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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

NERI PER CALCIO


Abidjan, Costa d’Avorio. La prima città mercato nel cuore dell’Africa ha tutto per tutti. Un imprenditore di Avellino va a comprare il miglior legno per casse da morto. Scopre che l’Accademia del calcio ivoriano ha lanciato ragazzi diventati famosi in Europa: da Didier Drogba a Gervinho. Pensa ad una importazione parallela: bare e giocatori. Invita due amici italiani, gente di calcio, il procuratore Mariano Grimaldi e Gigi Pavarese, direttore sportivo di Torino, Napoli, ultimo club la Nocerina. Grimaldi descrive un penoso suk. Commercio di piccoli uomini senza regole né cuore, «Io domando l’età di un ragazzo interessante. Ed un tipo mi fa: Quanti anni vuoi che abbia? Chiedo del passaporto, vorrei vederlo, e mi risponde: “no problem, lo avrai come ti serve”. Ho il dubbio che in Africa si possa avere tutto, mi viene il sospetto che chissà quanti siano arrivati con età e nomi falsi, se tutto è “come ti serve” e “no problem”. Penso a mio padre, Stanislao Grimaldi, un giuslavorista stimato. Non resto un minuto in più. Gigi ed io decidiamo di ripartire, vengano altri a comprare giocatori».
Mariano Grimaldi è un talent-scout. Non tratta africani, solo italiani e sudamericani, come il brasiliano Farias del Cagliari. Ci sono forse racconti come il suo dietro la polemica di Arrigo Sacchi, il «profeta di Fusignano» che portò il Milan a vincere la Coppa Intercontinentale nel 1989, la Nazionale italiana alla finale mondiale persa negli Stati Uniti ai rigori nel 2004, giudicato dal Times «il miglior allenatore italiano di tutti i tempi, numero 11 nel mondo». La sua riflessione dopo il torneo giovanile di Viareggio («Sono preoccupato, vedo troppi giocatori di colore tra i giovani, Italia senza dignità, è solo business») ha provocato violente reazioni. L’Inter ha vinto con 4 giocatori di colore su 11. Sacchi ha chiarito («Sono troppo intelligente per essere razzista») senza negare i pericoli di una importazione così massiccia. L’Italia tessera ogni anno 10 mila stranieri, di ogni età e tornei, professionisti, vivai e dilettanti.
Un club di serie A può avere solo due extracomunitari. Se acquista il terzo deve cederne uno. «Ecco perché le società tesserano giovani senza valore con contratti da professionisti, da tenere stand-bay e scaricare appena arriva uno straniero giusto», spiegano quelli del giro, faccendieri e mediatori.
Il caso di Kalifa dimostra il contrario. Un paradosso. Per un ragazzo senza contratto entrare legalmente è più difficile che arrivare da clandestino in Italia con i barconi. L’avvocato Carla Trammino, presidente di AccoglieRete, lotta da un anno nei tribunali per Kalifa, 16 anni a settembre. Rivela solo il nome per coprire l’identità del padre, rifugiato politico del Cambia, paese che rischia un golpe dopo l’altro. Il ragazzo è appena sbarcato ad Augusta, uno spettacolo vederlo giocare sul campo di Pinolo. Calda Trummino chiede al medico sportivo Antonello Liuzzi un giudizio. Ecco: «Ha tutto per diventare un campione». Corsa in farmacia per una scheda: peso e altezza. Fatto poi con abiti da calciatore e plico con richiesta di un provino. Il Catania lo prende subito, ecco Kalifa nel centro di Torre del Grifo. Ma spunta un ostacolo. Occorre la firma del padre per il suo contratto. Non c’è neanche uno dei disinvolti mezzani di Abidjan per una delle truffe più diffuse: una firma falsa. L’avvocato Trummino si rivolge al giudice civile di Siracusa, «c’è un tutore che sostituisce il genitore», è la tesi. Il Catania informa la Federcalcio che a sua volta gira il ricorso alla Fifa. È passato un anno. Quel silenzio è il dramma di Kalifa. «Siamo in attesa», si limita a dire la Trummino, attenta a non irritare nessuno. Ma confida: «Sono preoccupata per il ragazzo, è frustato, non parla più». Depressione, ultimo dramma di una vita difficile.
