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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

CORSIVI

«L’inchiesta che mi riguarda è stata aperta nel 2010 da Diego Marmo, lo stesso pm che accusò ingiustamente EnzoTortora»: così Marcello Fiori, l’ex commissario agli scavi di Pompei accusato dalla Corte dei conti di aver sperperato in «opere stravaganti» i soldi dell’emergenza. Non il primo e probabilmente neppure l’ultimo che, come prova regina della propria innocenza, fa uso e abuso del nome di Enzo Tortora. Che, ricordiamolo, arrestato nel 1983 per traffico di stupefacenti e reati di camorra, dopo tre anni di calvario fu assolto con formula piena dalla Corte d’appello di Napoli: una Caporetto per quei magistrati e giudici che avevano dato retta alle false accuse dei pentiti. Dopodiché, «trattato come Tortora» è diventato l’argomento a discolpa di chi non ha altri argomenti, l’alibi osceno di chi si fa scudo della sofferenza di un galantuomo per millantare il martirio. Invece di mordersi la lingua, a Tortora si sono paragonati alcuni imputati eccellenti per reati di corruzione: Ottaviano Del Turco (condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi), Giancarlo Galan (che ha patteggiato e restituito il maltolto) e naturalmente Silvio Berlusconi. L’altra sera, Enrico Mentana ha riproposto un intervento di Enzo Tortora a favore del referendum radicale sulla responsabilità civile dei giudici. Comunque la si pensi, parole che suscitano rispetto. Contro chi specula sul nome del padre, la figlia Gaia ha detto: «Si tratta di un’altra storia e di un’altra persona». Vale anche per Marcello Fiori.