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 2015  marzo 05 Giovedì calendario

IL REATO DI FALSO IN BILANCIO PRESUME LA CHIAROVEGGENZA

Pare che Enrico Cuccia, il grande vecchio di Mediobanca, davanti al pool di Mani pulite che lo stava interrogando, ebbe il coraggio di dichiarare che nella sua lunga vita non aveva ancora visto un bilancio veritiero. L’affermazione sembra paradossale, ma chi conosce la materia sa benissimo che i bilanci veri non esistono, non possono esistere, sono solo un’ipotesi per non addetti ai lavori. Non solo perché spesso l’imprenditore e i suoi consulenti hanno interesse a stiracchiare le cifre in un senso o nell’altro per pagare meno imposte oppure per coprire una situazione difficile che renderebbe improbabile la concessione di ulteriore credito bancario, del quale magari c’è un’assoluta necessità. Molto più radicalmente i bilanci non possono essere veri perché sono in gran parte basati su delle stime che, anche se operate con la massima competenza e prudenza, possono (e spesso sono) sempre essere disattese dai fatti, che hanno l’ardire di presentarsi spesso in modo diverso da come vengono immaginati.
Sono fondati su stime, per esempio, la valutazione degli ammortamenti, delle rimanenze, dei crediti esigibili o meno. Nulla di strano se qualcuna di queste stime non si realizzi come era stata prevista. Il problema è che la riforma della punibilità del falso in bilancio, all’esame del ministero delle giustizia, sembra non tener conto di queste verità fondamentali. Rimette infatti la punibilità del reato di falso in bilancio alla valutazione discrezionale del giudice, eliminando non solo tutte le soglie che servivano finora a presidiare un minimo di tranquillità dell’imprenditore, dei sindaci e dei revisori, ma trasformando la fattispecie da reato di danno in reato di pericolo. Cioè, non importa se il bilancio rivelatosi non veritiero non ha creato danni a nessuno. Le sanzioni, le più severe in Europa, sono garantite. In pratica si mette il sistema economico sotto la spada di Damocle di giudici (istigati magari da delatori, nemici politici, concorrenti, malavitosi) spesso per nulla competenti (gira nei palazzi di giustizia la barzelletta che ci sono magistrati convinti che il bilancio sia il maschio della bilancia). Tutto per soddisfare l’ansia di giustizialismo di una sinistra che, in quanto a cultura d’impresa, non ha ancora superato l’esame di ammissione alle scuole elementari.