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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY TIFAVA SAMP

Memorie calcistiche di Dante Matelli, firma dell’Espresso d’antan e sceneggiatore di Marco Ferreri, ispirate dal pezzo di Michele Castelli su Walter Mazzarri, «mister d’acqua salata», allenatore sia della Sampdoria che dell’Inter (squadre del cuore di Matelli). Gli lascio la parola.
«Da ragazzino, dopo la guerra, in Versilia andavo dietro i portieri in pineta (si ossigenavano così) e raccattavo i palloni. Alla fine della giornata la Juve — il peggio era Eros Muccinelli, un romagnolo che si credeva un Agnelli — manco ti ringraziava. Anzi. Risultato: sono antigobbo. La Fiorentina idem. L’Inter e la Samp regalavano sempre qualcosa. Ricordo Nyers, Skoglund, Blason, ciabatta e calzoncini, tute flaccide, a cazzeggiare in bici da donna. Della Samp ho avuto i calzettoni fino all’età del soldato. Ci giocavano Franco Sattolo, (alto e con un’apertura di braccia strepitosa) e Valeri, due miei amici, ambedue portieri. Il primo, Sattolo, un profugo istriano, nella nostra squadretta era “il matto”: si attaccava alle traverse per spaventare gli attaccanti come un ourang outang, tipo Walter Chiari nell’Inafferabile 12 (grande successo negli anni 50). Valeri (non ricordo il nome anche perché faceva spessissimo il vice, sbarrato da Battara, credo) era più compassato ma altrettanto fantasioso. Poi c’è un motivo in più. Della Samp era tifoso Angelo Ravagli, bersagliere, l’amante (vero) di Frieda Lawrence, colui che ispirò la figura del guardacaccia Mellors nell’Amante di Lady Chatterley. Quando morì andai a Spotorno, nella Riviera di Ponente, per l’Espresso per parlare coi suoi amici. Alzai gli occhi e fu un trionfo di bandiere blucerchiate».

a bavero alzato. Claudio Covini è un altro degli ormai numerosissimi sessantenni alla riscossa nel nome di Alain Delon, protagonista di La prima notte di quiete di Valerio Zurlini. «Mi ha colpito scoprire il ricordo di un film che pensavo fosse finito nel dimenticatoio, o peggio fosse stato del tutto cancellato dalla memoria collettiva. Per noi ventenni di allora quella figura di Delon ha rappresentato un mito, un personaggio con cui identificarsi o comunque confrontarsi. Quel bavero tenuto sempre alzato mi ha contagiato da allora, tanto che per me è diventato un gesto naturale che ho sempre conservato, così come quella figura di professore un po’ naif e controcorrente che cercai di imitare nei due anni di esperienza di insegnamento».

Ottobre ’72. Anche al lettore Ettore Avallone quel film fece uno strano effetto: «Ricordo ancora la mia fidanzatina di allora uscire come stranita dal cinema dopo la proiezione e negarsi risolutamente alle mie goffe avances. La realtà è che avevamo scoperto, io con rabbia ed invidia, lei con passione e partecipazione, che Delon non era un insulso bambolotto, un attorino di successo solo grazie all’ambiguo rapporto con Visconti. Era un grande oltre che bellissimo attore. Per quelli come noi tutto ciò era insopportabile. Cominciare da allora ad uscire col bavero del cappotto sollevato fumando Gauloise papier mais non riusciva a lenire la nostra sofferenza». Così andarono le cose nel lontano ottobre del 1972.