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 2015  marzo 06 Venerdì calendario

ROMA Il primo. Federico Di Meo, spacciatore ambizioso, in conflitto con un clan di albanesi, ucciso con cinque proiettili al torace e alla testa sulla strada per Velletri

ROMA Il primo. Federico Di Meo, spacciatore ambizioso, in conflitto con un clan di albanesi, ucciso con cinque proiettili al torace e alla testa sulla strada per Velletri. La seconda. Cinzia Pugliese, un passato di piccola manovalanza criminale protetto sotto un diploma da estetista, gambizzata nel suo centro di bellezza all’Ardeatino. Il terzo. Sesto Corvini, piccolo costruttore riconvertito al prestito a usura, freddato con cinque colpi al volto esplosi da una Taurus, mentre era al volante del suo furgone nella periferia di Casalpalocco. Si potrebbe andare avanti, così come ha fatto l’ex killer a contratto Giancarlo Orsini con i carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda di Roma, Michele Prestipino ricostruendo episodi e relativo tariffario. Orsini, passato fra i collaboratori di giustizia, ha aiutato i pm Giuseppe Cascini, Clara De Cecilia e Francesco Minisci a riannodare i fili di sei delitti finora insoluti. L’ultimo dei quali, l’omicidio di Roberto Musci, un pregiudicato agli arresti domiciliari, lo aveva portato in carcere e avviato a un probabile ergastolo. «Nessun dubbio può nutrirsi sulla spontaneità delle dichiarazioni rese quanto ai fatti narrati» scrive il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di arresto, eseguita dalla Mobile, di sei altri complici. In tre mesi di audizioni protette il killer ha ricostruito per la Procura circostanze, dettagli e dunque anche compensi percepiti. Tremilacinquecento euro per sparare ai polpacci di Cinzia Pugliese e farle pagare vecchi conti in sospeso con la criminalità organizzata. Diciassettemila per eliminare De Meo «che come spacciatore so che stava creando problemi». La cifra più alta per l’omicidio più rischioso. Venticinquemila euro, da dividere con un complice, per l’uccisione di Corvini il cui mandante resta sconosciuto, anche al killer. «Io chiesi subito se era una persona di strada (esperta, ndr )» racconta Orsini ai pm. La risposta fu sì. Non solo. «Mi dissero che il committente era qualcuno che veniva vessato e strozzato da questa persona». Ex buttafuori da discoteca, Orsini, 48 anni, era stato tradito da uno scooter rubato usato per l’omicidio di Musci. In quell’occasione il killer si era lasciato convincere a commettere il delitto da una malintesa forma di compassione: «Un giorno lo vado a prendere (il committente, ndr ) e trovo il figlio nudo con una canna da pesca in mano che faceva i gesti delle persone malate di autismo... Lui ha capito che io ero influenzabile su ‘sta cosa». Il. Sa.