Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

UN ROBOT CURERÀ L’INCONTINENZA

L’incontinenza è un tabù che non si riesce ancora a debellare. Chi ne è colpito non parla neppure con il medico di famiglia, con gli amici. Si stima che nei 27 Paesi dell’Europa siano oltre 36 milioni le persone che soffrono di incontinenza; il 60% sono donne. Tanto diffusa quanto nascosta, l’incontinenza urinaria, cioè la perdita involontaria di urina, è un problema che riguarda oltre 3 milioni di italiani (il 7,8% della popolazione generale). Le donne sono maggiormente colpite rispetto al sesso maschile. Il parto rappresenta un evento importante nella genesi di questo disturbo. Altri fattori intervengono nel condizionare il manifestarsi dell’incontinenza urinaria: la menopausa, la predisposizione individuale, l’obesità. Eppure questo disturbo, se curato in modo adeguato, può essere sconfitto efficacemente. Oggi sono infatti disponibili varie soluzioni terapeutiche in grado di risolvere o migliorare le forme più diffuse di incontinenza. Si è affrontato questo tema al 14° Congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Endourologia. (IEA) tenutosi a Milano. Un congresso caratterizzato dalla Live surgery, o chirurgia in diretta, che si è svolta in simultanea da tre diverse sale operatorie, due dall’unità operativa di urologia della Fondazione IRCCS Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, una dall’Istituto Clinico Humanitas. «E’stata una occasione per vedere all’opera grandi nomi dell’endourologia», spiega il dottor Bernardo Rocco, presidente del congresso insieme al dottor Guido Giusti. Tra i grandi nomi presenti al tavolo operatorio, Vipul Patel del Florida Hospital negli Stati Uniti, che è il maggiore esperto al mondo di trattamento robotico del tumore prostatico e Alex Mottrie, presidente della Società europea di chirurgia robotica, che ha eseguito un intervento di nefrectomia parziale, cioè di asportazione solo del lobo di rene intaccato dal tumore. Approvata a pieni voti la chirurgia robotica per il trattamento del tumore della prostata. Lo dicono le linee guida dell’associazione europea di urologia. La chirurgia tradizionale a cielo aperto e la chirurgia robotica si equivalgono per quanto riguarda l’eradicazione della massa tumorale e quindi la possibilità di guarigione. Ciò che fa la differenza è il dopo. L’uso della robotica, infatti, è raccomandato per quanto riguarda un recupero più rapido della continenza e dell’erezione. Vipul Patel è il maggiore esperto internazionale con un curriculum di tutto rispetto: ha eseguito oltre otto mila casi di prostatectomia radicale robotica con sistema da Vinci. In media, otto interventi al giorno, che esegue ciascuno in un’ora e cinque minuti, con una abilità unica al mondo. Al congresso sono stati presentati per la prima volta i dati di una ampia metanalisi che ha come soggetto la metodica Rocco - Stiich, dal nome degli ideatori. Sviluppata dal professor Francesco Rocco, ordinario di urologia all’università di Milano, insieme al dottor Bernardo Rocco, rappresenta uno degli esempi della creatività scientifica italiana, conosciuta e adottata nei Centri internazionali più qualificati. Consiste in un punto che solleva il labbro posteriore dell’uretra e lo allinea a quello anteriore. Eliminando così intoppi cause di incontinenza. La metanalisi raccoglie i risultati di 19 studi clinici che hanno coinvolto in totale 3600 pazienti collocati in Centri italiani e internazionali. «Dimostra il recupero più rapido della continenza urinaria», afferma il dottor Bernardo Rocco. «Abbiamo dati estremamente positivi, con la risoluzione del problema in oltre nove pazienti su dieci a sei mesi dall’intervento. Il prossimo passo è uno studio randomizzato in fase 3. Attendiamo buoni risultati».