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 2015  marzo 05 Giovedì calendario

I COMPUTER SPENGONO LE GRIDA NELLA PIU’ GRANDE BORSA DEL CIBO

C’era una volta una stanza ottagonale chiamata “pit”, dove si riunivano parecchi adulti molto chiassosi, che urlando e facendo strani segni con le mani si scambiavano tonnellate di merci varie. Questa storia lunga quasi due secoli è finita all’inizio di febbraio, quando il CME Group di Chicago ha annunciato che chiuderà i suoi “open outcry”, cioé i mercati dove dalla metà dell’Ottcento si facevano i prezzi di tutti i beni prodotti dall’agricoltura e dall’allevamento. Li sostituirà la precisione silenziosa dei computer, che però sempre là, nella borsa della “città ventosa”, continuerà a far girare cotolette di maiale, burro o mais in tutto il mondo.
Chicago è al centro del Midwest, praticamente il granaio degli Stati Uniti. Era stato naturale, quindi, creare là i mercati dove si scambiavano questi prodotti. Così nel 1848, mentre in Italia stavamo ancora combattendo la Prima guerra d’indipendenza, nella città dell’Illinois aprì le porte il Chicago Board of Trade, il più antico scambio di future del mondo. Pochi anni dopo, nel 1898, era stato creato il Chicago Butter and Egg Board, per fare esattamente ciò che indicava il suo nome: scambiare burro e uova, su scala nazionale. In breve le attività si erano allargate, e quindi il nome era stato aggiornato in Chicago Mercantile Exchange.
Per oltre un secolo queste due istituzioni hanno continuato a funzionare come si vedeva nei film, contendendosi senza esclusione di colpi gli affari più convenienti, anche quando la città era assediata dalle attività criminali di boss mafiosi come Al Capone. Ogni mattina gli operatori indossavano le casacche colorate che distinguevano le loro mansioni, e scendevano dentro agli “open outcry”, ossia quella specie di anfiteratri in miniatura dove avvenivano gli scambi. Cominciavano a urlare e gesticolare, secondo un preciso linguaggio di segnali chiamato “arb”, tanto incomprensibile per i profani, quanto dettagliato e chiaro per gli addetti ai lavori. Se un broker teneva le palme aperte e le spingeva lontano dal suo corpo, voleva vendere; se invece le rivolgeva verso il suo corpo, segnalava l’intenzione di acquistare. E poi c’erano i gesti che indicavano i numeri, le quantità, e le urla che accompagnavano gli ordini.
Sembrava il caos assoluto, e invece era un meccanismo infallibile con cui venivano mosse enorme quantità di merci agricole e prodotti di allevamento, prima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo. Era praticamente impossibile, almeno in America, mangiare un pop corn che non fosse passato almeno per un secondo in questi “pit”.
Globalizzazione e tecnologia, però, hanno finito per conquistare anche la tradizione secolare. Nel luglio del 2007 il Chicago Mercantile Exchange si è fuso con il Chicago Board of Trade, creando il CME Group, un colosso da 3 miliardi di ricavi all’anno, che in sostanza muove tutto il cibo consumato negli Stati Uniti, e oltre. Era solo questione di tempo, quindi, prima che la rivoluzione digitale completasse la trasformazione, per raggiungere più facilmente i mercati globali emergenti come quello cinese. All’inizio di febbraio, infatti, i direttori del CME hanno annunciato la chiusura di tutti gli “open outcry” della compagnia, a Chicago e anche a New York. Niente più casacche, urla e segnali: solo clic di computer, efficienti e silenziosi, per 24 ore al giorno.
Nella vecchia guardia degli operatori è scoppiata quasi la rivolta, al punto che fuori dalla stanza dove si prendevano le decisioni è stata chiamata la polizia, per riportare la calma. Non era solo nostalgia per il passato glorioso, ma puro interesse personale. Le licenze che autorizzano a commerciare nella borsa di Chicago, cioé i “seat”, erano arrivate a costare 775 mila dollari l’una nel 1997. Un prezzo record, su cui tuttavia valeva la pena di investire, perché significava mettersi a posto per il resto della vita. Diciotto anni dopo, però, il valore delle licenze è crollato: l’ultima è stata venduta all’inizio di febbraio per 290 mila dollari, e dopo l’annuncio della chiusura dei “pit” varrà ancora meno. Come era già capitato alle carrozze tirate dai cavalli, non resta altro da fare che abituarsi. Chicago rimarrà la borsa mondiale dei prodotti agricoli, muovendo il cibo in tutto il mondo, ma lo farà col soffio dei computer invece delle urla dei broker.