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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

SEMBRAVANO POTENTISSIMI SUI LORO DESTRIERI MA ERANO ARMATI CON SCIMITARRE DI LATTA

Sono i sopravvissuti a un’era geologica che era precipitata ovunque in frantumi un quarto di secolo fa, salvo che in Italia. È la sinistra del Pd. Fantasmi politici. Quasi tutti i capi (anche quelli che sono succeduti ai leader storici del Pci) si sono dissolti nel nulla. Non parliamo di Achille Occhetto che è ormai noto solo per il bacio dato alla terza moglie Aureliana Alberici davanti a una pianta, in un parco, a Capalbio, ripreso da Elisabetta Catalano e pubblicato con sommo scandalo (chissà perché, poi), sul finire dell’1989, su ilvenerdì di la Repubblica. Persino il potentissimo (un tempo) Massimo D’Alema, quello dal baffetto fulminante, il tagliaferro, un leader appuntito e strafottente, che, pur avendo quasi tutti i media italiani ai suoi piedi, gratificava i giornalisti (che non facevano una piega, anzi davano la sensazione di provarne un sommesso piacere) dell’epiteto di essere delle «iene dattilografe» e che adesso invece viene allontanato dai manifestanti di un corteo sindacale della Cgil che gli fanno dei segnacci da stadio.
Anche Walter Veltroni si è aggrappato all’immagine quaresimalista di Enrico Berlinguer (che, battendosi, con anni d’anticipo, per l’austerità come uno Schaeuble qualunque, è diventato molto meno attuale di Palmiro Togliatti). Ma adesso, anziché andare in Africa come aveva solennemente promesso, Veltroni si è ridotto a promotore di figurette come Marianna Madia eFederica Mogherini, stesso imprinting, medesimo stampino, la scuderia Veltroni, appunto. Due ministre, queste,che rappresentano un pedaggio, non siamo nati ieri nemmeno noi, ma che purtroppo inflaccidiscono e contribuiscono e rendere non credibile, in settori strategici, il gabinetto di Matteo Renzi.
Della vecchia guardia di mezzo del Pci è rimasto solo Pier Luigi Bersani, sempre più stranito e depotenziato. Un uomo onesto, alla Peppone, tutto bocciofile e coop, che, pur essendo laureato in filosofia, parla un italiano che è disinvoltamente tradotto dal suo dialetto piacentino. Bersani si è posto alla guida di un manipolo di ragazzini attempati (gente cioè che non è mai sbocciata) come Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Giuseppe Civati, Francesco Boccia, Roberto Speranza, dilettanti allo sbaraglio, carte veline politiche, incapaci di sostenere o di rintuzzare qualsiasi scontro.
Renzi ha molto più fiuto mediatico di Berlusconi. Quest’ultimo sa come schierare le signorine pompon nei suoi vari Drive in e succedanei, ma non ha mai capito la sostanza di una comunicazione politica che non sia solo la sua personale, tant’è che, pur disponendo di un’armata mediatica invincibile, non ha saputo, in vent’anni, proporre al paese una visione o una narrazione politica diversa da quella fatta dai suoi antagonisti esterni. Forte del suo fiuto, Renzi ha capito che se non realizza un’opposizione di suoi amici all’interno del Pd (autorizzandoli, o spingendoli?, a farsi delle correnti addomesticate)i suoi antagonisti senza appeal e carisma, i Cuperlo, per intenderci, resteranno sempre i beniamini dei talk show.
Le trasmissioni politiche televisive sono infatti dei siparietti che, per stare in piedi, hanno bisogno di antagonisti (come in tutte le sceneggiate) per cui, a un renziano oppongono sempre un bersaniano (per fragile e inconsistente che esso sia). Con questa tecnica, i conduttori delle trasmissioni politiche prendono due piccioni con una fava: assicurano alla loro trasmissione (che quasi sempre è sbilanciata a sinistra; così va il mercato) un certificato di pluralismo e, nel contempo, mettono sul ring, per fare spettacolo («venghino signori, venghino»)degli antagonisti, non degli affini.
Acconsentendo che dentro il corpaccione della maggioranza Pd sorgano delle correnti amiche, Renzi aumenta considerevolmente la sua massa mediatica di manovra. Di fronte a queste manovre politico-mediatiche, i bersaniani restano basiti. Erano partiti in guerra contro Renzi, l’usurpatore, bardati di tutta la sfolgorante storia del «partito che viene da lontano» (e infatti i birichini dicono che non hanno più fiato) montando destrieri scalpitanti. Ma poi si è scoperto che erano armati di scimitarre di latta che, se si agitano troppo in fretta, si piegano con un effetto psicologicamente deprimente. Inoltre l’esercito di Bersani era abituato a fare delle guerre come nel Settecento, dove fanti e cavalleria si schieravano ma non si scontravano. Combattevano e vincevano, non sparando e sciabolando, ma disponendosi sul territorio come se facessero una partita a scacchi. Chi si schierava meglio aveva vinto. Poi però arrivò l’artiglieria e le battaglie, da mimate, divennero campali. Dove non vinceva chi era più elegante (nevvero Cuperlo?) ma chi sparava per primo i colpi. E Renzi è uno che li spara prima, fa dei massacri e sconvolge le pettinature, così ben phonate, dei suoi antagonisti nel Pd. Non avete notato che Cuperlo, Fassina, Civati, Boccia e Speranza non hanno un filo di capello fuori posto? Sembrano dei cloni di Gianni Letta. Uno che, da sempre, inizia la sua giornata dal barbiere. Che abbiano sbagliato secolo? O partito?