Il calcio è l’illusione dei ragazzi che sbarcano in Italia dalle coste libiche. Attenua lo strazio del viaggio. Come raccontano i tre accolti dal Modica Calcio, che per loro organizza una partita e li veste finalmente da giocatori. Sembrano felici Louie Gomez, Lamin Cham, Sabidou Trawally, 16 anni, intervistati da Ragusa H24. Il primo è scappato dalla Guinea Bissau in guerra, arriva in Libia attraverso Senegal, Burkina Faso, Mali, Niger. Racconta di aver «visto ragazzi uccisi a sangue freddo per rubargli le scarpe». Quanta sofferenza dietro i sogni dei ragazzi africani e il cinico business europeo: quanti si illudono, e quanti sfondano?
Fortunato chi incontra talent-scout credibili e club attrezzati. Il più attivo è l’Udinese con Andrea Carnevale e Manuel Gerolin. Dai tempi del direttore generale Pirpaolo Marino. La società ha una sala con 40 schermi sempre accesi e 8 tecnici a spiare giocatori di tutto i mondo. «Scegliamo i migliori ma non paghiamo poco, c’è chi costa fino a 200 mila euro. Valorizziamo e rivendiamo. Non solo calcio, frequentano le scuole, imparano la lingua, usano il pc», spiega Carnevale. L’Udinese li fa poi girare tra le società satellite: Granada, Watford, ma anche in Slovenia. Da questa giostra sono emersi i tre fratelli ghanesi Asamoah, Cuadrado, Muriel e anche Alexis Sanchez ora al Barcellona.
Altro club che investe sui giovani stranieri è il Chievo. E Pierpaolo Marino, ora passato all’Atalanta, ha al fianco proprio due specialisti ex Chievo: il direttore sportivo Giovanni Sartori e il talent-scout Maurizio Costanzi. E proprio Costanzi spiega: «L’Italia produce poco. Si va quindi fuori a cercare. Come fanno Inghilterra, Germania, Spagna e Francia. Vanno sui mercati più ricchi. Noi poveri sui mercati poveri. Le società sono aziende e devono curare il profitto per reggersi. La Nazionale ha il suo spazio: non ditemi che su 63 milioni non si trovino 28 italiani buoni per una Nazionale». Costanzi ammette che i giovani subiscono il trauma dello strappo dalla loro terra. «Ma non solo gli africani. Tutti. Ci sono quattordicenni che dalla Sicilia vanno a Torino, non è uno strappo?».
Gianni Di Marzo lavora per club inglesi, è stato responsabile dell’area estera della Juve. Sul filo dell’antropologia, distingue: «L’origine è importante. Gli africani da prendere sono quelli di paesi dominati in passati. Francesi e olandesi hanno gioco facile. Io preferisco i brasiliani del sud e gli argentini». Di Marzo fu il primo a segnalare Maradona diciottenne, aveva un accordo siglato, ma il Napoli prese tempo per comprarlo sei anni dopo a 13,5 miliardi di lire. Avverte: «Arrivano giovani importanti. Il guaio è un altro: se emergono, l’Italia è costretta a rivenderli. Siano in crisi».
I migliori in Italia sono ormai gioielli preziosi. Coman della Juve e Keita della Lazio, fra questi. Costanzi segnala anche il più giovane ghanese Isaac Donkor deil’Inter, con gli italiani Bonazzoli, Rugani e Verde. Il mancato presidente della Ficg, Demetrio Albertini, sconfitto da Tavecchio in una sfida impari al blocco di potere contestato ma inaffondabile, aveva nel suo programma una «rivoluzione culturale per l’integrazione. Con i miei figli a scuola vanno cinesi, giapponesi, indiani. Sono nati in Italia, vivono in Italia, lavoreranno in Italia. Vedremo quindi sempre più giocatori di colore, è malcostume discuterne». Avanzano i fratelli di Balotelli, neri ma italiani figli di italiani aiuteranno la Nazionale. E la polemica di Sacchi svanirà nel folclore di Viareggio. Ha parlato nei giorni del Carnevale.