. Ma la confusione ancora presente rischia di azzoppare i buoni propositi della legge. Questo, però, non sembra fermare l’ondata di liberalizzazioni che sta prendendo piede negli Stati Uniti e nel prossimo futuro potrebbe toccare Stati come la California, il Massachusetts e il Nevada, che nel 2016 dovrebbero votare referendum pro liberalizzazione.
Per il momento, quello della marijuana resta un business fatto di piccole società personali. C’è chi dice che presto grandi multinazionali del tabacco o dell’alcol potrebbero entrare nell’affare, avvalendosi del loro know how e delle catene di distribuzione già a disposizione. Se così fosse il business, rischia di moltiplicarsi ulteriormente. E allora sarà difficile che le banche americane restino a guardare, lasciando che gli imprenditori continuino ad accumulare i soldi sotto il materasso.