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 2015  marzo 05 Giovedì calendario

LUCONE, IL PRINCIPE RANOCCHIO BACIATO DALLA DAVIS

Quando stamane ad Astana poserà per le foto al sorteggio di Kazakistan-Italia, primo turno di Coppa Davis, Luca Vanni da Foiano della Chiana, Arezzo, sarà un (quinto) uomo felice.
Riconoscerlo nel gruppo con la tuta della Nazionale non sarà difficile: «Sono quello alto 198 cm con i pantaloni a bracaloni , come diciamo noi in Toscana...». Zero presenze in azzurro. Un anno fa era oltre il n.700. Né gli avversari né la Federtennis gli avevano preso le misure. «Lorenzi è amico da sempre. Fognini mi ha mandato un sms dopo la finale di San Paolo. Seppi e Bolelli li ho conosciuti qui». Benvenuto, Luca.
C’è qualcuno al mondo più felice di lei, oggi?
«È un bel momento. Quando Sergio Palmieri mi ha telefonato per anticiparmi la convocazione, mi ha assalito il dubbio: andare a Indian Wells a far punti nelle quali o dire di sì?».
Sono domande da porsi?
«Mi spiego meglio. Grazie all’exploit in Brasile, sono n.110 dell’Atp. Se passo nei top-100 entro diretto in tabellone al Roland Garros. Un dettaglio che, a me, cambia la vita. Ma poi ho pensato: è la Davis, è la Nazionale. Quando mi sono messo la tuta dell’Italia mi sono emozionato. Se ho aspettato 29 anni per far punti, posso aspettare ancora un po’. Ed eccomi ad Astana».
Bel posto, il Kazakistan?
«C’ero già stato nel 2014 dopo un challenger a Taiwan...».
La sua vita precedente.
«In Davis, in effetti, si sta da pascià. Camera d’hotel pazzesca. Dottore, fisioterapista e osteopata solo per noi. Servito e riverito. E Corrado Barazzutti, il c.t., è fantastico: sono la riserva ma mi ha fatto subito sentire parte del gruppo».
Racconti .
«Allo scambio dei regali alla cena di gala, io stavo in disparte. Corrado mi ha chiamato e mi ha dato il suo».
Artigianato kazako?
«Il simbolo della città: sembra oro, ma non credo sia zecchino... Comunque mi sento ancora più motivato: la prossima volta cercherò di essere tra i titolari».
Tanti infortuni, la gavetta infinita, il lavoro da maestro al Tc Giotto. Come ha fatto clic tra i professionisti, Luca?
«Il mio coach, Fabio Gorietti, dice sempre che il 90% dei risultati di un tennista è merito suo. Dico grazie a me stesso, innanzitutto. Sono sempre stato avaro di elogi: finalmente mi sento orgoglioso di me».
La svolta quando?
«A 28 anni. Ero reduce dall’ennesima operazione, al tendine. Come spettatore pagante sono andato al Foro a vedere gli Internazionali. Mi ha fatto male. Lì, sugli spalti, come tante altre volte dopo un infortunio, mi è venuto da piangere. Però ho sentito scattare dentro una motivazione in più».
Le persone più importanti?
«Il babbo e la mamma. E Francesca: studia economia a Siena. Raramente può seguirmi però mi ha sempre spronato: sii felice, Luca».
Adesso l’obiettivo qual è?
«Ho molto da dare: voglio esprimere il massimo dei cavalli che ho nel motore».
Crede nel destino?
«Credo che uno si merita le cose per quello che è e quello che fa. Continuerò a essere gentile e onesto come mi hanno insegnato i miei genitori».
Senza tennis, cosa fa?
«Vado a spasso con Francesca. Vedo i nonni. Mi godo gli amici al bar. Social? Zero».
Col calcio che rapporto ha?
«Troppo business. Non mi piace, non fa per me».
E se il principe tornasse ranocchio?
«Mai stato principe, né ranocchio. Puoi chiamarmi Lucone. Sono un esempio di resilienza: non conoscevo il termine, mi è piaciuto».